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Giuseppe Videtti per “la Repubblica”
Come dj ha avuto tutto e di più. Come produttore e remixer il privilegio di lavorare con Madonna e Lil Wayne, Rihanna e will.i.am, Lady Gaga e Britney Spears. Pioniere dell’electro house, campione del dance- pop, David Guetta, 47 anni, non rimpiange gli esordi in locali leggendari come Les Bains Douches della sua Parigi. «L’underground è affascinante», dice, «ma io volevo altro».
Si è preso la rivincita su quelli che consideravano i dj operatori musicali, ma anche su più intransigenti colleghi che hanno criticato le sue scelte commerciali. Se i rave sono usciti dal ghetto e i disc jockey sono diventati superstar il merito è anche suo. Sorprendente oggi ritrovarlo alle prese con un disco di canzoni, zeppo di ospiti eccellenti (Nicki Minaj, Emeli Sandé, The Script, John Legend, Sia), che già dal titolo ( Listen - Ascoltate , in vendita dal 24 novembre) pretende attenzione. «È una svolta. Sono di nuovo alunno sui banchi di scuola», esclama Guetta, infaticabile protagonista di affollatissimi dj set in giro per il mondo (ora è in Perù).
Quello tra dance e pop non è più un flirt, qui si celebra il matrimonio.
GRAMMY 2012 - DAVID GUETTA E CHRIS BROWN
«Avevo bisogno di reinventarmi. Impossibile continuare a fare questo lavoro senza l’eccitazione e la motivazione degli esordi. Volevo ricominciare da zero, cimentarmi in qualcosa di nuovo. Le vecchie formule erano logore, la routine in agguato. Sono arrivato a un punto della mia vita in cui ho cominciato a pormi molte domande, non ci sarebbero state risposte se non avessi cominciato a correre dei rischi, se non fossi stato sincero con me stesso e onesto con il pubblico».
Dunque, qual è stata la risposta?
«Scegli la strada più difficile e coltiva la passione ».
Complicato coinvolgere nel progetto tante star di estrazione diversa?
«L’atteggiamento iniziale di artisti come John Legend e Emeli Sandé è stato, che c’entro io? Conoscevano i miei successi ma non erano al corrente delle nuove intenzioni. Certo, è stato più facile con Sia, che con la quale avevo già collaborato, o con Nicki Minaj, che ha molte affinità con la mia musica».
Non ha mai avuto la tentazione di cantare da solo?
«No, proprio perché amo le canzoni non ho mai voluto correre il rischio di distruggerle. Però, nella mia carriera, rispetto a altri dj, ho sempre messo in bella evidenza le parti vocali».
Quali sono i generi musicali che l’hanno influenzata di più?
«Il funk, soprattutto. Ero un avido ascoltatore di James Brown, Michael Jackson e Prince».
La sua carriera dagli anni Ottanta al nuovo millennio non ha conosciuto battute d’arresto, neanche all’inizio, quando la dj culture era considerata un sottoprodotto.
«Da adolescente era un gioco, non avevo una visione esatta di quel che volevo dalla vita e dalla musica. Le cose cambiarono quando negli anni 90 la dj culture diventò un social statement e la polizia cominciò a reprimere anche violentemente i rave. Fu un periodo molto frustrante, i gestori dei locali si rifiutavano di suonare musica house, le radio ci ignoravano, ma fu proprio in quel momento che mi resi conto del nostro potere. E cominciai a lavorare affinché ci fosse riconosciuta la stessa dignità del rap e del rock. Ci sono voluti vent’anni ma ce l’abbiamo fatta».
MTV EMAs: JESSIE J E DAVID GUETTA
Tradizionalmente i dj erano quelli che facevano ballare la gente con i dischi degli altri, voi cominciaste a far tutto da soli. Si è sentito sottovalutato come artista?
«Umiliato anche. Non capivano che far ballare la gente è la cosa più nobile e esaltante che un artista possa riuscire a fare. È il sogno segreto di qualsiasi popstar, anche delle più impegnate. Il ballo è una celebrazione della musica. Per me non è mai stato un limite, ma un incentivo. Ci guardavano di traverso, come se la nostra non fosse vera musica. Ridicolo».
E oggi?
«La situazione si è ribaltata. È il più grande movimento musicale del pianeta».
La rave culture è più che mai viva: ormai i riti non si celebrano più in segreto, ma a Glastonbury e Coachella.
«Proprio per le dimensioni che ha acquistato, ha perso il potenziale eversivo, è protagonista dei grandi festival. Era lì che volevamo arrivare; Internet, i social e lo streaming ci hanno dato l’aiuto che l’industria e i media ci negavano ».
Invecchiare può essere un problema per un dj?
«Perché mai? I dj più influenti, come Junior Vasquez (65 anni) e Frankie Knuckles (morto il 31 marzo di quest’anno a 59) non hanno conosciuto battute d’arresto. Il dj ha la stessa età della musica che suona, se quella è giovane lo è anche lui».
Quindi nessun sacrificio a fare le ore piccole tutte le sere.
« Sacrificio? Quando dalla pista arriva quell’energia mi sento più in forma di un ventenne. Tutto dipende dalla passione che ci metti. Ci sono scienziati che a novant’anni sono proficuamente impegnati nella ricerca».
Cosa dice oggi a tutti quelli che sbeffeggiavano la dj culture?
«Non sono un tipo vendicativo. La risposta è nella forza della nostra musica, entrata di prepotenza nel mainstream».
Tre anni per realizzare questo disco; cos’ha imparato da questo nuovo processo?
«A badare all’essenziale. Quando sei un abile produttore hai mille modi per ingannare il pubblico. Ma alla fine, se hai una grande canzone, bastano una voce e un pianoforte per creare la magia».
Emeli Sande ai Brit Awards
john legend ai bet
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