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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
di Caterina Soffici per “Il Fatto Quotidiano”
Il quotidiano inglese The Guardian cerca un nuovo direttore. E lo fa online, direttamente sul suo sito, uno dei più prestigiosi (gli scoop del Datagate e la pubblicazione dei file di Snowden sono valsi l’ultimo premio Pulitzer) e dei più letti al mondo (il terzo, per la precisione).
È una notizia nella notizia. Perché è difficile anche in Gran Bretagna, patria della meritocrazia e del libero mercato, che posizioni di questo rilievo siano cercate sul web. Normalmente le grandi aziende si affidano a società di cacciatori di teste, che forniscono una rosa di nomi papabili, poi mettono a confronto i candidati selezionati e si aggiudicano il migliore. Talvolta ci sono anche ulteriori selezioni interne, dove il candidato è fatto intervistare da tutti i manager e dai futuri colleghi, che vagliano la candidatura e dovranno votarla (motivando il giudizio negativo o positivo). Insomma, ogni persona che sta in un posto di rilievo - di norma - è passata per una selezione accurata.
Ma questa volta il Guardian vuole strafare. Nel nome della massima trasparenza e in linea con la fama di intransigenza del giornale, anche il direttore viene cercato con un annuncio nella sezione “Jobs, lavora con noi”.
Come un normale grafico o un semplice redattore di prima nomina, il successore di uno dei giornalisti più potenti e brillanti del mondo, dovrà inviare il suo curriculum online. “AAA direttore cercasi” va oltre lo stile tipico britannico. Perché chiunque, nel mondo dell’editoria mondiale, sa che l’attuale direttore Alan Rusbridger, 59 anni, ha annunciato le sue dimissioni ai primi di dicembre e che lascerà la direzione del Guardian prima dell’estate per entrare nel consiglio di amministrazione del Trust che guida il gruppo editoriale omonimo.
L’annuncio sulla pagina web ha un chiaro significato: niente manfrine. Niente nomine sotto banco. Niente raccomandazioni. Sceglieremo il candidato migliore, quello che sarà in grado di portare avanti il lavoro di Rusbridger, che nei suoi vent’anni di direzione ha gestito in maniera magistrale il passaggio all’online, innovando e creando un gruppo multimediale tra i più avanzati e interattivi del mondo, macchina da scoop e fucina di giornalismo investigativo.
Nell’annuncio di lavoro si precisa infatti che il successore di Rusbridger “dovrà proseguire nella sua evoluzione di società giornalistica globale e digitale”. Il candidato dovrà avere le seguenti caratteristiche: essere “credibile come leader di un’organizzazione giornalistica con ambizioni globali”. Avere un “background giornalistico fuori dal comune”. Essere un “innovatore”. Essere dedito “a un giornalismo indipendente e aperto”. Essere capace di “lavorare sotto pressione”. “Se pensate di avere queste caratteristiche” e siete disposti a lavorare “a tempo pieno”, si legge sul sito, basta compilare la domanda, allegare il curriculum, una lettera di referenze e quello che in tutto il mondo anglosassone è conosciuto come personal statement, ossia “in non più di mille parole” spiegare “la vostra visione per il futuro del Guardian”. Conoscendoli, sceglieranno preferibilmente un outsider. Probabilmente un giovane. Forse una donna. Ma sicuramente non sarà un raccomandato o uno yesman del potere.
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