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Marco Giusti per Dagospia
Widows – Eredità criminale di Steve McQueen
Cosa fare quando tuo marito ci lascia la pelle insieme ai suoi soci durante una rapina e la tua eredità è un conticino da pagare di due milioni di dollari con i peggiori gangster in circolazione che proprio il tuo defunto consorte ha rapinato? Metti su una banda di vedove criminali pronte a ripetere le azioni dei mariti per salvarti la pelle e regolare i conti. Questa l’idea di partenza di questo notevole, meno banale di quanto possa sembrare Widows-Eredità criminale, quarto film del celebrato artista-regista nero-inglese Steve McQueen, dopo capolavori come Hunger, Shame e 12 anni schiavo, che ha scritto assieme alla Gillian Flynn di Gone Girl.
Il tutto, ha detto lo stesso regista, viene da una celebre serie inglese dei primi anni ’80, tratta da un romanzo di Lynda La Plante, dove quattro donne di provenienza e di classe diversa si trovano costrette a mettersi insieme per salvarsi la vita. Il meccanismo da thriller, per Steve McQueen e per la sua co-sceneggiatrice, serve soprattutto per mostrarci, in un film dal grande budget e dal grande cast popolare, una serie di personaggi del tutto diversi che, reagendo in maniera inaspettata agli eventi che devono affrontare, rappresenteranno aspetti profondi dell’umanità che ci circonda.
Così, la sindacalista-bibliotecaria nera Veronica Rawlins, Viola Davis, che perde il suo uomo Henry, Liam Neeson, bianco e irlandese, diventerà il capo della banda di ragazze, che comprende una latina, Michelle Rodriguez, una nera di estrazione popolare, Cynthia Erivo, e una bianca di origine polacca, Elizabeth Debicki.
Le quattro ragazze dovranno affrontare la banda dei fratelli Jamal e Jatenne Manning, cioè Brian Tyree Henry e Daniel Kaluuya, gangsters che stanno puntando alle elezioni nel 18° distretto di Chicago candidando uno dei due fratelli, Jamal, ma anche la gang, più in guanti bianchi, della famiglia irlandese Mulligan, composta dal vecchio padre Robert Duvall e dal figlio Colin Farrell, che da anni e anni conserva il potere sul distretto.
Non solo. Sappiamo da subito che il marito di Veronica, cioè il defunto Henry, ha lavorato per anni per i Mulligan, facendo per loro lavori sporchi. Ma non capiamo perché sia andato a rubare due milioni di dollari ai Manning, con i quali c’erano buoni rapporti di non belligeranza. Tutti i maschi coinvolti nella storia sono cattivi, sia quelli defunti che quelli ancora vivi. Le donne lo sanno bene.
Steve McQueen non lavora però sui meccanismi del thriller, che poi diventerà un vero e proprio giallo, forse anche non completamente riuscito, quanto sui personaggi che mette in scena. E non avevamo mai visto prima un’attenzione fisica così forte per Viola Davis, al punto che la sua passione d’amore per il marito bianco Liam Neeson, è più forte della storia che vive. Ma anche per la palestrata sciampista di Cynthia Erivo, o per la bionda escort di Elisabeth Debicki. Qua e là, Steve McQueen sparge con sapienza delle battute sull’arte contemporanea, “Hai comprato della carta da parati da 50 mila dollari”, dice il padre Duvall al figlio Farrell. “No, ho comprato arte!”, risponde lui.
“Carta da parati!” gli urla Duvall. O sull’essero nero e inglese. Ma, soprattutto, si ricava dei momenti di attenzione per queste donne, strane, particolari, per farle splodere dentro le contraddizioni di una società criminale che non rispetta i sentimenti. Meno ovvio di quanto può sembrare, questo Widows non è apertamente forte e politico come Hunger o 12 anni schiavo, ma è costruito con la stessa miscela esplosiva. E, in un film di grande presa popolare, con questo cast di star, può diventare ancora più pericoloso. Ma, ripeto, nessuno aveva mai messo in scena una storia interrazziale così forte come quella tra Liam Neeson e Viola Davis. E’ lei l’eroina del suo film. In sala dal 15 novembre.
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