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IL CINEMA DEI GIUSTI
Con i film scolastici si sbaglia raramente. Un pizzico di lotta di classe, un po' di Leopardi, un po' di "Cuore" di De Amicis, qualche figurina di professore indovinata e una marea di ragazzi freschi e simpatici. Da "Terza liceo" di Luciano Emmer a "La scuola" di Daniele Luchetti fino alle insegnanti scollacciate con Edwige Fenech e Mario Carotenuto il genere ha sempre tenuto.
Anche questo nuovo film scolastico romano, "Il rosso e il blu", che Giuseppe Piccioni ha tratto dal romanzo omonimo di Marco Lodoli, ha un suo funzionamento immediato. Riccardo Scamarcio, che ancora ricordiamo come protagonista della serie tv "Compagni di scuola", è un fresco supplente di lettere che arriva in un liceo non troppo in forma della capitale, e si ritrova davanti la solita classe di ragazzini ignoranti e sfrontati.
C'è quello che fa ridere tutti, il secchione, che stavolta è rumeno, Adam, interpretato da Ionut Paun, la ragazzina precoce che non vuole studiare, Angela Mordini, interpretata con piglio sicuro da Silvia D'Amico, la cozza, ecc. E poi ci sono gli altri professori, il cinico, malamente invecchiato professor Fiorito di Roberto Herlitzka, che considera tutti i ragazzi dei mentecatti irrecuperabili, la preside Margherita Buy, insicura, sposata col buffo Gene Gnocchi, che rimarrà invischiata nella cura di un ragazzino malato e abbandonato dalla madre, Brugnoli, interpretato da Davide Giordano.
Piccioni e Lodoli non puntano al degrado scolastico e urbano o alla storiella con morale, come accade nel più complesso "Detachment" di Tony Kaye, dove il supplente Adrian Brody si lega salvandola a una piccola prostituta, i loro sono più degli appunti affettuosi e ironici sui tentativi più o meno maldestri e paurosi di contatti umani e sentimentali tra allievi e professori.
Scamarcio cerca di recuperare la forse insalvabile Mordini, Herlitzka si ritrova a contatto con una vecchia alunna che lo vuole rivedere, la Buy finisce per fare da madre a Brugnoli. Purtroppo il gioco, se funziona nella prima parte del film, non riesce poi a sviluppare delle vere trame accattivanti e tutto sembra un po' ripetersi perdendo freschezza e spontaneità nella seconda parte.
Inoltre, se gli adulti, soprattutto Herlitzka e Scamarcio, si divertono nel costruirsi dei personaggi originali e di sicura simpatia, mentre la Buy rimane un po' sacrificata dal ruolo, i ragazzini sembrano già muoversi con i tic dei nostri attori più noti, come se Piccioni chiedesse loro di rifare Rubini o la Golino.
Funziona la malinconia di fondo che lega tutti i personaggi, ma certe situazioni, come quella del ragazzino rumeno con padre benzinaio legato a una Lolita roscetta rimane un po' in aria e non viene spiegato nemmeno il cambiamento del personaggio di Herlitzska, che nella prima parte del film funziona da narratore e vero motore della storia, con un cinismo un po' alla "Scialla", per poi diventare una figurina troppo buona.
Per fortuna l'arrivo del vecchio Roberto Brunetti, più noto un tempo come Er Patata, agita un po' la scena delle visite dei genitori con un gran numero da padre coatto che si infuria quando Scamarcio gli chiede come si esprimono a casa.
Detto questo, vista la fragilità del film e la sua natura di commedia, è forse stato un bene proteggerlo e non portarlo a Venezia, dove avrebbe rischiato qualche critica pesante e inopportuna. In sala dal 21 settembre.
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