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Midnight in Paris di Woody Allen - 2 dicembre
Marco Giusti per Dagospia
Ma non era già uscito? No, ma dopo la sua apparizione a Cannes lo scorso giugno, dove apriva addirittura il festival assieme alla Palma d'Oro alla carriera a Bernardo Bertolucci e, soprattutto dopo che Woody Allen è venuto a Roma a fare la stessa operazione di cinema turistico e, soprattutto, a mangiare in tutti i ristoranti del centro (dopo un po' non se ne poteva più...), sembrava un film lontanissimo.
Invece, "Midnight in Paris", uscito in tutto il mondo a giugno, già digerito dal mercato internazionale, esce da noi il 2 dicembre, in pista cioè come commedia intelligente fino a Natale. Allora divise un po' il pubblico dei critici, i più lo ritenevano un raffinato divertimento del celebre regista che gioca coi viaggi nel tempo e con i personaggi illustri della Parigi anni '20, altri uno sguaiato marchettone della pro-loco parigina con tanto di Carla Bruni terrificante nella comparsata della guida turistica piazzata sotto al pensatore di Rodin. Più o meno come trovarsi Isabella Rauti che ti spiega il Colosseo...
Però l'elenco dei fan è molto cresciuto, a cominciare da Quentin Tarantino che ha spiazzato tutti (niente è più lontano dal suo cinema di questo film, o no?), e in tanti lo vedono non solo come immensamente superiore a "Vicky Cristina Barcelona", il suo primo film turistico, ma anche come bentornato ritorno alla sua grande commedia di un tempo. Mah... Purtroppo l'effetto "A spasso nel tempo" con Owen Wilson e Marion Cotillard al posto di Christian De Sica e Massimo Boldi, un po' c'è. Anche se qualche trovata non è male, ad esempio il Matisse che Owen Wilson, piombato dalla Parigi di oggi a quella degli anni '20, trova a 600 franchi. Un affare.
Ci sono anche buone battute (beh, è Woody Allen mica Ficarra e Picone...), del tipo "Come diceva Hemigway, Parigi è una festa. Sì, ma con questo traffico!". In questi suoi film turistici, Woody Allen, esattamente come accadeva ad altri celebri registi americani, come Stanley Donen o Vincente Minelli, sembra più interessato agli americani che circolano a Parigi e alle loro reazioni piuttosto che a capire la città stessa. Parigi, esattamente come Barcellona nel film precedente, sono solo lo sfondo, un po' cartolinesco, della commedia totalmente americana che vuole mettere in scena.
Donen e Minelli, in più, ci mettevano i grandi numeri musicali con Gene Kelly o Fred Astaire e la presenza di Leslie Caron o Audrey Hepburn. Allen si limita a giocare con la passione degli americani per i conterranei celebri che frequentarono Parigi. Ma il suo scrittore e sceneggiatore di commedie di successo, un notevole Owen Wilson che si trascina dietro i suoi tanti personaggi nei raffinati film di Wes Anderson, non ha nulla di particolare e di veramente nuovo con la sua passione per i classici. Né la sua fidanzata americana, Rachel McAdams.
Ammettiamo però che la parata di celebrità del passato che prendono vita nel suo viaggio nel tempo, dall'Ernest Hemingway di Corey Stoll alla Gertrude Stein di Kathy Bates, dal Salvador Dalì di Adrien Brody alle figurine dei Fitzgerald, Man Ray, Luis Bunuel, sono abbastanza riuscite, anche se alla fine diventano un po' stucchevoli visto che Woody Allen non gli mette di fronte un comico, come poteva essere lui ai tempi di "Bananas", ma un attore brillante.
Però, fra "soliti idioti", "peggior settimana della vostra vita" e una vagonata di articoli di Aldo Grasso su Fiorello, certo, il viaggio nel tempo di Woody Allen alla fine è qualcosa di più accattivante per un pubblico che, mediamente, qualche classico lo ha letto e sa chi è Matisse. Non gli si perdona, però, l'apparizione di Carla Bruni come fosse una Isabelle Adriani o una Cristina Del Basso qualunque.
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