NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
Stasera all'Auditorium del Maxxi, ore 20.45, Niccolò Ammaniti sarà intervistato da Marino Sinibaldi per la seconda edizione di Contemporaneamente
Angelo Guglielmi per "Tuttolibri - La Stampa" recensisce "Il momento è delicato"
La lettura dei racconti di Niccolò Ammaniti rende più chiara la mia riflessione sullo scrittore. Niccolò (l'amicizia mi permette di chiamarlo per nome) ha rappresentato (come più volte ho detto) nei tardi Anni 90 il ritorno della narrativa nella letteratura italiana. Prima (la narrativa italiana) aveva come abdicato per accertata impossibilità di raccontare e deviato verso esiti (interessanti) di ricerca formale. Raccontare è (al contrario) dare vita a storie che riflettono aspetti e condizione del mondo di oggi.
Come (Niccolò) è riuscito nell'impresa? Approfittando dei suoi venti anni e della sua spavalda inesperienza, che gli consentiva (anzi lo obbligava) a avere una diversa idea della letteratura per parole convincendolo che era una delle tante specie di comunicazione contemporanea alla quale si aggiungeva il cinema e altre forme considerate (almeno fino allora) minori quali il fumetto, la canzone, il design, la conversazione, il giornalismo (e tanto d'altro).
Così Niccolò intuì che un incontro tra tutte queste varie modalità di comunicazione, sfruttando ciascuna per le sue indicazioni espressive, gli avrebbe fornito un linguaggio capace di raccontare il presente (così oggi si dice) senza precipitarlo nell'inautentico. Cosa aveva di straordinario questo nuovo linguaggio?
Il suo pregio era di riportare a unità le due funzioni del linguaggio, la comunicativa e l'espressiva, che avevano divorziato mettendo a rischio (e svalorizzando) la comprensibilità del dettato-racconto. E l'operazione era riuscita perché la collaborazione-intreccio delle varie modalità di linguaggio (alte e basse) aveva reinventato l'ironia, recuperandola da sentimento di abbellimento del discorso a sua struttura portante.
Con un linguaggio così allegro e strafottente Niccolò aveva scritto i suoi capolavori (al sommo Fango ) con i quali aveva potuto raffigurare la quotidianità in cui viveva guardandola a distanza di sicurezza ma anche senza sdegno (o spirito di ritorsione e di accusa) e se mai con pietà .
E questo stesso linguaggio così gioioso e visionario trovo in alcuni dei racconti appena usciti (qui alla sommità «L'amico di Jeffrey Dahner è l'amico mio») in cui i meccanismi narrativi cioè la trasformazione della verità in paradosso (e conseguente suo divertito riconoscimento) appare più evidente (forse grazie allo spettro più ridotto e ravvicinato) che non nei corposi romanzi.
Nei confronti di alcuni di questi ( Come Dio comanda ) non nego di aver avvertito qualche ombra scendere sul mio consenso perché nelle storie di nefandezze e trasgressioni inaudite che il romanzo racconta vi sentivo presente e prevalente (per la prima volta) un tono di condanna e di denuncia (dell'indegnità del mondo) che attenuava (e in qualche modo imprigionava) la violenta e lucida allegria della scrittura. All'Ammaniti pur straordinario costruttore di trame ammonitrici preferiamo il Niccolò animato da una vis comica sgretolante e vincente.
Niccolò AmmanitiIL MOMENTO E DELICATO NICCOLO AMMANITIANGELO GUGLIELMI Niccolo Fabi e Niccolo Ammanniti
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