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Lorenzo Soria per la Stampa
Sono passati molti anni da quando Jim Carrey ha lavorato in tv, dai tempi di In Living Color, nel lontano 1990. Da tempo l' attore - tra i più amati e pagati di Hollywood grazie a film come Ace Ventura e The Mask e altri più intensi come The Truman Show e Se mi lasci ti cancello - non si vedeva quasi più. Ogni tanto appariva a qualche evento con un enorme barbone. O esibiva i suoi quadri, chiarendo che la pittura era la sua nuova forma di espressione creativa. Insomma, agli occhi di molti Carrey era diventato un altro comico travolto dai suoi demoni e dal lato oscuro.
Adesso qualcuno dice che Kidding , la serie tv in onda negli Usa su Showtime da un paio di settimane, è il veicolo del suo comeback , del ritorno ai vertici. Ma Carrey detesta questa espressione: «Lo so, suona strano, ma sento che non sono più nel business e non mi importa più del successo», precisa. E poi Kidding non è del genere Scemo & più scemo o The Mask , è la storia di un presentatore televisivo molto amato la cui vita è in caduta libera. È una serie fantasiosa e originale con un tono malinconico e a volte anche disperato. È la storia di un uomo che si rende conto di vivere in un mondo in cui gentilezza e tolleranza non pagano e che ha molto di Jim Carrey, una persona incredibilmente spiritosa e con la battuta sempre pronta che un secondo dopo sembra travolto dal dolore e che si esprime con un vocabolario ingarbugliato e impalpabile.
Partiamo da questa sua ritrosia a usare la parola «comeback». Perché dice che non è più nel business dello spettacolo?
«Ho in effetti attraversato un periodo in cui non volevo più essere in questo business.
Non vuoi centrare la tua vita intorno alla fama, al successo, a chi è popolare e a chi è in cima alla stratosfera. Ero arrabbiato con me stesso perché mi dicevo: questo è Truman Show , sei sulla porta e non hai il coraggio di attraversarla e di vedere cosa c' è dall' altra parte. E poi, un giorno ho capito che quella soglia l' avevo già attraversata, che ero fuori dal giro da cinque anni, che me ne ero già andato. L' unica cosa che mi tiene qui è questo avatar fisico che fa questo mestiere per vivere. Ma io sono altrove. Che questo non è chi sono. Chi siamo è una cosa molto più grande. Tutto ciò mi ha permesso di tornare a giocare. Ora sto solo giocando».
Lo fa con una commedia che sembra riflettere la sua personale lotta interiore.
«Queste sceneggiature mi trovano al momento giusto.
Quando un personaggio è molto chiaro per me, allora trovo una storia che mi consente di esprimerlo. Negli ultimi anni ho avuto a che fare con alcune turbolenze molto forti: se non ti lasci configgere, ne esci più forte. Ora posso parlare con chiunque e capire il dolore che sente. Dire la verità è sempre una scelta molto potente».
Parliamo del suo lavoro di artista, di scultore, di pittore e ora anche di vignettista politico
«Per me è tutta la stessa cosa.
Quando interpreti un film che cosa fai? Scolpisci un personaggio. Se entri a casa mia e vedi tutti i miei quadri appesi ai muri è la stessa cosa, è come se il mio cervello fosse esploso su quei muri.
Quanto ai fumetti politici, siamo in guerra: una guerra contro l' intelligenza di questo Paese. Dunque ho sentito il bisogno di trasformare alchemicamente questa confusione, di trovare un modo per esprimere le mie opinioni. Niente di più. So che a volte ha effetto e altre no, ma non posso accettare di tacere in un momento come questo.
Dobbiamo urlare e far sapere che non ce ne staremo buoni, che siamo stanchi di dare ascolto a bugiardi, a disgustosi bugiardi. Ne ho abbastanza, sono pronto ad andare in guerra».
Carrey, ne ha passate tante (nel 2015 la sua ex fidanzata si tolse la vita e lui venne accusato di averla indotta al suicidio, accusa poi ritirata, ndr). Come si sente ora?
«Sono allo stesso tempo felice e triste e solo e anche soddisfatto della mia vita ed entusiasta di dove sta andando.
Penso sia normale avere esaurimenti e crisi, questo è il problema che stiamo avendo nella nostra società: tutto viene accompagnato da vergogna e umiliazione. È una parte importante del messaggio di questo show: ci sono circostanze nella vita in cui il tuo corpo e la tua psiche non ce la fanno più a reggere la persona che cerchi di rappresentare per il mondo. Questa è la depressione. Hai solo bisogno di riposarti da tutto quello che hai creato, dal modo in cui lavori e dalle cose che pensi di dover dire. Tutti ne abbiamo bisogno».
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