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“HO PROVATO ATTRAZIONE PER UN UOMO” – AMORI, BOLLORI E SUPERCAZZOLE DI CESARE CREMONINI: “NON HO AVUTO ESPERIENZE OMOSESSUALI, MA HO LEGATO LA MIA VITA A UNA VISIONE IN CUI FOSSE NATURALE L’INCLUSIVITÀ E IL PIACERE COME SENSO DEL VIVERE” (MA CHE VORDI?) – “GIORGIA CARDINALETTI? LA NOSTRA STORIA È FINITA, MA LEI È CENTRALE, È APPENA USCITA ‘RAGAZZE FACILI’, UNA CANZONE SCRITTA GRAZIE A LEI, PERCHÉ MI HA CHIESTO UNA COSA CHE PUÒ CAMBIARE LA VITA DI UN UOMO. IL CORAGGIO DI AMARE” – "MELONI O SCHLEIN? NESSUNA DELLE DUE, LE LEGGI DEL TIFO LE APPLICO SOLO AL BOLOGNA" -  QUANDO CONVINSE LA MADRE A DIVORZIARE, E QUELLA VOLTA CHE SALVÒ LA VITA AL PADRE... - INTERVISTA BY CAZZULLO - VIDEO

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Estratto dell'articolo di Aldo Cazzullo e Sandra Cesarale per il “Corriere della Sera”

 

CESARE CREMONINI LUCIO DALLA

Cesare Cremonini, perché Lucio Dalla chiamava sua madre?

«Le chiedeva: signora, come mai non posso essere amico di suo figlio?».

 

Finché...

«Gli telefonai io, qualche anno prima che morisse: voglio prendere un caffè da te. E lui: vieni, sono con De Gregori. Andai a casa sua, ricordo che sull’ascensore intravedevo la collezione d’arte di Lucio, più salivo e più aumentava, fra coccodrilli e maschere africane.

 

Arrivai all’ultimo piano, dove c’era un terrazzino, parlammo tutti e tre di “Com’è profondo il mare”. Poi, in salotto, mi fece suonare il suo pianoforte, uno Steinway antichissimo. Sul pianoforte c’era un foglio con su scritto a mano: “Vorrei essere una rondine...”. Un appunto rimasto lì dove era stato pensato».

 

Lei cosa vorrebbe fare?

FIORELLO BIGGIO CESARE CREMONINI

«La libertà è la mia strategia».

 

Perché?

«La mia è una storia articolata e complessa, con un sottotesto di manipolazione, di costrizione a una realtà che non esisteva».

 

Costruita da chi?

«Dal mio ex manager Walter Mameli. È stato il mio scopritore, ma mi ha anche imprigionato: vivevo in un castello dorato, però mi era negata la possibilità di avere a che fare con qualunque essere umano che facesse parte del mio ambiente. Compreso Lucio».

 

Fino a cinque anni fa.

I LUNAPOP NEL 2001

«Quando me ne sono liberato. È stata una rottura difficile. Sto riprendendo possesso di me, con calma ma con grandi risultati. Questa nuova apertura verso il mondo mi fa sentire un esordiente. Le collaborazioni con Luca Carboni, Elisa, Lorenzo Jovanotti derivano da un enorme fallo di reazione a una costrizione gigantesca».

 

Da questa apertura è arrivata La Santa Pennicanza.

«Avevo chiamato Fiorello per fargli gli auguri per il nuovo programma. Lui ha buttato lì: fammi una sigla. Gli ho risposto di sì, ma non ho dato troppo peso alle sue parole perché sapevo che lo aveva chiesto a tanti altri.

 

valentino rossi lucio corsi cesare cremonini jovanotti

Però la Pennicanza mi era entrata nella testa: una parola inventata, intelligente, con un bel suono. E quando c’è qualcosa che mi colpisce io non devo fare niente, perché scrivere canzoni non è un lavoro, non ci sono libri o università che ti spiegano come farlo.

 

Così una domenica mattina mi sono svegliato alle 7 con la prima strofa in testa: “La Pennicanza è una sostanza che si consuma dopo i pasti in abbondanza…”. E mi sono ritrovato al pianoforte, l’ho scritta e registrata con una band. Ho chiamato Fiore: non ho una sigla, ho una canzone».

