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Marco Giusti per Dagospia
Un Natale al Sud di Federico Marsicano
E’ Natale! Coraggio! Al suono di “Finalmente se tromba!” di Enzo Salvi e delle linguette di Massimo Boldi e Biagio Izzo che si muovono come passa una chiappa femminile, con questo cialtronissimo, scombinato, trashissimo ma divertente Un Natale al Sud, torna ciò che resta del cinepanettone o del pre-cinepanettone in versione Medusa-boldiana.
un natale al sud paola caruso e massimo boldi
E tornano, ben in evidenza, le scorregge, le gag con l’alito cattivo, le puzze di piedi, i doppi sensi (“L’ha preso? Ora lo mastichi?”), le milfone infoiate da evitare, perfino le pillole che ti fanno vedere bello Boldi, il Sud estivo pugliese (ancora Polignano a Mare…) trasformato in set da vacanza natalizio.
Con l’aggiunta di sponsor imbarazzante, il dottor Mech della dieta comecazzosechiama, anche attore, il libro di certo Roberto Cerè (ma chi è?), le video chat usate come se fossimo in un film di fantascienza italiano anni ’60, che provocano soltanto la visione di Salvi al cesso mentre spinge con tanto di commento di Boldi, “Ma vai a cagare!”. Ma c’è pure Gianni Macchia, eroe dei film di Fernando Di Leo…
Nel crollo, pressoché totale, del cinema italiano di questa stagione nerissima, malgrado la legge per il cinema di Franceschini che promette altri 100 film italiani in più (ma se non guardiamo neanche questi?), e nel crollo della tv fracassona di Mediaset, ormai reperto archelogico di ciò che fu il regno di Silvio, la commediaccia natalizia si ripropone in tutto il suo splendore e ci illude, come le pillole di Mech che trasformano il brutto in bello agli occhi di Anna Tantangelo, che in Italia ci sia ancora un cinema, un’industria, un pubblico. Eppure. Sarò perfido.
Ma a me questo Un Natale al Sud diretto alla sua opera prima, da Federico Marsicano, aiuto di Fausto Brizzi e Paolo Costella, scritto da Gianluca Bomprezzi e dallo stesso Paolo Costella, che aveva diretto il Boldi prenatalizio dello scorso anno, il più compatto e meglio costruito Un matrimonio al Sud, nel suo delirio ha fatto ridere.
Mi hanno fatto ridere le scorregge paurose di Enzo Salvi (“ciò na botta de squaraus”, battuta capolavoro), buttate spesso lì senza nessun bisogno che ci siano, mi fanno ridere Massimo Boldi e Biagio Izzo che fanno i soliti mariti provoloni in cerca di divagazioni ma poi eternamente fedeli e non trombanti, mi fa ridere l’arrivo di una star popolare della canzone come Anna Tatangelo usata come bellona alla Belen che attizza Boldi, mi fa ridere il tentativo di mascherare Polignano come set alla Sharm-el-Sheik, la presenza di bellone tragate Mediaset, come tal Paola Caruso, messe lì come tappezzeria.
E il delirio di Medusa di puntare sul cinema basso e popolare come se fossimo ancora nel mondo di Berlusconi. C’è della malinconia in tutto questo, e della nostalgia per la commedia e la tv degli anni passati, certo, ma è anche quello che resta di una macchina di comicità un tempo funzionante. Ora. Tutta la storia delle chat, degli smartphone, dei figli, della fashion blogger è quasi incomprensibile.
Come è incomprensibile che da un paesaggio natalizio al Nord si passi a Polignano nel mese di luglio e che ci siano, mal mischiati, ben tre finali. Diciamo che è secondario. E non si capiscono neanche troppo bene i rapporti tra le coppie Boldi-Debora Villa e Izzo-Barbara Tabita. Le donne vorrebbero spassarsela la prima con Paolo Conticini, ex compagno di scuola, la seconda con certo Andrea, che si rivelerà per essere una donna tettutissima, Paola Caruso.
I maschi incappano Boldi con la Tatangelo, che lo vede bellissimo grazie alle pillole Happy di Mech, e Izzo con sua sorella chiattona. No, la storia lasciamola perdere. Il film vive delle gag ideate lì per lì, dei meccanismi comici più o meno antiquati, dei tempi ancora perfetti di Boldi nelle battute, nelle battute del Cipolla che vanno ancora a segno. Chi andrà, a parte noi vecchi critici fedeli alla commediaccia? Come dice Boldi, Boh? Ma non sottovalutate i fan della Tatangelo. In sala da giovedì.
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