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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
1.“Autostrade, regalo di Natale. Il governo taglia i guard rail”
di Antonello Caporale per “Il Fatto Quotidiano”
Anno nuovo, guard rail nuovi! Finalmente Autostrade per l’Italia e Anas possono fare risparmi e rientrare dalle spese. Un decreto del 6 ottobre scorso del ministero per le Infrastrutture indica le nuove misure delle barriere spartitraffico e di quelle laterali. Con una mossa a sorpresa, forse realizzata nello spirito di una spending review al contrario, i tutori saranno ridotti su circa duemila chilometri di autostrada di una trentina di centimetri di altezza, avranno una resistenza minore a contenere l’urto, in special modo degli autoarticolati, ma costeranno fino al 40% in meno.
Una befana magnifica per i concessionari della rete, che ridurranno di milioni di euro i costi per la manutenzione, ma una prospettiva meno ottimistica per la salute dei viaggiatori sfortunati, i protagonisti dei futuri testacoda che dovranno d’ora in avanti valutare per benino prima di mettersi in viaggio con la massa critica che trasportano.
Avete una Fiat Punto?Tranquilli allora. Un’Opel Corsa? Uguale. Se però avanzate con le classi e guidate un Audi, una Bmw o vetture dello stesso rango, di maggiore peso e consistenza, qualche problemino forse, nel caso la disgraziata traiettoria sviluppasse sul bordo strada una angolatura diversa da quella pianificata dai costruttori delle barriere più corte e leggere, potrebbero essere guai. Non parliamo poi dei camionisti che da soli muovono almeno 35 tonnellate di carico. Per circa duemila km avranno spartitraffico meno consistenti. Che Dio ve la mandi buona!
L’alleggerimento, come tutte le decisioni tartufesche, è ufficialmente invocato per “armonizzare” i guard rail nostri con quelli degli altri paesi europei. E dal momento che i nostri erano fatti meglio, più alti, più robusti (e naturalmente più costosi) scendiamo di un gradino per metterci alla pari. Scelta irragionevole perché i volumi di traffico stradale in Italia non sono affatto omogenei con quelli tedeschi o francesi. Il traffico giornaliero medio dei veicoli pesanti in Italia è di 9.302 unità, in Francia di 3.880, in Germania di 5.706 (fonte Asecap 2012). Il traffico segna proporzionalmente la quantità degli incidenti e, purtroppo, la gravità dell’infortunistica. Il decreto è stato preparato da Sergio Dondolini, a capo della direzione generale della sicurezza stradale ma anche consigliere di amministrazione dell'Anas. Pure qui un conflitto di interesse niente male perchè chi firma la prescrizione poi gode, nell'esercizio delle sue seconde funzioni, dei benefici economici connessi alla scelta effettuata.
Nella lettura di questo provvedimento, che contiene dettagli molto tecnici, ci siamo fatti aiutare dall'ingegner Mariano Pernetti, docente all'Università di Napoli della cattedra di Costruzioni di Strade, Ferrovie e Aeroporti. Quel che è certo è che si avrà un abbassamento delle soglie di attenzione. “Questa metamorfosi non si limita a un semplice aspetto formale, che porta a ridefinire al ribasso le responsabilità degli operatori del settore, ma introduce un effettivo abbassamento degli standard di sicurezza”. Se ieri lo Stato imponeva un livello sostenibile e accettabile di sicurezza, da domani quel livello si considererà raggiunto se le barriere sono a norma europea.
Scrive il ministero: “Evitare, nel rispetto delle condizioni d'urto contemplate nella norma Uni EN 1317-2, la fuoriuscita della piattaforma stradale”. Spiega Pernetti: “Se l'urto, a parità di energia trasversale, avviene in condizioni diverse da quelle contemplate non si è tenuti ad assicurare il contenimento. Vengono così ridotti i livelli minimi di contenimento delle barriere”. Per capirci su circa duemila chilometri di rete le barriere previste avranno una capacità di contenimento minore di quella necessaria per evitare la fuoriuscita dalla sede stradale di più di metà degli autoarticolati e autotreni a pieno carico.
