NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
Marco Giusti per Dagospia
Bang! Bang! Volano le pallottole a Venezia. I tempi sono cambiati. Vecchi direttori come Rondi e Biraghi non avrebbero mai accettato un western neppure fuori concorso. Perbacco! Oggi i generi e il western sono piatti prelibati. Anche al di là del valore dei singoli film.
Questo per dire che “Old Henry”, scritto e diretto da certo Potsy Ponciroli, che ne sta pure preparando un altro di western, vive soprattutto in quanto western, oltre che per la pregevole presenza di Tim Blake Nelson, star dei Coen, in questo festival al di là del suo valore autoriale. In altri anni lo si sarebbe visto a Cannes al Mercato diciamo, non fuori concorso a Venezia, dove è stato trattato con rispetto cinefilo da un pubblico che dopo una serie di mattonate i giorni scorsi lo ha visto come una gradita benedizione e una boccata d’aria.
Ma il film, piccola produzione con sei-sette attori, qualche cavallo, qualche maiale, e una casetta di legno dove si svolge la storia, non è un capolavoro e potevamo tranquillamente vedercelo su Netflix o Prime quest’inverno. Tim Blake Nelson è l’Old Henry del titolo. Un fattore vedovo che vive con il figlio adolescente nelle colline dell’Oklahoma.
Nessuno sa nulla del suo passato e non sarò io a svelare il segreto di Old Henry. Quando raccoglie, ferito, un cowboy, Scott Haze, con una borsa piena di dollari, iniziano i guai. Perché tre sceriffi o simil sceriffi, capitanati da un cattivissimo Stephen Dorff lo stanno inseguendo e vogliono proprio quella borsa.
Per difendere il figlio e la casa, un po’ meno i maiali, Old Henry deve rimettere la mano alla pistola. Si sa. La bella voce di Tim Blake Nelson e il fatto che sia protagonista rendono “Old Henry” vedibile. Meno i violini in sottofondo. C’è di peggio, ovviamente.
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