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Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores
Marco Giusti per Dagospia
Anche se il nuovo film di Gabriele Salvatores, presentato fuori concorso oggi, si intitola come una celebre canzone di Domenico Modugno, Tutto il mio folle amore, e il protagonista, Claudio Santamaria, interpreta il “Modugno della Dalmazia”, cantante un po’ cialtrone specializzato nel repertorio di Modugno, la canzone fondamentale del film è invece la bella “Vincent” di Don McLean, che il pubblico televisivo ricorderà come sigla di un celebre sceneggiato anni ’70, Lungo il fiume e sull’acqua”.
E, forse per un problema generazionale, “Vincent”, se la senti, non te la levi facilmente dalla testa. Vincent è anche il nome del ragazzo sedicenne e problematico, interpretato dalla new entry Giulio Pranno, figlio di Elena, Valeria Golino in versione coi ricci, e di Willi, appunto Santamaria. Solo che Willi questo Vincent, che prese il nome proprio dalla canzone, non l’ha mai visto, perché invece di affrontare il ruolo di padre, sedici anni prima scappò poco eroicamente.
Così il ragazzo, con tutti i suoi problemi, l’ha cresciuto la mamma con un altro uomo, Mario, Diego Abatantuono, buffo editore che legge continuamente libri di giovani autori che non gli piacciono e che riesce a avere un ottimo rapporto col ragazzo anche nei suoi momenti peggiori. La visita improvvisa di Willi nella casa del ragazzo, lo spinge a scappare di nascosto col padre naturale.
Così parte un road movie alla Salvatores con la coppia padre-figlio formata dal cantante Willi e dal figlio pazzarello in Croazia e Dalmazia, e la coppia mamma-secondo padre all’inseguimento. Nessuno è cattivo. Certo. La recente scoperta del figlio illegittimo di Modugno, l’attore Fabio Camilli, aggiunge qualcosa di non cercato al film. Da parte sua Salvatores trova il modo per farci ascoltare una serie di canzoni di Modugno cantate bene da Santamaria, sviluppare il rapporto padre-figlio, farci capire un po’ i personaggi e muoverli verso avventure più o meno pericolose. Ma il tono rimane più quello della commedia che del dramma.
Sceneggiato dal regista assieme a Umberto Contarello e Sara Mosetti, che si sono ispirati per il soggetto a una storia vera, non si può dire proprio un film da festival e ci riporta la vena più di genere di Salvatores, più vicino insomma ai due recenti Ragazzi invisibili. Si vede con piacere, offre buoni momenti a tutti gli attori e lancia il curioso Giulio Pranna, come adorabile pazzarello.
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