Per capirci ancora meglio: prendendo in considerazione l'autostrada A16 dove il 29 luglio 2013 un bus sfondò la barriera di bordo ponte e persero la vita 39 persone, la proposta di norma consente di impiegare una barriera di classe H2 contro le attuali H3-H4. Quindi quell'incidente – se si riproponesse con le identiche dinamiche in quel luogo – risulterebbe fatale anche nel futuro! “Ma c'è di più – dice sempre Pernetti – Non viene imposta la necessità di adoperare barriere più robuste (classe L) sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali. Questo tipo di barriere sono le uniche che danno certezza del corretto contenimento delle autovetture tipo Audi, Bmw etc.
Quelle attualmente previste danno “certezza” alle sole autovetture tipo Fiat Punto, Opel Corsa etc. Sulle strade locali extraurbane si adopera un livello di contenimento che non è assolutamente adatto per contenere i piccoli autocarri e i furgoni a pieno carico”. La qualità delle barriere, la loro consistenza, è direttamente proporzionale al loro costo. Il costo di una barriera H3 è di circa il 10% in meno di una di livello H4. E una barriera H2, la più frequente d'ora in avanti, farà risparmiare un buon 40% ai concessionari. Ma esiste l'altro lato della medaglia.
Le statistiche ci dicono cosa cambia se una vettura o un autoarticolato “svia”, esce oltre la carreggiata e va a sbattere. Se tocca barriere a due onde nel 69% dei casi provoca solo danni materiali. Con una barriera a tre onde la percentuale sale al 75. Un urto contro una barriera a due onde, con velocità assimilabile alla media valutata, produce nel 26% dei casi incidenti con feriti lievi. Il medesimo urto contro una barriera a tre onde riduce la percentuale al 19. Nel 4% dei casi (barriera a due onde) i feriti sono gravi, soglia che però sale al 6 con le barriere a tre onde. Nell'un per cento dei casi gli incidenti provocano vittime se l'urto è contro le barriere più basse, mentre non si riscontrano decessi nel caso di strutture più robuste. Il decreto sarà efficace tra qualche giorno. Alla Camera è stata presentata il 22 dicembre scorso a firma Luigi Di Maio (Movimento 5 Stelle) un'interrogazione al ministro Lupi. Finora silenzio.
2. “Pedaggi più cari? Solo un assaggio. A giungo scatta l’altra stangata”
di Daniele Martini per “Il Fatto Quotidiano”
L’aumento dei pedaggi dell’1,5 per cento concesso ai signori delle autostrade dal governo di Matteo Renzi è solo l’anticipo. Il saldo ci sarà tra sei mesi. Il 30 giugno i concessionari quasi sicuramente potranno incassare quello che gli esperti del ramo chiamano il delta, il differenziale tra i rincari già ottenuti all’inizio dell’anno e la rimanenza calcolata in base ai parametri di ogni singolo contratto di concessione. L’incremento aggiuntivo dipende da ciò che deciderà l’Unione europea a proposito dell’iperbolico allungamento della durata delle concessioni, altro pacco dono gentilmente offerto tre mesi fa dal governo ai concessionari autostradali con lo Sblocca Italia.
maurizio lupi pennarello argento
L’EUROPA dovrebbe comunicare la sua valutazione entro la fine di gennaio e secondo tutte le più autorevoli previsioni esprimerà una bocciatura. Bruxelles considera abnorme il congelamento pluridecennale delle concessioni italiane in mano ai gestori attuali, un regalo che eliminando le gare offende la concorrenza. Dopo il probabile no europeo il rincaro bis di giugno scatterà automaticamente.
In pratica i signori delle autostrade saranno accontentati comunque dal governo e dal ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi. Se per caso l’Europa dovesse approvare l’allungamento delle concessioni, essi brinderebbero a champagne potendo continuare a usare i caselli per decenni come bancomat concedendo in cambio assai poco: la promessa di contenere gli aumenti dei pedaggi entro l’1,5 per cento l’anno a partire dal 2015 e per tutta la durata aggiuntiva della concessione. L’1,5 annuale non è un incremento modesto.