 

Renzo Arbore ha detto che avrebbe potuto cantarla lui.

ANDREA MINGARDI - CESARE CREMONINI - LUCIO DALLA

«Renzo Arbore è il mio modello. Lui, come la Rai degli anni 60 e 70, ha connesso la cultura popolare con l’intrattenimento. Il nazionalpopolare alto non esiste più. Oggi si punta al basso, all’omologazione».

 

È un nostalgico?

«No, perché sono il frutto di un grande revival, quello degli anni 90 che hanno riportato tutti indietro nel tempo. Siamo ripartiti dai Beatles, da Aretha Franklin, Nina Simone, dalla psichedelia, sono tornate le canne, anzi i bong... tutto quello che era stato ingenuamente vissuto nei 60 e 70 da una generazione è ritornato in maniera rimescolata».

 

All’inizio degli anni 90 sembrava che fosse finita la storia, con la vittoria della libertà.

«C’è stato un momento in cui ho avvertito che la globalizzazione avrebbe salvato il mondo. Mtv apriva la musica verso nuovi orizzonti, il Medio Oriente era davanti a Clinton per stringergli la mano, papa Giovanni Paolo II abbatteva i muri, liberandoci dalla schiavitù della guerra fredda.

cesare cremonini martina maggiore 33

 

Ci sono stati anche drammi che hanno segnato prepotentemente la mia generazione: la guerra in Jugoslavia, le morti di Falcone e Borsellino. Tutto si è infranto con il G8 di Genova e l’11 settembre. I politici non capiscono: passa il tempo, i nomi restano. Sono sempre gli stessi, anche se cambiano corpo».

 

Per esempio?

«Fascismo, mafia, autoritarismo esistono ancora, sotto altre forme. È pericolosissimo dire che oggi l’autoritarismo non c’è perché siamo in democrazia. O che il fascismo non esiste perché non c’è più Mussolini».

 

Il fascismo esiste ancora?

VASCO ROSSI E CESARE CREMONINI SOTTO I PORTICI DI BOLOGNA

«Mio padre si definiva anti comunista e anti juventino. Quando il partito comunista di Fausto Bertinotti venne fatto fuori dal parlamento, con il berlusconismo, mi disse: “È un peccato.” Oggi chi lo direbbe?

 

Ma c’è una forma di autoritarismo in Italia?

«La vedo ovunque. Per me c’è autoritarismo anche nel mio piccolo mondo della musica, un business cieco che porta corporate tipo Spotify a essere un modello unico di fruizione della musica. Il digitale al 100% a chi giova? Lo stesso vale per l’Intelligenza artificiale. La verità è che la produzione e il profitto devono aumentare. Sempre. L’individualismo di pochissimi pesa sulla pelle di miliardi di persone».

 

Meloni o Schlein?

schlein meloni

«Nessuna delle due, le leggi del tifo le applico volentieri soltanto al Bologna. La mia prospettiva è quella di un artista che dal palco guarda la gente. E quello che vedo è che per un ragazzo o una ragazza di oggi tre anni di governo sono una vita che vola via».

 

Ma lei da che parte sta?

«Il mio cuore è tinto di rosso come i tetti di Bologna. Ma la politica di questi anni ha la bussola impazzita e ci rende spesso daltonici. Quando guardo figure come il cardinale Zuppi, che è un amico, come per miracolo mi torna la vista».

 

[...]

[...]

elisa e cesare cremonini con i tortellini

 

Quali porte le ha aperto la scrittura?

«Una volta ho mandato una mail a Vasco per coinvolgerlo nel numero di un magazine.

L’argomento era: vivere. Solitamente lui risponde in maniera pacata e concisa, ma riuscii ad aprire un varco nel suo cuore, un cuore difficile da raggiungere. Incredibilmente fece un articolo in cui parlò della sua depressione, della sua vita. Si espose. Si diede».

 

Lei ha definito Vasco patrimonio dell’umanità.

