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URLO LIBERO! - GRIDA DI DOLORE, DI GODIMENTO, DI ESULTANZA E DI TERRORE: (QUASI) TUTTE IN MOSTRA A FRIBURGO - MANCA L’URLO SOTTO LA DOCCIA IN “PSYCHO” DI HITCHCOCK, E LA SERIE DI FILM DELL’ORRORE “SCREAM”

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Mariarosa Mancuso per “il Foglio”

 

In “Cabaret”, Liza Minnelli porta Michael York sotto il ponte della ferrovia, appena il treno passa si mette a urlare con tutta la forza che ha in corpo. Parecchia, visto che Sally Bowles, arrivata sullo schermo dal romanzo berlinese di Christopher Isherwood, poi consiglia come rimedio doposbronza un intruglio a base di uovo crudo, leggermente mentolato perché servito nel bicchiere del dentifricio. Funziona, garantisce, e tutti gli spettatori hanno sognato di farlo almeno una volta, se solo la ferrovia non fosse tanto distante.

 

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Gli amanti dell’urlo, non solo liberatorio, troveranno di che divertirsi con “Screamscape” mostra-convegno organizzato da Fri Art, il Museo d’arte contemporanea di Friburgo (tra Berna e Losanna). Dal 30 maggio al 6 giugno scorso ha ospitato nelle sue sale l’Institut international de recherche sur le cri: una settimana di scatenamento, con dotte relazioni e performance, culminate in una gara aperta al pubblico, la “Screambattle”. Si poteva gridare da soli o in gruppo, le registrazioni sono conservate appunto nella “Screambank”, o banca delle urla.

 

Grida di gioia, grida di terrore, grida orgasmiche, grida di rabbia, grida di esultanza sportiva, grida di dolore, grida animalesche, grida infantili: tutte numerate e conservate per i posteri, sul sito internet. Ad ascoltarle, si capisce che i partecipanti non aspettavano altro, e probabilmente hanno fatto allenamento a casa, vicini svizzeri e leggi antirumore permettendo (una curiosità, ripescata per un po’ di profondità storica, ricorda la raccomandazione ai pedoni di attraversare sulle strisce, così da non costringere gli automobilisti a suonare il clacson).

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C’erano naturalmente i laboratori dedicati alla creatività bambinesca, e un punto di ristoro dopo la maratona acustica. Oltre ai dilettanti, i professionisti: in programma, l’esibizione della scream queen giapponese Junko Hiroshige e di un artista americano che si fa chiamare Prurient, specializzato – per sua spontanea dichiarazione d’intenti – in rumori e suoni al limite della molestia.

 

Chiusi i lavori dell’Institut de recherche sur le cri (inventato di sana pianta per l’occasione, i curatori dei musei d’arte contemporanea amano gareggiare con gli artisti) resta una mostra sul tema, aperta fino al 26 luglio. Assente Liza Minnelli, l’urlo sotto la doccia in “Psycho” di Alfred Hitchcock, e la serie di film dell’orrore “Scream”, controcanto satirico sui film di paura (muore per prima la ragazza che fa sesso, e chi dice “torno tra cinque minuti” sarà cadavere prima che i cinque minuti siano passati).

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I curatori di musei d’arte contemporanea, e gli artisti che nelle sale dei musei sono ospitati, non amano il pop. Pura autodifesa: molte opere e molti video sono molto meno interessanti di quel che vediamo al cinema. Sarebbe stata bene, in mostra, una scena da “Jurassic World”, ultima puntata della saga iniziata da Steven Spielberg con “Jurassic Park” (anno 1993, il regista acquistò i diritti sul romanzo di Michael Crichton prima che uscisse in libreria).

 

Urla di umani in fuga e urla di velociraptor, che son stati clonati ma ancora sentono il richiamo della foresta. Ed è sicuro che il convegnista invitato a parlare sui gemiti dei film porno ha trascurato l’esibizione di Meg Ryan “Prendo anch’io quel che ha ordinato la signora”, in “Harry, ti presento Sally...” di Rob Reiner.

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Non pervenuto neppure “Monsters & Co” della Pixar, con le urla dei bambini che fanno girare le turbine. Energia ecologica e a buon mercato. Con il solo sacrificio dei mostri che sbucano dagli armadi e si nascondono sotto i letti, terrorizzati dai mocciosi. 

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