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Gianluca Nicoletti per "Specchio - la Stampa"
Chi dedica al multiplayer buona parte del suo tempo intuisce che l'obiettivo finale di ogni aggiornamento tecnologico sarà l'entrata collettiva in un metaverso. Non si gioca muovendo dei personaggi, ci si immerge piuttosto nel gioco, come Alice nel paese delle meraviglie, per interagire con gli altri giocatori. E' la destinazione finale della nostra esistenza digitalizzata: un mondo artificiale sempre più realistico, in cui si possa sognare di rimanere per sempre.
Il termine metaverso viene periodicamente rispolverato negli ultimi trent' anni, da quando entrò nella letteratura fantascientifica quando si vagheggiava la così detta "realtà virtuale", vale a dire universi iperrealistici percorribili attraverso complicate interfacce corporee da indossare come scafandri, dotate di sensori che avrebbero dovuto "trasportarci sensorialmente" in una realtà sensibile creata dal computer. Restò un esperimento per avanguardie ma non divenne mai passatempo di massa.
Il metaverso rispuntò nei primi anni del secondo millennio con la piattaforma "Second Life" creata dall'azienda americana Linden Lab: era un mondo in cui ci si tele trasportava, si poteva costruire città e isole dove incontrarsi, amarsi e pavoneggiarsi acquistando nei supermercati pezzi anatomici di ogni tipo, da poppe esagerate, addominali tartarugati fino alle più indecenti appendici. Nel suo picco raccolse oltre un milione di avatar che rappresentavano altrettanti umani. Poi la bolla si sgonfiò.
Oggi se ne riparla come l'annuncio al web di terza generazione, quello che non solamente che si guarda ma si percorre con i sensi. Facebook ha annunciato un piano con 10 mila nuovi assunti in Europa per dare vita a una nuova generazione di esperienze virtuali interconnesse che utilizzano tecnologie come la realtà virtuale e aumentata. Il più vetusto dei social network, oramai frequentato in gran parte da pantere grigie, tenta la carta di intensificare le relazioni tra le persone.
Ci si avvicina drasticamente alla profezia di "San Junipero" l'episodio della serie inglese "Black Mirror" in cui gli anziani allo stato terminale venivano "travasati" in un cloud, dove potevano vivere un'eterna giovinezza. Immaginate ancora che potremmo aprire altri canali di condivisione attraverso la rete e cominciare a chattare. Mettiamo che non ci bastasse potremmo anche rappresentarci attraverso un codice informatico che ricostruisce le nostre persone, magari ognuno di noi già che c'è potrebbe migliorarsi, o cambiarsi a seconda di come preferisce rappresentarsi.
Nulla da rimproverarsi: però come ci vestiamo al meglio, agghindiamo, curiamo la persona possiamo anche avere a disposizione un armadio di vestiti, ancora di più facce e corpi che possiamo scegliere perché più ci rappresentino. Ricordo che noi siamo in questa area condivisa e quindi possiamo "scrivere" i nostri desideri e mutarli in rappresentazioni che anche gli altri percepiscono.
Voi mi vedreste come io "mi descrivo" e il sistema che ci ospita "mi scrive" e quindi rende a voi visibile. Magari apparirei alto bello e giovane, io vi vedrei come voi vorreste essere "descritti e scritti" quindi condividiamo un metaverso a tutti gli effetti. Potremmo aggiungere con la stessa metodologia tutti i particolari possibili come un paesaggio che ci dia serenità, un cielo terso, lo sciabordio delle onde del mare, una spiaggia con le palme, una musica che ci piaccia di sottofondo.
Eccoci assieme a popolare un universo tridimensionale generato da un computer e condiviso attraverso la rete. Il metaverso è completo, siamo dentro e interagiamo attraverso i nostri avatar, che sono rappresentazioni, quasi sempre fantastiche, di noi stessi che interagiscono con altri avatar simili che rappresentano umani magari distanti migliaia di chilometri e che preferiscono interagire animando un loro simulacro fatto di pixel piuttosto che confrontarsi con persone in carne e ossa, magari usurate dal tempo o non corrispondenti all'immagine di sé a cui ambirebbero.
Nella religione, mitologia e iconologia induista l'avatar è un dio che assume un corpo fisico per farsi una passeggiatina tra gli umani, nel metaverso rappresenta la nostra velleità ad assomigliare a degli dei a cui tutto è permesso. La grande promessa di salvezza della civiltà digitale assomiglia veramente tanto a quello che l'umanità ha sempre chiesto attraverso preghiere sacrifici privazioni e ascesi. La differenza è che oggi speriamo di arrivarci senza troppi sacrifici ma piuttosto giocando.
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