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DAGOREPORT – VINCENZO DE LUCA NON FA AMMUINA: IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA VA AVANTI NELLA SUA…
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
trump a raleigh north carolina
Quanto duro colpisce un capo del Federal Bureau of Investigation il quale, pur non ritenendo di poterla accusare, o di poterselo permettere, di comportamento criminale, dichiara che il candidato democratico alla presidenza, Hilllary Clinton, si è dimostrata incredibilmente sventata nel maneggiare segreti di Stato, e che ha mentito sul contenuto del materiale sottratto?
Quanto serve che un presidente ancora amato dai democratici puri, ma in calo di credibilità sulla lotta al terrorismo e mai così poco popolare in gestione dell'economia, accompagni la suddetta candidata in campagna elettorale prima della convention?
North Carolina, stato swing, che cambia idea, ed è in grande cambiamento: i candidati e gli staff sono tutti qua. Trump fa una puntata in Ohio e assieme a Newt Gingrich (occhio alla scelta del vice) annuncia che nel solo mese di giugno ha raccolto col partito 51 milioni di dollari, 26 tutti per lui, e smentisce così in un colpo solo due polemiche che si trascinavano sui giornali, ovvero che lui e il partito marciassero separati, e che lui non riuscisse a fare fund raising.
La Clinton con Obama in tour assistito appare raggiante, come se la storia del Fbi non la toccasse, la donna è tostissima e ha fatto il callo a scandali e polemiche, oppure le basta come risultato la mancata incriminazione, anche se accompagnata da certificato di bugiarda cronica.
Ebbene si, Obama balbetta, una balbuzie curata alla grande, che viene fuori solo nei momenti di grande tensione e irritazione, come evidentemente sono quelli in cui parla di Donald Trump. Così martedì sera a Charlotte, Nord Carolina, non riusciva proprio a finirla la frase contro l'avversario repubblicano, del quale “nessuno, neanche chi lo vota, neanche quelli della sua parte, capiscono che cosa voglia dire quando parla di economia”.
obama e hillary clinton a charlotte in north carolina
Che un po' è vero, un po' al presidente brucia l'impopolarità dei trattati internazionali di commercio, e l'agonia di quello transatlantico, sua vera legacy, soprattutto economica nel futuro post presidenziale, colpito a morte dall'uscita dell'Inghilterra dall'Unione Europea, unico sponsor rimastogli nientemeno che Matteo Renzi.
I candidati sono in Nord Carolina perché è quel che si definisce uno Stato chiave, tanto quanto la Rust Belt, ovvero Ohio, Pennsylvania and Michigan, ma più difficile da catturare per lo sfidante repubblicano, certamente fondamentale per la Clinton. Si parla di voti veri, di agenda, di programma delle convention, eppure si parla ancora e soprattutto delle email di Hillary, come una maledizione, e di quale peso avrà nei prossimi mesi la dichiarazione definitiva del capo del Fbi.
Nelle ultime due elezioni il Nord Carolina ha votato prima per Obama, 2008, poi per Mitt Romney, 2012, prima ancora, 2000 e 2004 aveva scelto W. Bush, quindi è uno swing State, uno Stato altalena, che ora propende per la Clinton; la popolazione è cresciuta del venticinque per cento in dodici anni, gli ispanici sono passati dal cinque al quasi dieci per cento, concentrati nelle province di Raleigh and Charlotte, un milione di abitanti a provincia, dove i laureati sono oggi il triplo che nelle zone extra urbane.
Governatore e Senato sono passati ai democratici, è zona difficile per Trump, che però intende conquistarla o riconquistarla, e martedì sera a sentenza assolutoria del Fbi, attaccava sull'inaffidabilità della rivale, preferendo con lei accusare anche Bureau e ministro della Giustizia di brogli, ma sapendo che la verità è un'altra, e che gli conviene anche così. La Linch, attorney general, ha sicuramente inciuciato, ancora qualche giorno fa l'hanno beccata in un aeroporto a confabulare con Bill Clinton del quale è grande amica, e la Casa Bianca ha esercitato tutte le pressioni del caso, ma alla fine il risultato è ugualmente pesante per la candidata.