«L’ho incontrato sotto i portici di Bologna. Prima di salutarlo l’ho voluto abbracciare più volte, non lo lasciavo andare. Un abbraccio era per dirgli grazie per la sua musica, un altro per aver sopportato il peso di essere Vasco Rossi fino ad ora. Un altro ancora per i suoi occhi inquieti che parlano e ammoniscono tutti. Sembrano gridare: dobbiamo perdonarci».

cesare cremonini con il padre

 

Quando vi siete incontrati per la prima volta?

«Nel backstage di un suo concerto. Avevo 24 anni: “Mi hai commosso” gli dissi. Lui mi guardò attraverso il filtro degli occhiali blu: “È la forza della musica”».

 

Anche con Elisa vi siete conosciuti durante un live.

«Nel 2000, a Udine, dietro le quinte di un concerto dei Lùnapop. Era come mettere insieme il diavolo e l’acqua santa. Io suonavo in uno stadio, all’apice del successo, lei era una ragazza timida e delicata, veniva dalla scuola Caselli, una scopritrice di talenti a cui la musica italiana deve tanto. Io ero un indipendente, una specie di prodotto punk, nessuna major voleva produrci».

 

cesare cremonini

Cos’è che vi unisce adesso?

«Sappiamo maneggiare la musica. Possiamo essere burattini, ma anche burattinai di noi stessi, quindi autonomi e liberi».

 

Ha salvato la vita a suo padre.

«Ero con lui a cena in un ristorante, la Cesarina, dove andava sempre Lucio. Da quando si era separato da mamma che l’aveva mandato via di casa, a volte dopo il lavoro mi chiedeva di cenare con lui».

 

Di cosa si era stancata sua madre?

«Di un marito che le diceva che persino il cinema era di troppo per lei perché aveva dei figli da seguire. Avevo 12 anni o poco più quando una notte, vedendola piangere, andai in camera e le dissi: mamma, non è difficile, bisogna che lo lasci. Lei mi prese sul serio, il giorno dopo mio padre era in campagna insieme al cane. Mio fratello e io restammo con lei a Bologna».

 

cesare cremonini damiano david

Di solito i bambini tentano di tenere i genitori insieme. Lei invece ha convinto sua madre a mandare via suo padre. Forse l’ha salvata.

«Credo si sia salvata da sola. In casa eravamo tre maschi, famiglia del ceto medio bolognese, padre medico con tre specializzazioni che aveva sposato una sua paziente di 22 anni quando lui ne aveva già 52. Mia madre aveva bisogno di un alleato. Io sicuramente lo sono stato e lo sono ancora oggi, per sensibilità e passione verso l’arte, la comunicazione, la libertà».

 

Sua mamma è una figura centrale per lei.

«L’ho vista soffrire tanto non solo per mio padre. In casa ha aleggiato una forma depressiva, una palla infuocata che ci siamo passati a vicenda. Ho visto una persona molto imprigionata e molto sacrificata. Lei mi ricorda il diritto alla libertà, alla creatività, all’espressione di sé».

Cesare Cremonini con la madre Carla Caprara

 

Come va con il mostriciattolo verde, la lieve forma di schizofrenia?

«È un percorso che continua. Sono due anni che prendo medicinali con costanza e questo mi permette di accettarmi come una persona che deve essere curata, mi dà anche una forma di pacatezza. Sono felice la mattina quando vado in cucina, mi preparo il caffè e vedo quelle pillole, rappresentano l’accettazione di me stesso».

 

Diceva di quella sera con suo padre da Cesarina.

cesare cremonini

«Ero già adulto, seduto a un tavolo con lui, davanti a un tortellino. Mi accorsi che non riusciva a parlare. Gli versai dell’acqua ma ero talmente terrorizzato che uscì dal bicchiere perché continuavo a guardarlo e a chiamarlo, dopo poco riuscì a dire qualche parola e lo portai a casa. Decisi di dormire con lui, spensi la luce: “Buonanotte”. Non rispose, era in coma. Lo portai al pronto soccorso del Bellaria, venne operato d’urgenza».

 

Cosa era successo?

«Aveva avuto un ictus micotico doppio, lo salvarono per un soffio. Dopo un mese lavorava di nuovo. Quel mese fu l’unico in cui mia madre non ebbe una sgridata».

