"CHIESI A DELL'UTRI SE FOSSE PREOCCUPATO PER IL PROCESSO?' MI RISPOSE: 'HO UN CERTO TIMORE E NON……
Alberto Mattioli per www.lastampa.it
LA CONFERENZA STAMPA DI FACETIME DI GODARD
Allora: Netflix no per carità, perché il nuovo regolamento del Festival non ammette i film che non escono in sala. I selfie no, perché Cannes è il regno dell’eleganza e fotografarsi sul tappeto rosso fa turista in torpedone con le calze bianche sotto i sandali, signora mia, anzi madame la marquise (però ieri sera, durante la montée des marches femminista delle ex amiche di Weinstein, una delle 82 pulzelle ha tirato fuori il cellulare e si è messa a immortalare la scena, prontamente disinquadrata - si dirà? - dalle telecamere che trasmettevano in diretta la mesta cerimonia).
E no anche ai social: come si è detto e ridetto, l’abolizione delle proiezioni per la stampa in anticipo su quelle ufficiali serve a impedire che il film sia massacrato in diretta Twitter prima ancora che pubblico e giuria lo vedano.
Se spesso si è avuta l’impressione che Cannes sia il fortino delle giubbe blu assediato dagli indiani della Contemporaneità (indiani ancora cattivissimi come nella Hollywood prima del politically correct) o un Impero romano sul cui precario limes premono i barbari, mai è stata così forte come quest’anno. La novità non è certo sempre progresso, vero. Ma rifiutare le novità tecniche è luddismo, anche inutile perché chiudere le porte alle invenzioni è vano: le scavalcano, sempre.
Poi capita un episodio che rovescia completamente il gioco. E, guarda caso, a opera del più venerato dei grandi maestri, un nome che è già nella storia del cinema, oltretutto ottantasettenne quindi non esattamente un ragazzino che filma tutto il filmabile con il suo telefonino.
Si parla, una volta di più, di Jean-Luc Godard. Ovviamente, non è venuto a Cannes a presentare il suo «Le Livre d’Image» (e qui, favoloso calembour dei titolisti di «Le Monde», «Godard, ivre d’images», ebbro d’immagini, scusate la digressione ma son finezze troppo chic). Ma non si è sottratto al rito stanco della conferenza stampa. Solo, l’ha fatta via Facetime, insomma sull’iPhone.
Ne è nata una scena surreale. Immaginate un po’. Sala delle conferenze gremita. Giornalisti che impugnano il microfono e fanno domande a un telefonino, con tanto di traduzione per i non francofoni. Dall’altra parte, nel rettangolino di luce dell’iPhone inquadrato da infinite telecamere, JLG in primo piano leggermente di sbieco (voluto? Probabile) con in mano qualcosa che sembrava un sigaro, mentre distilla con voce cavernosa risposte sibilline quasi quanto le sue «images».
Momento improbabile e divertente, da Godard giovane e spiazzante dei bei tempi. Eppure induce a riflettere. Nel Festival che respinge l’hi-tech in quanto nemico del cinema «puro», e magari ha pure ragione, un gran maestro del cinema parla via Internet come chiunque di noi nella vita «vera». Curioso davvero.
Quanto poi al grande cinema, per via del veto a Netflix Cannes ha rinunciato alla prima mondiale di «The Other Side of the Wind», il film lasciato incompiuto da Orson Welles (e compiuto da Peter Bogdanovich proprio su commissione di Netflix). Che, come cinema, immaginiamo sarebbe risultato molto superiore a quello che qui ci viene quotidianamente scodellato.
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