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Luca Mastrantonio per il “Corriere della Sera”
«Essere eroi significa essere liberi, anche dalla propria immagine», racconta Masayoshi Sukita, che ha fotografato David Bowie per 40 anni, firmando la foto della copertina di «Heroes» .
Di passaggio a La Spezia per la mostra David Bowie & Masayoshi Sukita: Heroes (della Fondazione Carispezia), il fotografo giapponese (classe 1938) ricorda l' amico, scomparso il 10 gennaio 2016, che verrà celebrato a Milano il 9 luglio dalla Milanesiana, all' università Iulm, e a Bologna, dal 14 luglio, al Mambo, con David Bowie Is, la mostra del Victoria and Albert Museum di Londra. E proprio nella capitale inglese avvenne il primo incontro con Bowie. «Era il 1972. Ero lì per fotografare i T-Rex, non conoscevo David.
L' ho incontrato a un concerto con Lou Reed. Volevo fotografarlo, gli ho fatto vedere il mio portfolio, ha detto ok. Poi abbiamo fatto una sessione di un' ora».
All' inizio era preciso, ben pettinato, poi ha iniziato a di struggere il suo look: giacca, capelli, sempre più in disordine. «La sua bellezza non era semplicemente estetica - continua Sukita -, e infatti non voleva foto in cui apparisse solo bello, faceva strane espressioni.
E io scattavo velocemente per cogliere gli attimi. Bowie non voleva essere dandy in quelle immagini, ma esprimere stati d' animo, come la follia, che si vede nella foto della copertina di " Heroes"» .
Poi rimasero amici per molti anni, in cui Sukita fotografò più volte Bowie. Possiamo essere eroi, almeno per un giorno, recita il verso più celebre dell' omonima canzone. «In una parola, essere eroi significa libertà. Parliamo di un' epoca in cui muro divideva il mondo tra est e ovest. Per un giorno, però - aggiunge Sukita -, c' era la possibilità di attraversarlo liberamente. Questo intendeva David, la libertà in senso ampio, anche da se stessi».
Il ricordo cui è più legato non ha una data, ma un luogo, un vestito e mezzo preciso. «Ero a Kyoto, non ricordo l' anno, e David mi chiamò da Tokyo. Vieni a fotografarmi, mi disse. Mi accolse nel suo albergo in kimono e passammo tutto il giorno a girare in auto, lui mi faceva da guida aveva esplorato la città nei dieci giorni precedenti. Fu sorprendente, lui guidava e io stavo dietro, come in taxi, lui faceva il tassista».
Il viaggio che Sukita avrebbe voluto fare, con Bowie, è un viaggio nel tempo: «Mi sarebbe tanto piaciuto visitare il luogo dove è cresciuto - racconta Sukita -, la scuola che ha frequentato, la Bromley Technical High School. So che è irrealizzabile, ora che non c' è più, ma avrei tanto voluto conoscere David prima che diventasse Bowie».
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