 

La musica quando comincia per lei?

«Mia madre voleva che diventassi un concertista, i professori dicevano che ero portato, avevo orecchio. Provarono a iscrivermi al Conservatorio, feci l’esame, mi ammisero, ma io ero innamorato».

 

Di chi?

«Della bambina al primo banco, Margherita.

Le dedicai diverse canzoni».

 

cesare cremonini caterina licini

Non era corrisposto?

«No, non ero il bello della classe, e questo ha contribuito enormemente alla mia carriera iniziale. Perché non è mai il bello della classe che scrive le canzoni».

 

L’amore con Giorgia Cardinaletti?

«È centrale, è appena uscita “Ragazze facili”, una canzone scritta grazie a lei, perché mi ha chiesto una cosa che può cambiare la vita di un uomo».

 

Cosa?

CESARE CREMONINI A PETTO NUDO A SAN SIRO

«Il coraggio di amare. Ho sentito fortemente questa richiesta, ma non ero in grado di farlo perché ero circondato da alibi, fantasmi che io chiamo metaforicamente Ragazze facili: non sono solamente figure che ti circondano, ma è il mondo che ti costruisci per non affrontare te stesso. Questa canzone ha rotto una diga, un argine che mi teneva fermo da anni. Sembra banale, ma si muore o ci si ammala per l’incapacità di amare».

 

Ma la vostra storia continua o è finita?

«Non c’è più».

 

È single?

«Sono innamorato, non vado oltre».

[...] Ha mai provato attrazione per un uomo?

«Certo. Su un braccio ho tatuato Freddie Mercury! A me sono arrivati come un bagaglio culturale i fumetti di Andrea Pazienza, la cultura underground di Bologna, le serate all’Arcigay, la vicinanza con il mondo della musica elettronica di Riccione, il Cocoricò, il travestitismo. Un mondo che non aveva generi da dover specificare».

GIORGIA CARDINALETTI ANNUNCIA IL SERVIZIO SU CESARE CREMONINI AL TG1

 

Ha avuto esperienze omosessuali?

«No, però ho legato la mia vita a una visione in cui fosse naturale l’inclusività e il piacere come senso del vivere. Tanti pensano che il sesso sia un esperimento. Io sono convinto del contrario. L’amore è sperimentale, il sesso è metodico. Io sono sperimentale».

 

Cosa si fa dopo aver riempito gli stadi?

«Io ho comprato un sassofono, sto imparando a suonarlo, è una mano tesa verso le persone, rappresenta il piccolo, il suono e il calore dell’essere umano. Oggi c’è la convinzione che suonare in uno stadio dia uno status di credibilità. Per me è la cosa più antica che si possa dire, oltre a togliere l’identità al pubblico che diventa boato, massa, business».

 

giorgia cardinaletti cesare cremonini

Quindi con gli stadi ha chiuso?

«Ancora per quest’anno andrò avanti. Ho un obiettivo: portare la musica pop rock italiana negli spazi che hanno ospitato i grandi della storia del rock. Poi ritornerò con piacere nei più intimi Palasport».

 

Adesso qual è il sogno che insegue?

«Il mio sogno è e sarà sempre lo stesso: di tenere insieme, raccontare una storia che unisce diversi artisti ed epoche per parlare a un pubblico che vorrei unito sotto uno stesso cielo. Nel prossimo album, forse non da solo, magari con uno come Lucio Corsi, proverò a recuperare la musica popolare del Derby di Milano. Gaber, Jannacci, Fo, Cochi e Renato hanno ritratto l’Italia attraverso l’ironia, una delle mosse di karate per sconfiggere la disperazione».

MARTINA MAGGIORE ESCE DA SAN SIRO DURANTE IL CONCERTO DELL EX CESARE CREMONINI cesare cremonini e giorgia cardinaletti insieme in barca foto diva e donna il bacio tra cesare cremonini e giorgia cardinaletti foto diva e donna giorgia cardinaletti cesare cremoninigiorgia cardinaletti cesare cremonini 1giorgia cardinaletti cesare cremonini 2CESARE CREMONINI A SAN SIRO