DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Marco Giusti per Dagospia
E i cartoni animati italiani? Ve li producete con i soldi vostri. Ma non dovevamo sviluppare il Made in Italy? Non dovevamo rafforzare il prodotto italiano all’estero? Cartoon Italia, l’associazione nazionale dei produttori d’animazione italiani, con un comunicato stampa di battaglia della sua presidentessa, Maria Carolina Terzi, accusa il Consiglio dei Ministri, contro il parere del MIC e della Commissione Cultura, di aver deciso di bloccare l’animazione italiana lasciando così alle major americane e orientali campo libero nel mondo dei cartoon.
Proprio ora che l’animazione italiana stava riscuotendo successo internazionalmente, vedi il César a “Linda e il pollo” co-diretto da Chiara Malta, i premi dell’anno scorso a Annency, e i due film presenti quest’anno al festival a giugno. Premi e riconoscimenti che spingono tanti ragazzi e ragazze a frequentare scuole d’animazione e a lavorare nell’animazione. Spesso anche sottopagati per la mancanza di leggi protettive, come accade in Francia, dove il cinema animato di produzione nazionale ha un suo giusto riconoscimento economico e culturale da parte dello stato. Ma di questo passo l’unica strada sarà andare a lavorare all’estero.
“Non comprendo la scelta di questo Governo”, scrive Maria Carolina Terzi, “di mettere in ginocchio un comparto industriale che consta di oltre 50 aziende che dà lavoro a 6.000 giovani con un’età media tra i 20 e i 30 anni e che crea contenuti per bambini veicolando i valori che appartengono alla nostra tradizione culturale. Dal governo una miopia che impedisce la crescita naturale e necessaria per un comparto industriale e creativo, eccellenza del Made in Italy”.
In pratica, il Consiglio dei Ministri nella revisione del Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi (TUSMAV) ha eliminato qualsiasi possibilità di inserire, come hanno in Francia, sottoquote di programmazione e di investimento, diciamo un 7%, da parte di televisioni privati, leggi Mediaset, e di piattaforme che operano in Italia, da Netflix a Amazon, da Disney a Apple tv, per produrre serie e cartoni animati. Questo avrebbe dato ossigeno e maggiore forza a tutto il settore.
Oggi, senza la sottoquota statale, se Netflix vuole produrre, che ne so, la nuova serie di Zerocalcare, lo fa senza nessun aiuto da parte dello stato. Come fanno in ogni parte del mondo. Secondo Cartoon Italia, questo porterà a una pesante crisi del settore, che in pratica vuol dire lasciare campo libero alle sole produzioni estere sulle nostri tv. Tutto questo per i produttori italiani è inspiegabile, visto che per la sottoquota animazione avevano già espresso parere favorevole il Ministero della Cultura, sia il Sangiuliano che la sottosegretaria Lucia Borgonzoni, sia la Commissione Cultura della Camera, cioè il presidente Federico Mollicone.
Qualcuno avrebbe quindi operato un voltafaccia a favore delle “lobby delle piattaforme on demand americane” e delle televisioni private, come Mediaset, che non avevano nessuna voglia di produrre cartoni animati per l’infanzia. Un bel regalo, insomma. Anche se Cartoon Italia precisa che aveva studiato una formula che già esentava dalla produzione le reti generaliste riottose all’argomento.
“È un vero peccato che in Italia non si comprenda l’importanza che ha la produzione di animazione, un linguaggio molto apprezzato dal pubblico come dimostrano gli incassi. Le società italiane sopravvivono con Rai Kids e lavorando per produzioni straniere. Alcune delle nostre eccellenze e talenti nel campo sono emigrati all’estero, mentre tutti gli altri paesi europei sono diventati grandi produttori e esportatori di film e serie, sia per bambini, che per adulti. L’animazione è la forma di cinema più facile da esportare, ha spesso un linguaggio universale dove il doppiaggio non è un problema”, commenta Andrea Occhipinti, CEO di Lucky Red.
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La RAI rimane così l’unico partner finanziario dell’intera industria dell’animazione italiana, con una conseguente limitazione dell’offerta di contenuti, si legge nel comunicato. Via qualsiasi possibilità di sperimentare e di rinnovare tecniche e narrazioni. La nostra industria, composta in grande parte di giovani, non potrà che essere schiacciata dal peso delle più ricche produzioni americane e asiatiche.
E i migliori talenti, come già sta capitando, andranno all’estero. Non si tratta quindi di produrre i film dei cinematografari “radical chic” tanto odiati da Genny Sangiuliano, e posso capire che non vogliano produrre i film sui mal di pancia della gente di sinistra come le commedia vacanziere alla Virzì o sul malessere dei ricchi del nord, vedi i film di Ginevra Elkann, quanto di far respirare e lavorare un settore che sta dando lavoro ai più giovani e ai più talentuosi.
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