Prima i giornali, e molti sono amici. Wall Street Journal: la Clinton nella lista dei meno wanted del Fbi; Time: la Clinton non dovrebbe essere al di sopra della legge; USA Today: il carattere e la competenza della Clinton sono stati incriminati; Bloomberg: Comey assolvendola ha distrutto Hillary?; Washington Post: Hillary Clinton è al di sopra delle regole.
Dall'alleato New York Times, che le ha scritto un endorsement addirittura a gennaio, arriva la mazzata vera: “Il direttore del Fbi ha messo sotto accusa competenza e capacità di giudizio di Hillary Clinton in termini che sarebbero devastanti in un normale anno elettorale. Se lo accuserà da oggi in avanti di essere un candidato inadeguato, Donald J.Trump potrà rispondere citando la reprimenda di James B. Comey alla signora Clinton.
Già, in un anno normale, e questo non lo sarebbe, per l'effetto TheDonald: nerd, outsider, reietto, soldi sporchi, scoiattolo in testa, moglie e figlie da copertina, ma politicamente inattaccabile, perché in politica non c'era mai stato fino a meno di un anno fa, anche se si preparava. Trump è mezzo Cav mezzo Grillo, un cocktail insopportabile, ma così gli fanno campagna, lo aiutano, è il famoso effetto boomerang. Prometti l'apocalisse? La gente va a vedere il bluff.
Anche perché la dinasty dei Clinton si barcamena da venticinque anni almeno, diciamo dall'inizio della campagna presidenziale nel 91, con scandali pubblici e privati dai quali esce sempre con uno schizzetto di fango addosso in più, eppure...
Ex amanti, donne stuprate, aborti non voluti, amanti in carica, pompini nell'Ufficio Ovale, ma non c'è solo il versante dell'allegro pene di Bill; ci sono le bugie alla nazione in diretta tv, l'ostruzione alla giustizia, il collaboratore storico suicida in modo sospetto alla Casa Bianca, l'impeachment mancato. Eppure a gennaio del 2001 Bill Clinton lascia alla fine del secondo mandato con il 66 per cento di approvazione, e Hillary è eletta senatore nello Stato di New York, dove aveva appena messo piede.
Da un anno almeno dura la storia delle email riservate che, tra 2008 e 2012, segretario di Stato, il senatore fece trasferire sul suo indirizzo privato, una mail priva di protezione, ma che sottraeva lei al controllo su informazioni delicate. In mezzo ci sono guerra in Libia, aiuto ai terroristi nella fase embrionale dell'Isis, strage di Bengasi.
Lei ne ha restituite solo una piccola parte, solo perché costretta, cosa ci fosse in quelle distrutte non è dato sapere se non attraverso le sue riluttanti testimonianze e quelle dei suoi intimoriti collaboratori. Probabilmente sono finite prima di essere distrutte nelle mani di hackers, con quali conseguenze vedremo.
Di certo, per mesi la Clinton ha pubblicamente dichiarato che non una di quelle mail conteneva classified documents, documenti da mantenere segreti, ma Cobey al contrario ha parlato di “una estrema mancanza di attenzione nel maneggiare informazioni molto sensibili e “highly classified”, riservate al più alto livello, ovvero Top secret/special access”. Quindi Hillary Cliton ha prima fatto un gran casino, poi ha mentito.
Su chi potrà avere effetto questo pasticcio? I liberali che odiano Trump ma per fuggire dalla melassa di otto anni già fatti, più quattro anni ancora, di politically correct sono pronti a votarlo, sono già usciti allo scoperto, e sono una elite minuscola, anche se illuminante. Molti di più quelli che i sondaggisti chiamano gli haters, gli odiatori, 1 elettore su 5 al quale non piace né lei né lui. Sono in prevalenza di orientamento repubblicano. Aggiungete perciò un altro piccolo tassello alla costruzione traballante ma neanche tanto di Trump.
Poi c'è chi sogna ancora il terzo candidato e il terzo partito, evocazione ricorrente quando c'è crisi, mai realizzatasi. Sarebbe Gary Johnson, ex governatore del New Mexico, libertarian party, al 7,4 per cento nei sondaggi .
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