mazzi meloni lirica

TUTTI GLI STRAFALCIONI DEL GOVERNO CHE METTE LE MANI SULLA LIRICA – AUGIAS FA A FETTINE LA RIFORMA VOLUTA DAL SOTTOSEGRETARIO MAZZI CHE DÀ ALL’ESECUTIVO GRANDE POTERE DECISIONALE E CHIEDE DI PRIVILEGIARE OPERE NAZIONALI CHE SIANO IL PIU’ POSSIBILE BREVI: COSA NE FAREMO ALLORA DEL WAGNER IN CARTELLONE A ROMA CHE DURA 4 ORE ABBONDANTI O DELLO SHOSTAKOVICH CHE APRE LA STAGIONE DELLA SCALA? – "SCORGO IN QUESTO PROGETTO UNA MAGGIORE INGERENZA DEL GOVERNO (COERENTEMENTE, DEL RESTO, CON LA RIFORMA DEL PRESIDENZIALISMO O DELLA MAGISTRATURA), UNA PREOCCUPANTE IGNORANZA DI COME FUNZIONA UN TEATRO D’OPERA, LA TENTAZIONE DI UN NAZIONALISMO ANGUSTO, DI CORTO RESPIRO….

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Corrado Augias per repubblica.it

 

Il cerchio dunque continua a stringersi. Quando si formò questo governo, qualcuno, dopo averne studiato le prime mosse, profetizzò che i nuovi arrivati non si sarebbero accontentati di occupare posti secondo il consueto sistema dello spoil system ma avrebbero cercato di cambiare la stessa narrazione storica del paese, ovvero quella vigente dopo la fine della guerra e del fascismo, rispecchiata nella Costituzione. Così è stato.

MAZZI MELONI LIRICA

 

 

Lo si è visto alla Rai con nomine spesso non adeguate all’incarico, lo si è visto per le stesse ragioni in qualche teatro, ora lo si vede con chiarezza anche maggiore nella proposta rivoluzionaria che investe tutti gli enti lirici. Gli enti, o fondazioni, di questo tipo sono 14, due di queste (Teatro alla Scala e Accademia di Santa Cecilia) con uno statuto speciale; nel complesso assorbono quasi la metà dei 400 milioni del Fondo unico per lo spettacolo (Fus).

 

 

In che consiste la “rivoluzione”? Alcune norme sono ragionevoli, per esempio un maggiore coordinamento delle attività tra i vari teatri economizzando così sugli allestimenti. Ne sento parlare per la verità dai tempi del ministro Achille Corona, cioè da mezzo secolo, da quando quel ministero si chiamava ancora del Turismo e dello Spettacolo. Comunque, il baco viene subito dopo, quando si detta che bisognerà favorire “la riscoperta di nuove opere” di “quella straordinaria epopea”.

Corrado Augias

 

Che cosa vorrà mai dire? Il periodo che va da Claudio Monteverdi a Puccini? O solo la triade Rossini-Verdi-Puccini? E perché epopea? Leggo sul dizionario “Serie di imprese straordinarie, degne dell’interpretazione di un poeta”. Espressione sbadata, anzi decisamente sbagliata se si pensa alla storia alla quale viene applicata.

 

 

 

La lingua non è un giocattolo, andrebbe usata con più attenzione. E poi: riscoperta di nuove opere. Cioè? Che vuol dire nuove opere? Ricerca negli archivi a caccia di qualche manoscritto perduto? Un po’ di serietà, per favore. C’è però un altro aspetto più preoccupante di queste definizioni da dilettanti, riguarda le nomine. I sindaci che finora sono stati presidenti d’ufficio, rappresentanti per così dire della loro città nel consiglio d’amministrazione, vengono accantonati, aumenta di conseguenza il peso del ministero.

 

 

 

lohengrin wagner

Questo a me pare il punto centrale. Si attribuisce alla potestà del governo una funzione, anche di controllo, finora opportunamente decentrata. Si prescrive che i teatri siano più attenti alle spese, pena una sospensione temporanea dell’attività; lo capisco; i tempi sono grami, i soldi scarseggiano.

 

Si dimentica comunque che lo spettacolo d’opera, fin dalla nascita, non è mai stato in attivo. Ci sono spettacoli dove agli applausi finali con tutti in scena, ai vede chiaramente che le persone sul palcoscenico eguagliano o sono più numerose di quelle in platea. D’altra parte è sempre stato così, le “epopee” costano.

 

 

C’è infine una piccola coda dove si nasconde un’altra dose di veleno. Il ministero finanziatore raccomanda la messa in scena più frequente possibile di testi legati alla tradizione nazionale; non basta: che siano il più possibile brevi. Secondo il sottosegretario Gianmarco Mazzi, che spinge fortemente per l’adozione del provvedimento, la durata di un’opera può essere un ostacolo per i giovani “quando un’opera supera le tre ore diventa eccessiva”.

JONAS KAUFMANN LOHENGRIN

 

Come si sa l’opera di Roma aprirà il 27 prossimo con il wagneriano Lohengrin che di ore ne dura quattro abbondanti. Aboliamo Wagner? Ci chiudiamo nel repertorio nazionale, magari con qualche taglio per non affaticare i giovani?

 

È davvero questo il modo migliore per avvicinarli alla musica? E se invece un po’ di musica s’insegnasse finalmente a scuola? Non qualche motivetto fischiettato sul flauto dolce, un insegnamento vero, solido, integrato da canto corale, dalla presenza a prove teatrali o di concerto, ogni volta che ce ne sia la possibilità.

Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk

 

Scorgo in questo progetto alcuni pericolosi segnali. Una maggiore ingerenza del governo coerentemente, del resto, con la riforma detta del presidenzialismo o quella della magistratura. Una preoccupante ignoranza di come funziona un teatro d’opera, la tentazione di un nazionalismo angusto, di corto respiro. I compositori italiani hanno dato luce al mondo, sia chiaro. 

 

(...)

 

Sono scelte che vengono da sole. Wagner però dove lo mettiamo? E Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Shostakovich con cui la Scala aprirà il 7 dicembre prossimo? Non sarebbe meglio su faccende di questa complessità chiedere consiglio a chi sa come maneggiare la materia?

gianmarco mazzi alessandro giuli