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AIUTO, IL FEMMMINISMO HA UNA NUOVA F-ICONA: BEYONCÉ! - ERA DAI TEMPI DI JOHN LENNON E DEL PACIFISMO CHE LA PIÙ FAMOSA POPSTAR DEL PIANETA NON VENIVA CONSIDERATA LA PRINCIPALE PORTAVOCE DI UNA RICHIESTA DI CAMBIAMENTO CULTURALE – FILOSOFIA? “SIATE AMBIZIOSE”…

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lato b di beyoncelato b di beyonce

Parafrasando Bette Davis («Se vuoi un lavoro ben fatto, affidalo a un paio di donnacce»), si potrebbe dire che le ultime 48 ore hanno sancito che, se vuoi far attecchire un cambiamento culturale, ti conviene affidarne la diffusione a qualche popstar accattivante, e non a intellettuali coi giusti titoli di studio.

 

beyonce?? in tourbeyonce?? in tour

Il numero di New Republic uscito ieri ha come titolo di copertina Feminism . Il femminismo ha conquistato la cultura popolare, ci viene spiegato nel catenaccio. E in effetti non è mai stato così di moda, nel pop, parlarne: non è più un tema da accademiche e militanti.

 

beyonce nella retebeyonce nella rete

Ne parla Taylor Swift, cantautrice seguitissima dalle adolescenti, che un paio di settimane fa ha detto al Guardian che lei era una di quelle che dicevano «Non sono femminista», poi è diventata amica di Lena Dunham, ne hanno discusso, e ha capito che si era sempre comportata da femminista, solo che non sapeva che quel che le veniva naturale fare si chiamasse così. Ne parla Lena Dunham, che da quando ha inventato la serie tv Girls pare un imprescindibile punto di riferimento nei discorsi attorno alle donne.

 

lena dunham e miuccia pradalena dunham e miuccia prada

Nel suo “Non sono quel tipo di ragazza” (Sperling & Kupfer, esce il 30 settembre) fantastica — in un capitolo intitolato Non me li sono scopati, ma mi hanno urlato contro — di quando a ottant’anni racconterà le sue avventure nel patriarcato hollywoodiano, dove «le donne venivano trattate come quegli affarini di carta che proteggono i bicchieri nei bagni degli alberghi: indispensabili ma disponibili in quantità inesauribili».

 

GIRLS LA SERIE DI HBO CREATA DA LENA DUNHAM GIRLS LA SERIE DI HBO CREATA DA LENA DUNHAM

Due anni fa, il memoir più atteso della stagione era quello di Tina Fey (l’autrice e attrice tv più rappresentativa del riscatto femminile nell’era pre-Dunham). La versione di Fey era: «Nel mondo dello spettacolo la definizione di “follia” è una donna che pretenda di dire la sua anche quando ha passato l’età in cui qualcuno vuole scoparsela».

taylor swift taylor swift

 

Due anni dopo, dicono tutte la loro, ma una la dice meglio delle altre: il femminismo è scenografia e sceneggiatura di Beyoncé. Nei suoi concerti (e in mondovisione su Mtv), una parte dello spettacolo si svolge davanti a una gigantesca scritta “Feminist” (ecco da chi ha preso l’idea New Republic ), mentre si sentono le parole della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie: «Diciamo alle ragazze: sii ambiziosa, ma non troppo, desidera il successo, ma non troppo. Altrimenti l’uomo si sentirà minacciato. Ma se insegniamo alle femmine ad ambire al matrimonio, perché non insegniamo lo stesso ai maschi? ».

JAY Z E BEYONCEJAY Z E BEYONCE

 

Era dai tempi di John Lennon e del pacifismo, che la più famosa popstar del pianeta non veniva considerata la principale portavoce di una richiesta di cambiamento culturale. Domenica, sul numero del magazine del New York Times che aveva in copertina proprio Dunham, c’era un articolo sulla fine del patriarcato nella cultura pop americana. L’autore, A.O. Scott, scriveva, col tono che si usa per le nozioni che si danno per scontate: «Chi è in questo momento la più nota femminista al mondo? Se rispondete un nome che non sia Beyoncé, vi state sforzando troppo con quel bastiancontrarismo ».

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Se volete una rivoluzione che finisca in copertina, affidatela a qualcuno che finirebbe in copertina comunque. Lo sa bene Chimamanda Ngozi Adichie (di cui Einaudi pubblicherà il 23 settembre il meraviglioso romanzo di formazione femminile Americanah ): quel suo discorso è di un anno e mezzo fa, ma solo da quando l’ha campionato Beyoncé è ovunque.

 

Pazienza se le editorialiste di New Republic non sono convintissime, perché «non basta dire alle donne di essere ambiziose», e perché è traumatico che «la parola “femminismo” sia ridotta a feticcio d’una cultura misogina qual è la musica pop». Non importa. Importa solo che ci sia il lieto fine, quello preconizzato da Dunham nel capitolo 1-7 cose che ho imparato da mio padre : «Occhio, uomini: le donne vi priveranno di tutti i vostri giocattoli».

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