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Anais Ginori per “la Repubblica”
È giovane, carino, ha studiato nelle scuole giuste, è brillante e preparato quando parla. Eppure proprio l’immagine perfetta di Mathieu Gallet sta diventando un punto debole, il bersaglio di malignità più o meno fondate. Il presidente di Radio France è finito al centro di una dura vertenza. Contro il suo piano di ristrutturazione gli oltre 4mila dipendenti del servizio pubblico radiofonico hanno spento le antenne.
Da ormai 18 giorni, i francesi abituati a svegliarsi con trasmissioni e dibattiti seguitissimi, si devono accontentare di musica e notiziari ridotti: neppure l’aereo schiantato nelle Alpi e le elezioni dipartimentali hanno interrotto lo sciopero a oltranza, il più lungo da anni per uno dei principali gruppi radiofonici d’Europa.
La colpa di Gallet è aver annunciato tagli drastici e la fusione di diversi servizi per ripianare il megadeficit da 21,3 milioni di euro. Una manovra che secondo i lavoratori «minaccia il modello di radio del servizio pubblico». Il conflitto sindacale si è radicalizzato, anche perché si è scoperto che mentre Gallet predica frugalità per Radio France intanto ha speso quasi 100mila euro per rifare il suo ufficio di rappresentanza e ha dato 90mila euro al consulente in comunicazione.
Il ragazzo prodigio di Radio France ha fatto insomma più di un passo falso, ma è diventato il capro espiatorio di una situazione di cui forse non è l’unico responsabile. «È una crisi politica e esistenziale» ha scritto il quotidiano Le Monde. Il servizio pubblico francese, finanziato in gran parte dal canone, conosce difficoltà simili ad altri gruppi europei.
In un nuovo rapporto, la Corte dei Conti ha denunciato la deriva di bilancio aumentata del 27,5%, proponendo la fusione delle redazioni di France Inter, France Info e France Culture, nonché l’unificazione di due orchestre. Una cura che Gallet ha rifiutato, ma non è stato sufficiente.
L’assemblea generale dei dipendenti ha votato ieri una mozione di sfiducia nei suoi confronti, confermando il blackout sulle frequenze fino a martedì. Il presidente di Radio France è stato convocato dalla ministra della Cultura, Fleur Pellerin. Anche Manuel Valls ha lanciato un appello per riprendere le trattative.
Nel governo c’è imbarazzo. In teoria, la politica dovrebbe restare fuori dalla vertenza. Gallet non è stato nominato dal governo ma dal Conseil Supérieur pour l’Audiovisuel (Csa), authority indipendente, secondo una recente riforma. Il conflitto dimostra invece che è ancora complicato per lo Stato rispettare l’autonomia del management.
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