DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
Giovanni Valentini per “Il Fatto Quotidiano”
"L`audience, di per sé, non può aggiungere nulla ai codici di un Servizio pubblico"
(dall’intervento di Sergio Zavoli al Seminario della Commissione di Vigilanza Rai - Roma, 24 novembre 2009)
Può anche darsi che, nei piani della Lega, Fabio Fazio sia la "vittima designata" per impossessarsi definitivamente della Rai. E un`occupazione manu militari del servizio pubblico televisivo da parte del Carroccio, nel segno della lottizzazione partitocratica, non sarebbe certamente auspicabile.
Ma ciò non toglie che le critiche manifestate da Matteo Salvini sul maxi-compenso del conduttore e dal presidente Marcello Foa sull`esaurimento della sua "carica innovativa" abbiano un fondamento oggettivo. Se si parte dall`assunto che non può essere l`audience a giustificare il servizio pubblico, non basta appigliarsi ai dati di ascolto delle trasmissioni condotte da Fazio (‘’Che tempo che fa’’ e ‘’Che fuori tempo che fa’’) per giustificare un compenso stratosferico come il suo (quasi 9 milioni di euro in quattro anni).
Né si possono fare i conti fra quanto costano e quanto ricavano in termini di spot i due programmi di Rai1, come se si trattasse di una qualunque rete commerciale piuttosto che dell`ammiraglia della televisione pubblica. Non è da oggi, del resto, che chi scrive sostiene la necessità di un duplice affrancamento della Rai dalla sudditanza alla politica e dalla schiavitù dell`audience, tanto più che adesso il canone d`abbonamento è inserito nella bolletta elettrica.
C`è poi un aspetto particolarmente delicato - su cui è in corso un’istruttoria davanti alla Corte dei Conti - che riguarda il conflitto d`interessi in capo a Fazio, conduttore e produttore di se stesso, in forza del contratto (circa 10 milioni all`anno) con la società "Officina" di cui è proprietario al 50%.
Tant`è che - come si sa - ha scelto di dimettersi dall`Ordine dei giornalisti per diventare "artista" e per poter percepire così il suo astronomico compenso, al di là dei "tetti" fissati dalla legge per le aziende pubbliche. A maggior ragione, dunque, il conduttore non può essere paragonato a un professionista del calibro di Enzo Biagi, come s`è avventurato a sostenere Michele Serra su ‘’Repubblica’’, rimbeccato giustamente dal deputato del Pd Michele Anzaldi.
In realtà, al di là del fatto che le interferenze di Salvini rischiano alla fine di rafforzare la posizione di Fazio, non ha tutti i torti Foa a rimproverare al conduttore-produttore di aver perso la "capacità innovativa". Spesso le sue trasmissioni si trasformano in una passerella di attori, comici e giornalisti amici, con l`accomodante ospitata di qualche politico, per promuovere film, spettacoli teatrali, canzoni, libri, non sempre degni di una rete come Rai1. Una specie di "marchettificio", vale a dire "il luogo - per citare il vocabolario Treccani delle esibizioni compiacenti e interessate", "propizio per catturare i favori del miglior offerente".
Con l`occasione si può ricordare al bi-presidente sovranista, messo ora sotto accusa dalla convergenza M5S-Pd in Commissione di Vigilanza per il doppio incarico di presidente della Rai e di RaiCom, l`ormai dilagante tendenza di molti conduttori e conduttrici televisivi a fare pubblicità, in veste di testimoni al, dentro e fuori i propri programmi.
Secondo la terminologia della normativa antitrust, dovremmo parlare di "pubblicità ingannevole" e di "pratiche commerciali scorrette", dal momento che il contenuto televisivo si confonde con il messaggio pubblicitario sfruttando il "potere mediatico" del conduttore-testimonial. Forse, la "Rai del cambiamento" potrebbe cominciare una buona volta da qui.
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