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virginia raffaele e roberto bolle
Ottavio Cappellani per “Libero quotidiano”
L' edizione di quest' anno del festival passerà alla storia come quella di «Sanrema la pazza». Non solo in «quel» senso, ma soprattutto nel senso di Virginia Raffaele, che ha dimostrato che si può essere una donna con stacco di coscia chilometrica, lato b che non ha niente da invidiare a quello di Gabriel Garko, e una testa satirica e narrativa lucidissima e iperbolica.
virginia raffaele e gabriel garko
È lei la salvatrice della kermesse, insieme al magnifico momento in cui Leonardo Pieraccioni e Giorgio Panariello hanno asfaltato Matteo Renzi: «Viene a fare uno spettacolo con noi. Tanto è come Conti: non sa una parola di inglese e vuole fare tutto lui». Conti: «Ma glielo avete chiesto?». «Ma perché, lui lo ha chiesto agli italiani per fare il premier?».
VIRGINIA RAFFAELE NEI PANNI DI BELEN
Gli intellettuali, invece, la studieranno come l'edizione della «Jeunne Fille» (teoria del collettivo francese Tiqqun, secondo cui il mercato tenderebbe alla «giovane ragazza», che è essa stessa mercato). Il che è uno dei motivi per cui quest' edizione è stata spacca-audience e al contempo duepallosissima: l'intero festival non è stato che un siparietto tra un'apparizione della Raffaele e l'altro. Con il regalo di averla vista - emozionata per la prima volta - anche nei panni di se stessa prima della ga(y)g tra Conti e Garko: «Non si alza», «Tiralo su» (il sipario) e il telefonato «Vienimi a prendere sulle scale».
E per chi avesse temuto che Raffaele non fosse in grado di fare battute fulminanti senza travestimento, eccola consegnare i fiori «al maschile» a «Bolle che bello che balla» con queste parole: «Perché al maschile poi?». In realtà non si capisce se sia Sanremo ad essersi gayizzato, o se sono i gay ad essersi sanremizzati, e quindi tinellizzati. Ma uno dei trucchi era semplice e siamo lieti di svelarvelo: i superospiti stranieri, per lo più, sono stati scovati nelle classifiche dei siti gay oriented dedicati alla musica, controllate con i vostri computer: www.gay.it/jukebox.
Il risultato è stato quello di fare passare per rivoluzionario e controcorrente persino un Enrico Brignano che - fuori forma e senza riuscirci - birignava da mattatore con la voce impostata. Ma che paraculando - e passando per eroino dell'orgoglio etero - ha sfottuto Carlo Conti sul politicamente corretto fino alla bandierina: «Copulare si può dire? Conoscersi in senso biblico si può dire?».
E arrivando a metterci pure il carico: «Il momento bello della nascita di un bambino è l'avvio della pratica»: non d'adozione, ma «quando si tromba» (anche se, bisogna ammetterlo, la sua imitazione della donna reticente che si trasforma in panterona era molto «drag»).
Gli stereotipi della cultura gay sono stati toccati tutti, dall' orgia del bravissimo Nino Frassica («Cosa fai dopo che hai fatto l' amore?», «Saluto tutti e me ne vado») al ciuffino ribelle di Gabriel Garko da sistemare con la manina svolazzante (devono avergli detto che fa picco d' ascolto, altrimenti non si capisce perché non sistemarglielo con la lacca, col bostik, con uno sputo, con una mollettina arcobaleno).
Ovviamente, per il gran finale, non poteva mancare Roberto Bolle, che, per sovrappiù, ha volteggiato sulle note di We will rock you dei Queen, con la voce - guarda caso - di Freddy Mercury, un attimo prima che sullo schermo apparisse Miguel Bosé. E allora ditelo! Vabbè, lo stiamo dicendo noi.
Sì, la vera vincitrice è stata Virginia Raffaele, che sulla frociaggine (nell' edizione in cui si è visto persino l' unico rapper al mondo, J Alvin, che al posto di avere le girls aveva i boys) ha calcato ancora di più le sue strepitose caricature, mettendo in risalto il vero fenomeno di quest' epoca, di fronte al quale la metrosessualità maschile è una sciocchezza. E cioè la frociaggine delle donne (dai, dite che non è vero).
E così stata una cornucopia di botulino, extension, sovrastrutture gommose, in puro stile Lgtb: Belen come un travestito che amplifica lo sculettamento; la Versace come Iggy Pop; la Fracci bambinetta maliziosa; la Ferillona così come la fanno nel cabaret en travesti: «Nun pare che me so' ingoiata 'n lampadario?».
I social, poi, erano tutti un fiorire di «la»: non solo «la Scanu» (graffiante al dopofestival indicando Noemi e Irene Fornaciari, «quella roscia seduta accanto all' altra roscia»), «la Garko», «la Zero», ma anche «la Pravo» e «la D' avena», che della cultura «la» sono icone.
Se Sanremo era la patria del gallismo a là Claudio Villa, oggi Francesco Gabbani, vincitore delle nuove proposte, alla proclamazione, con gli occhi lucidi, bacia la mano al conduttore. E se persino al grande Costantino della Gherardesca questo festival sembra un dramma, io invoco una rivoluzione femminista per gli omosessuali, mai così sfacciatamente sfruttati come polli in batteria davanti al grande schermo: se non ora quando?
La Madalina Ghenea è passata totalmente inosservata: le curve della Raffaele non hanno nulla da invidiarle, e c' era anche tutto il resto, ed esibito a dovere. Ma soprattutto perché troppo sfigatamente femmina e residuo di un passato dimenticato; entrava mezza nuda e manco se la calcolavano.
E però, in tutto questo bailamme, anche Carlo Conti - perfetta spalla della Raffaele, e straordinario comico - deve avere pensato che era un po' troppo. E non ci riferiamo alla pacca sul sedere alla Ghenea, ma al momento in cui Gabriel Garko gli è apparso alle spalle e Conti ha esclamato: «Mi hai fatto paura».
eros ramazzotti e i nastrini arcobaleno
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