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Marco Giusti per Dagospia
Adaline di Lee Toland Krieger
Lei, Adaline, ha 29 anni dal 1937, perché per lei il tempo è come se si fosse misteriosamente fermato. Sua figlia, invece, nata poco prima, è adesso, nel 2014, una vecchia che potrebbe essere sua mamma se non sua nonna. E anche i vecchi amori di Adaline sono oggi dei vecchi, mentre lei rimane per sempre giovane. Potenza del cinema.
Nato su un’idea strampalata e sviluppata con qualche problemino di sceneggiatura, Adaline, diretto da Lee Toland Kriger, scritto da J. Mills Goodloe e Salvador Paskowitz, è un film sentimental-fantastico per un pubblico femminile di non grandi pretese interpretato però da un buon cast di attori. La Adaline che avrà in eterno 29 anni è l’elegante Blake Lively, forse non una grandissima attrice, ma ha di sicuro una grandissima presenza scenica, come già si notò in Savages di Oliver Stone.
La strepitosa Ellen Burstyn di Alice non abita più qui, è la sua figlia invecchiata, e riesce a esaltare tutte le scene che la vedono insieme alla mamma al punto da farcela vedere anche a noi come una figlia. L’olandese bonazzo e barbuto Michiel Huisman, fresco di Game of Thrones, è certo Ellis Jones, ricco e geniale spasimante di Adaline che non si capacità del perché sia così sfuggente.
Harrison Ford è non solo l’attempato padre di Ellis, ma anche un vecchio fidanzato di Adaline, e infatti la riconosce subito. E da lì nascono i guai. Perché Adaline sarà costretta a scegliere se scappare, come ha sempre fatto nella sua vita, lasciandosi dietro amori e uomini, o cercare di vivere malgrado la sua maledizione vampiresca. Perché, alla fine, questa Adaline, vive esattamente come un moderno Conte Dracula, sempre fresca e perfetta, ma anche pronta a mordere gli uomini e a lasciarli nella loro sofferenza.
Per più versi ridicolo, con un commento off terrificante, Adaline, coi suoi 25 milioni di dollari di budget, è un polpettone non sempre riuscito, ma con alcune buone trovate. L’apparizione di Harrison Ford, che da anni non sembrava così in forma, ad esempio, rimescola parecchio le carte, anche se poi, la vecchia moglie gelosa, Kathy Baker, ci riporta a una sceneggiata un po’ di grana grossa.
“Ti ho dato quarant’anni della mia vita”, le dice Harrison Ford che, visibilmente, non ne può più di questa moglie petualente e malamente invecchiata e ha sempre pensato a Adaline. E anche la civetteria di Adaline, che ha messo da parte tutti i suoi abiti anni ’30, in parte funziona, anche se il suo personaggio, alla fine, è quello meno riuscito, perché il suo “invecchiamento” la porta solo a vincere al Trivial Pursuit, ma non produce una qualche complessità di carattere come in Benjamin Button. Dopo un secolo, ad esempio, dovrebbe avere un rapporto col sesso e con l’amore da persona diciamo matura, mentre qui sembra sempre una ragazzetta.
Non ci si casca, imsomma, anche eprché ci viene detto nel 2035 si capirà la causa della sua eterna giovinezza. Boh! Regia così così. Del resto è un film di produzione, pensato prima per Andy Tennant e poi per Gabriele Muccino. Comunque Blake Lively è bella, e Ellen Burstyn e Harrison Ford delle presenza di gran classe. E San Francisco funziona sempre. In sala.
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