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Michele Anselmi per "il Secolo XIX"
à andata come previsto dal "Secolo XIX" venerdì scorso: "Terraferma" di Emanuele Crialese è stato designato dall'Italia nella corsa all'Oscar. Attenzione: designazione non significa candidatura. Bisognerà attendere il 24 gennaio per sapere se entrerà nella cinquina (allargata) riservata al miglior film straniero. La lista è affollata, quasi 70 titoli da tutto il mondo. E fresco il ricordo di ripetute esclusioni. Pensate: in tutto lo scorso decennio solo una volta, nel 2006 con "La bestia nel cuore", l'Italia è riuscita a infilarsi nel cerchio fortunato, senza peraltro vincere la statuetta.
Non che fosse così difficile anticipare il verdetto della commissione riunitasi ieri mattina all'Anica. Decisione veloce: un'ora e mezza in tutto. Si sapeva da tempo che il film di Crialese, targato Cattleya-Raicinema, sarebbe stato scelto, tanto più dopo essere tornato da Venezia con il Premio speciale della giuria generosamente attribuitogli da Darren Aronofsky.
Difficile prevedere, al contrario, che "Terraferma" avrebbe dovuto misurarsi, nel rush finale, non con "Habemus Papam" di Nanni Moretti e "Noi credevamo" di Mario Martone, bensì con l'indipendente "Corpo celeste" di Alice Rohrwacher, sorella di Alba.
Nella terza votazione, la decisiva, "Terraferma" ha infatti battuto "Corpo celeste" per 6 a 3. Curioso, no? Così i due scrutini precedenti. Nel primo, che assegna tre preferenze per giurato, 8 voti a "Corpo celeste", 7 a "Terraferma", 5 ad "Habemus Papam", 4 a "Noi credevamo", 1 a testa a "Tatanka", "Notizie degli scavi" e "Nessuno mi può giudicare", nulla a "Vallanzasca - Gli angeli del male". Nel secondo, 5 a "Terraferma", 3 a "Corpo celeste", 1 a "Noi credevamo".
Insomma, Moretti non è mai stato in lizza, e un po' dispiace perché la commedia sul pontefice che si sente inadeguato al cimento, buffa e malinconica insieme, girata da un ateo tra cardinali rubizzi, forse aveva qualche carta da giocare nella partita per l'Oscar. Di sicuro più del rigoroso affresco risorgimentale, in chiave pessimista-meridionalista, firmato da Martone. Invece è stato "Corpo celeste", aspra meditazione su commerci religiosi e adolescenze turbate, a imporsi sui nomi di spicco.
Che i nove esperti, pur laureando il politicamente corretto "Terraferma", abbiano voluto spedire un segnale? Per la cronaca, la commissione era formata dai registi Luca Guadagnino e Marco Bellocchio, dalle produttrici Francesca Cima, Tilde Corsi e Martha Capello, dal distributore Valerio De Paolis, dalla presidente degli esportatori Paola Corvino, dal critico di "Variety" Nick Vivarelli e dal Direttore generale cinema Nicola Borrelli.
«Come mi sento? Felicissimo e onoratissimo, anche se non posso dire che me l'aspettassi, ma solo che lo speravo» è stato il primo commento di Crialese. Fingiamo di credergli. Il 46enne regista romano, di origini siciliane ma con studi newyorkesi, ringrazia tutti: «Non parlerei di concorrenza, ma di una bella squadra composta da colleghi stimatissimi, insomma non mi sono mai sentito davvero in gara con loro».
Chissà se ce la farà ad arrivare al Kodak Theatre il 26 febbraio. Lui si augura di colpire emotivamente al cuore i giurati dell'Oscar, e il tema dell'immigrazione dall'Africa certo aiuta, insieme al colorito-epico ritratto della vita isolana; però teme anche che «questo film fatto in sottrazione» non sia capito, «perché gli americani, come si sa, amano le spiegazioni, poco i vuoti nella sceneggiatura e i finali aperti». Fossero questi i difetti di "Terraferma"...
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