DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Emanuelle Pouydebat Sexus Animalus
Siegmund Ginzberg per Dagospia
Il gemano reale ce l’ha a cavatappi. Ed è pure violento. Il pinguino di Adelia è pedofilo e pure necrofilo. C’è chi ce l’ha spinoso, chi uncinato, chi dentato, chi bifido, e capace di penetrare più femmine allo stesso tempo. L’Echidna a becco corto, un mammifero australiano, ce l’ha a quattro teste. Pensavate che ad avercelo più grosso fossero balene ed elefanti? Un lumacone, la limaccia grigia, ce l’ha di lunghezza doppia del proprio corpo. I trichechi ce l’hanno con l’osso.
L’Argonauta, bellissimo cugino dei polpi, ce l’ha mobile, che si stacca e raggiunge come un proiettile la femmina, ed è pure dotato di una magnifica conchiglia, in cui poi accoglie le uova fecondate. Pensavate che gli animali lo usassero solo per riprodursi e non anche per divertirsi? Ebbene, omosessualità e bisessualità sono prerogative di oltre un migliaio di specie, e non solo mammiferi.
Il Cynopterus Sphinx, un pipistrello asiatico, pratica fellatio e cunnilingus, lo scoiattolo di Terra del Capo si masturba (e la cosa ha benefici per la sua salute), il Tursiope, una specie di delfini, fa giochi erotici e omoerotici, partouze subacquee da far impallidire il Kamasutra…
Queste e altre curiosità in un libro dell’etologa Emanuelle Pouydebat, deliziosamente illustrato con disegni a colori da Julie Terrazzoni: Sexus Animalus, pubblicato da L’ippocampo (euro 19,90). È praticamente una strenna natalizia. Non dico da regalare ai bambini, ma da tenere tranquillamente sul tavolino davanti al divano in soggiorno, senza temere che un ospite si scandalizzi se si mette a sfogliarlo. Fidatevi.
A New York a suo tempo avevo trovato in una libreria dell’usato una rarità di impronta sessantottina, How A Baby Is Made, con bellissime illustrazioni destinate all’infanzia, ma credo di non aver osato darlo ai miei figli piccolini. Questo lo lascerei tranquillamente in giro, a portata di nipotini. A proposito, chissà quando potremo avere di nuovo ospiti?
Non è l’unico libro fresco di stampa che parla di organi sessuali. Soprattutto maschili. Di quelli femminili, anche degli animali, si sa meno, e quindi se ne parla meno, si scusa la Pouydebat. Un altro libro che nelle librerie in questo periodo va a ruba (in molte è già esaurito) è La voglia dei cazzi, e altri fabliaux medievali, di Alessandro Barbero (Edizioni Mercurio, euro 15).
Si tratta della traduzione, da parte dell’esimio medievista, di una gustosa scelta di fabliau, racconti spesso erotici del 1200, accompagnati da una dotta quanto brillante introduzione. Che si stia aprendo una nuova stagione?
Negli anni ’70 aveva avuto un certo successo un libro del professore dell’ École des hautes études Jean-Paul Aron e dell’etnologo del Politecnico di Zurigo Roger Kempf sul costume sessuale in letteratura tra Settecento e Ottocento. Si intitolava: Il pene e la demoralizzazione dell’Occidente. Sottotitolo: “Genealogia della morale borghese”. Poi, col femminismo militante, erano arrivati i dialoghi e monologhi della vagina.
C’era stata un’intera epoca in cui una parola che faceva parte del linguaggio comune, in bocca a tutti, era invece proibitissima in tv. Finché fu Cesare Zavattini a rompere per primo il tabù, negli anni Settanta, in un programma radiofonico. E ora tutti questi cazzi in libreria. Che stia iniziando un nuovo ciclo, incentrato stavolta sull’organo riproduttivo maschile, malgrado #Metoo?
Credo che sia una buona cosa dare il loro nome alle cose. E che sia brodo di cultura dell’ipocrisia – con tutto quel che ne consegue – censurare le parole. Già Jean de Meung, l’autore del Roman de la Rose, ragionando sulle cosiddette parole oscene concludeva: “Le chiamino pure come fanno di solito, se non vogliono usare le parole giuste; non sarò io a costringerle. Ma il mio massimo sforzo, quando voglio dire qualcosa chiaramente, è di parlare in modo appropriato”.
Nel racconto L’Esquiriel, lo scoiattolo, una borghese ammonisce la figlia a non pronunciare mai quella parola, perché “una donna può finire male se la sentono parlare come non dovrebbe”. E la figlia: “Cazzo, disse, sant’Iddio, cazzo! Dirò cazzo anch’io, senza discussione. Cazzo, misericordia! Papà dice cazzo, mio fratello dice cazzo, la cameriera dice cazzo, e cazzo qua e cazzo là, tutti dicono cazzo quando gli pare! Anche tu, mamma, dici cazzo. E io, scema, cos’ho fatto che non posso dire cazzo? Lo dirò eccome, cazzo, mi do il permesso da sola”.
formichiere gratta schiena con pene
Per Gioacchino Belli, che di mestiere faceva il censore del papa, è “Er padre de li Santi”. Lo spassoso sonetto del 6 dicembre 1832 così intitolato elenca ben altri cinquanta modi di denotarlo in romanesco. E siccome il censore del Papa sor Belli, malgrado il codino, è già per la parità di genere, lui dedica pure un altro sonetto a “La madre de le Sante”.
Cosa audacissima per l’epoca se si tiene conto che, mentre il riferimento al membro maschile è, per quanto volgare, di uso comune in quasi tutte le lingue occidentali, in inglese l’organo femminile è ancora assolutamente impronunciabile, cuntè la peggiore parolaccia che si possa profferire.
La voglia dei cazzi, e altri fabliaux medievaliIl pene e la demoralizzazione dell’Occidentegiuseppe gioacchino bellicastro zavattinialessandro barbero
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