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Gianni Santoro per “la Repubblica”
beyonce con coldplay e bruno mars
Duecentomila copie. In 24 ore. Solo negli Stati Uniti. Tanto ha venduto su iTunes il nuovo album di Beyoncé, Lemonade, pubblicato a sorpresa. Un’enormità nel mercato discografico di oggi, nelle mani di una schiera di potenti donne pop. Insieme a lei ci sono Taylor Swift, Katy Perry, Lady Gaga, Rihanna, Nicki Minaj.
Un’armata da record. E se 200.000 download - in attesa delle copie fisiche - non bastano per far capire la portata del fenomeno, ci sono gli altri numeri di Beyoncé. 120 milioni di album venduti da solista, altri 60 con le sue Destiny’s Child. 20 Grammy. 68 milioni di follower su Instagram, 64 milioni su Facebook, 14 milioni su Twitter.
il balletto hot di madonna e katy perry
È un esercito. E alla guida c’è lei, l’amazzone, che nell’elegante e ambizioso film che accompagna l’album diventa una giustiziera con mazza da baseball: rivendica l’orgoglio del black power, la vendetta delle donne tradite, la corona dell’intrattenimento che si fa politica, la musica che diventa business, gli affari gestiti con arte.
Beyoncé non è una popstar: è un brand. Il più forte e completo oggi nel mondo dell’entertainment, dove la musica è solo la colonna sonora della marcia trionfale delle padrone del pop. «Per me il potere significa fare in modo che le cose succedano senza dover chiedere il permesso a nessuno», ha detto in una rara intervista per il lancio della nuova linea di abbigliamento, una delle innumerevoli attività dell’impero Beyoncé.
Il potere non chiede il permesso. Eccolo qui confezionato su misura il nuovo slogan per il Girl Power delle nuove generazioni. Se il rock rimane appannaggio del mondo maschile e delle band, da anni il pop parla al femminile. Oggi più che mai. Alla guida della marcia delle padrone del pop c’è Beyoncé, ma alle sue spalle scalpitano star-manager di se stesse altrettanto determinate.
«È un’icona. Un boss. È un modello che dice alle ragazze di oggi: così vanno fatte le cose». Con questa motivazione il Time magazine dedica a Nicki Minaj la copertina del numero sulle 100 persone più influenti al mondo. Tra Leonardo DiCaprio e Mark Zuckerberg l’unica cantante scelta per rappresentare il potere in musica è lei, rapper scollacciata e provocatrice.
Ma non è stata lei a guadagnare più di tutte nel 2015, bensì Katy Perry. 135 milioni di dollari secondo le stime di Forbes. Apparentemente una popstar innocua, in pratica una che ha idee molto chiare quando si parla di affari: «Sono orgogliosa di avere una posizione da boss, di essere alla guida della mia compagnia. Sono un’intrattenitrice, non mi tiro indietro, anzi prendo la situazione per le palle».
Alla fine del 2016 è probabile che a spuntarla sarà invece Adele, che gioca un campionato tutto suo: se le sue colleghe si affannano tra tour, album, video, sponsor e accordi con multinazionali, la cantante inglese aspetta con calma in esilio che con la sua assenza le quotazioni salgano, per poi tornare e prendersi la corona. 25, l’album con cui è tornata sul mercato dopo quattro anni, ha venduto 20 milioni di copie nel mondo, dati da ventesimo secolo, prima della crisi del disco.
E Taylor Swift? «Un incubo». Rihanna? «Nutrivo tante speranze, ma l’ultimo album è terribile. Ormai la seguo solo su Instagram, solo lì è interessante». Nonostante le bocciature della sociologa statunitense Camille Paglia, sono proprio Taylor Swift e Rihanna le altre grandi icone del nuovo girl power.
«She’s the boss», titolava il Sunday Times, facendo eco al Time: “Il potere di Taylor Swift”. Si parla anche di potere contrattuale: la 26enne venuta dal country è in prima linea nella guerra contro Spotify e può permettersi di tenere il suo catalogo fuori dal colosso dello streaming senza risentirne in termini di popolarità né guadagni. Nella lista delle donne più potenti al mondo è al numero 64, poco sotto Angelina Jolie.
Rivali e concorrenti in tutto, le nuove paladine del potere pop sono però pronte a fare scudo insieme contro i primati maschili quando il gioco si fa duro. Lady Gaga e Beyoncé hanno unito le forze per il video di Telephone in cui si trasformavano in vendicatrici degne dei film di Tarantino.
Per sostenere i diritti delle donne Taylor Swift si è avvalsa della collaborazione anche di Lena Dunham, icona della nuova generazione di donne forti con la serie tv Girls, e ha battezzato il suo esercito tutto al femminile “girl squad”. Lontani sono i tempi delle Spice Girls, le ultime a spendere lo slogan del Girl Power ma manovrate a bacchetta dal manager padrone Simon Fuller.
Ed è un lontanissimo ricordo anche Britney Spears, che per dimostrare carattere e smarcarsi dalla fama della bella statuina ha dovuto rasarsi a zero i capelli e minacciare di pestare i paparazzi perdendo momentaneamente la custodia dei figli.
adele e paul epworth con richard gere
Il riferimento nobile per tutte è sempre uno solo: Madonna. La prima a creare un mondo e un archetipo: quello della popstar che si reinventa, controlla minuziosamente ogni aspetto della propria carriera e anche quando sbaglia rivendica il diritto di sbagliare secondo le proprie regole, per dimostrare di essere padrona di se stessa e padrona del pop.
Non c’era neanche lei però nella playlist che lo scorso ottobre Michelle Obama ha stilato per la giornata internazionale delle ragazze delle Nazioni Unite: prima di Respect di Aretha Franklin e dell’inno motivazionale Ain’t no mountain high enough di Diana Ross c’era la più combattiva, sempre Beyoncé. Con il brano diventato bandiera del movimento: Run the world (Girls).
«Chi governa il mondo?», chiede nella canzone. «Le ragazze!» è la risposta.
È lei l’unica a non aver paura di usare un termine che scomoda grandi battaglie: femminismo. «Non capisco quali sarebbero le connotazioni negative del termine», ha detto nell’intervista a Elle,«non credo che la gente sappia davvero cosa vuol dire femminismo. È semplice: vuol dire gli stessi diritti per gli uomini e per le donne».
E con Lemonade mette a tacere anche i critici più maliziosi, che la immaginavano succube del marito impresario e discografico rapper Jay-Z, da più parti indicato come fedifrago. Con liriche infuocate rimette in riga anche lui nella canzone Don’t hurt yourself: «Chi ti credi di essere? Non sei sposato con una stronza qualunque».
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