Facendo il calcolo sugli introiti 2013, la Brescia-Padova incasserà quest’anno 5,6 milioni di euro in più, le Autovie Venete, che nel frattempo hanno chiesto una proroga della concessione dal 2017 al 2038, 3,1 milioni, la Milano Serravalle-Milano-Tangenziali 3,7, la Strada dei Parchi (gruppo Toto) 2,7 milioni. Beneficiato di lusso sarà soprattutto il gruppo Gavio, diretto dal giovane Beniamino, uno dei supporter più convinti di Renzi, il quale vorrebbe un allungamento della concessione di 30 anni, fino al 2045.
In totale Gavio con l’aumento già ottenuto dal governo incasserà nel 2015 quasi 18 milioni in più, così ripartiti: Torino-Milano e Torino-Piacenza 6,7, Autostrade Valdostane 2,3, Autostrada dei Fiori 2,6, Autostrade liguri-toscane 3,2, Autocamionale della Cisa 1,6, Torino-Savona 1,2. Fuori dal gruppo ci sono le Autostrade centro-padane e Meridionali, le uniche con la concessione scaduta che sarà sicuramente messa a gara e alle quali non è stato quindi riconosciuto alcun aumento di pedaggio. Autostrade per l’Italia dei Benetton, infine, fa storia a sé. Grazie a un aumento leggermente inferiore all’1,5 (l’1,46 per la precisione) le autostrade Benetton nel 2015 avranno una crescita degli introiti di circa 50 milioni, ma non avendo chiesto alcun prolungamento della concessione (che comunque scade nel 2037) rinunciano in partenza alla tranche di giugno.
Nel caso in cui l’Europa bocci la proroga delle concessioni, i signori delle autostrade, da Gavio a Toto ed esclusi i Benetton, dopo aver incamerato per i primi 6 mesi dell’anno le cifre di cui sopra, potranno brindare di nuovo al rincaro estivo, che al momento è difficile da quantificare. Considerando che nel 2014 gli aumenti medi dei pedaggi furono di circa il 4 per cento, si può stimare che la differenza media con ciò che è stato già concesso dal governo sarà di circa 2 punti e mezzo. Gli aumenti di giugno dovrebbero quindi portare a spanne a un raddoppio dei rincari. Anche se ogni autostrada è un caso a sé pure per le tariffe essendo ogni concessionaria legata allo Stato da un contratto particolare, chiaro come la cabala, a riprova che quello autostradale più che un servizio regolato è una giungla.
STANDO così le cose chi ci rimette di sicuro sono gli automobilisti. Nell’ipotesi delle concessioni allungate ci rimetteranno perché costretti a viaggiare su autostrade rimaste sotto il tallone di gestori assai sordi alla necessità di migliorare la qualità del servizio. Nel caso in cui le proroghe vengano negate dall’Europa, dopo il primo aumento di gennaio cadranno inesorabilmente vittime della tegola di giugno.
3. “Molti soldi, pochi automobilisti: l’affare Brebemi (solo per Gavio)”
di Gianni Barbacetto per “Il Fatto Quotidiano”
Quando il 23 luglio 2014 il presidente del Consiglio Matteo Renzi tagliò il nastro, in un clima da cinegiornale Luce, aggiunse una nuova promessa: “Faremo crescere di un punto il Pil!”. Il presidente della Regione Roberto Maroni incalzò: “Questa è l’eccellenza lombarda che risponde a un decennale bisogno collettivo di trasporto”. Franco Bettoni, presidente della Brebemi inaugurata quel giorno, aveva gli occhi umidi e alzando due dita al cielo nel segno della vittoria gridò: “Non ci credeva nessuno, ma ce l’abbiamo fatta!”.
