DAGOREPORT - INTASCATO IL TRIONFO SALA, SUL TAVOLO DI MELONI RIMANEVA L’ALTRA PATATA BOLLENTE: IL…
Cinzia Romani per "il Giornale"
Con la ribellione ci sapeva fare. Quando l' attore Roger Moore, provò a consegnare la statuetta dell' Oscar all' attrice indiana Sacheen Littlefeather, che Marlon Brando aveva inviato sul palco al posto suo, la nativa americana si ritrasse sotto il fuoco dei flash.
«Mister Brando non può accettare questo riconoscimento, molto generoso, per come Hollywood tratta gli indiani d' America», scandì la squaw nel mormorìo assordante. Era il 1973 e l' indomabile che aveva elettrizzato pubblico e critica incarnando Vito Corleone ne Il Padrino ribadiva la propria potenza dentro e fuori l' inquadratura.
La passione civile scorreva nel sangue di Marlon, morto a 80 anni nel 2004, divo controcorrente dalla parte dei perdenti alla Terry Malloy, il suo boxeur di Fronte del porto che di sé diceva: «Non posso essere un campione». E invece Brando è stato un lottatore per tutta la sua dannata vita piena di tormenti.
Marlon Brando - Joanne Woodward - Anna Magnani - Sidney Lumet - Boris Kaufman
Come ricorda Listen to Me Marlon di Stevan Riley, film appena uscito di montaggio dove la star si racconta attraverso le numerose interviste da lui registrate. A intrigare le giovani generazioni, che conoscono Brando per interposta t-shirt - ma lui ha reso iconica la maglietta sui jeans a zompafosso -, ecco il suo capoccione in ologramma, che fluttua sullo schermo: un ghiribizzo pop della Brando Enterprises, ansiosa di rinverdire il mito alla maniera 2.0.
un tram che si chiama desiderio 1951
Non c' è bisogno di simili espedienti quando vita e carriera del più grande attore americano contemporaneo, uno dei maschi più rappresentativi che ha ispirato Paul Newman e Bob De Niro, sembrano un film.
Nato il 3 aprile 1924 a Omaha, il piccolo Marlon conobbe le cinghiate di Marlon Brando Senior, padre alcolizzato da dimenticare e le disattenzioni della madre Dorothy Pennebaker, attrice fallita e pure lei sbevazzona, più interessata al bicchiere che alla famiglia.
«Credo che la storia della mia vita sia la ricerca d' amore. Cercavo soprattutto di riparare i danni che mi avevano fatto», spiega Marlon. Nel 1935 i genitori si separano e lui, con le sorelle Florence e Jocelyn, segue la madre in California: due anni dopo, papà e mamma tornano insieme e ai ragazzi Brando tocca un trasloco nella periferia di Chicago, a Libertyville.
Dove Marlon è uno studente svogliato, che Brando Senior spedirà all' Accademia Militare di Shattuck, nel Minnesota. Altro che forgiare il carattere: l' allievo è insubordinato, quindi cacciato. Niente di meglio che seguire le sorelle a New York, nel 1943, a tentare la carriera d' attore. Sono gli anni dell' Actors Studio e lui, col metodo Stanislavskji, si sente una tigre a scuola di giungla. Il suo debutto? Nel 1944 a Broadway, nel ruolo di Gesù in Hannele di Gerhart Hauptmann.
Nel 1946, l' incontro fortunato con Elia Kazan, che gli assegna la parte di Stanley Kowalski in Un tram chiamato desiderio : il look di Brando, t-shirt e jeans a pelle, viene dagli operai di strada. I muscoli torniti e la recitazione intensa lo segnalano, sia nella versione teatrale che in quella cinematografica.
marco antonio in giulio cesare 1953
Sul tram c' era salito, anche se «l' unica ragione per cui sto a Hollywood è che non so rinunciare ai soldi», dice. Nel 1952, ancora Kazan lo dirige in Viva Zapata! , ode ai rivoluzionari dal soggetto di John Steinbeck e poi lo splendido Marc' Antonio di Giulio Cesare : nominato all' Oscar, senza vincerlo.
Eppure scrittori come Tennesse Williams e Arthur Miller avevano bisogno di attori come Marlon, capaci di metterti un personaggio nel cuore. L' Academy smette di snobbarlo con Terry Malloy: agli Oscar, Bob Hope gli preconizza un gran futuro.
Ma ha inizio il valzer delle parti sbagliate: da Napoleone in Desirée («Troppo grande per i suoi bluejeans?», lo sfottono) al gangster canterino di Bulli e pupe . Se la critica Pauline Kael lo fa a pezzi: «Il monotono Brando è fatto per sembrare il mascalzone n.1», Truman Capote lo intervista sul set di Sayonara (1957), lanciandolo come primadonna.
Nei Sessanta seguono disastri come Gli ammutinati del Bounty (1962), flop al box office, ma colpo di fulmine per Tahiti e per la coprotagonista Tarita Teriipia. Nel 1966 Brando compra l' isola di Tetiaroa: farà la spola tra il Pacifico e la sua proprietà di Mullholland Drive, una villa di 12 stanze a Beverly Hills. Con le prime mogli, Anna Kashfi e Movita Castaneda, era finita male.
bulli e pupe 1955marlon brando 8marlon brando 5marlon brando 4marlon brando 3marlon brando 2marlon brando 18marlon brando 16marlon brando 17marlon brando 15marlon brando 14marlon brando 12MARLON BRANDO
Con Tarita, forma una famiglia sventurata: nel 1990 il figlio Christian uccide Dag Drollet, che corteggiava sua sorella Cheyenne, poi suicida. «Ho cercato d' essere un buon padre», confessa in tribunale, mentre i tabloid lo sbattono in prima pagina. Più la vita agra avanza, più lui, ingrassato a dismisura, si ritira a vita privata. Non senza affrontare i ruoli struggenti di Ultimo tango a Parigi e di Apocalypse Now (1979): l' orrore del rinnegato Kurtz era il suo.
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