Per poi aggiungere, in anglo-lombardo: “Abbiamo realizzato la prima opera tangent-free”. Chissà se è vero. Certamente falso, invece, l’altro suo vanto: quello della “prima infrastruttura autostradale italiana realizzata in completo autofinanziamento senza oneri per lo Stato”. Cinque mesi dopo, è un disastro. Pochi utenti, servizio pessimo, tariffe altissime, conti che non tornano. E soldi pubblici in arrivo, per evitare il fallimento di un’impresa comunque fin dall’inizio finanziata solo per un quarto dai privati.
ROBERTO FORMIGONI IL PRESIDENTE BREBEMI BETTONI ROBERTO CASTELLI
La Brebemi è l’ultima arrivata delle autostrade italiane. Con la sigla A35 unisce Brescia a Milano, correndo sotto alla A4, la Milano-Venezia. È l’unica promessa mantenuta (finora) di Expo. Perché, annunciata 18 anni fa, è stata poi inserita nell’infinito elenco delle opere connesse all’esposizione universale 2015. Inaugurata in pompa magna a luglio, non è mai decollata. Il traffico previsto era di 60mila autoveicoli al giorno. La prima settimana sono stati soltanto 18mila. Ora sono cresciuti a 20mila, sempre ben lontani dagli obiettivi che farebbero quadrare i conti. Ecco allora il soccorso pubblico: grazie all’intervento del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, l’articolo 299 della Legge di stabilità mette sul piatto 300 milioni di euro, 20 milioni l’anno dal 2017 al 2031, per la “realizzazione di opere di interconnessione di tratte autostradali per le quali è necessario un concorso finanziario per assicurare l’equilibrio del piano economico e finanziario”.
INSOMMA: un consistente aiuto di Stato (che cosa ne dirà l’Unione europea?) per salvare dal crac la Brebemi. Che tutta privata non è mai stata: i soci industriali – il gruppo Gavio (12,75%), Pizzarotti (6,4%), Unieco (5,78%), la famiglia Mattioda (5,3%), – ci hanno messo meno di un quarto dei costi, saliti negli anni da 800 milioni a 1,6 miliardi (dunque raddoppiati) e diventati 2,4 miliardi con gli oneri finanziari. I 520 milioni dei soci privati sono quadruplicati grazie all’intervento della Cassa depositi e prestiti (che è controllata dal Tesoro) e della Bei (la banca europea), oltre che delle Camere di commercio, di una miriade di enti locali e delle banche italiane, innanzitutto Intesa-Sanpaolo, primo azionista con il 42,51%.
Falsa fin dall’inizio, dunque, la favola dell’autostrada tutta finanziata dai privati. E ora, dopo i primi cinque mesi d’attività (fallimentari), le lacrime di commozione del presidente Bettoni sono diventate pianto di disperazione e accorata richiesta d’aiuto pubblico. La società Brebemi, per rientrare nei costi, ha chiesto di prolungare la concessione, già di vent’anni, fino a trenta. Non solo: ha fatto richiesta di una defiscalizzazione Iva, Ires, Irap da 500 milioni. Maroni sta pensando a un finanziamento regionale da 60 milioni. Poi è arrivata la legge di Stabilità, che con i suoi 300 milioni ha fatto di più, per un’opera sostanzialmente inutile e mal progettata.
A Brescia non è raccordata con la A4 e alle porte di Milano finisce nel nulla dell’hinterland cittadino. Così chi deve percorrere il tratto Brescia-Milano può correre come un matto per i 62,1 chilometri del tracciato autostradale (senza autovelox, ma anche senza cartelli, senza pompe di benzina, senza autogrill), poi però deve rallentare e perdersi nelle strade provinciali per entrare a Milano. Pagando il doppio rispetto alla A4: da Brescia ovest a Milano est, il pedaggio è di 12,40 euro contro 6,30 per un’auto; 33,60 contro 15,30 per un Tir. Oggi è l’autostrada più cara – e più inutile – d’Italia. Da domani potrebbe avere anche il record di essere la più assistita d’Europa.
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