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Gloria Satta per “il Messaggero”
antonio e marco manetti con le mogli
«Come fare un goal al novantesimo minuto in finale ai Mondiali: ecco cosa abbiamo provato. Man mano che i premi venivano consegnati agli altri, perdevamo le speranze. Invece...».
Invece i Manetti Bros, cioè i fratelli Marco e Antonio Manetti, 49 e 47 anni, romani del quartiere Delle Vittorie («ma ora si dice Della Vittoria»), hanno trionfato ai David di Donatello: il loro coloratissimo crime-musical di sapore napoletano Ammore e malavita, candidato a 15 statuette, ha vinto come miglior film, per l'attrice non protagonista Claudia Gerini, per i costumi, per le musiche, per la canzone.
INDIPENDENTI
Si tratta di una consacrazione per i due cineasti indipendenti venuti da lontano, cioè dal mondo dei videoclip, autori di film cult come Zora la vampira, Song 'e Napule e orgogliosi della propria «estrazione cinematografica non borghese». Sempre insieme sul set «litigando ogni giorno ma vedendo le cose dalla stessa prospettiva», i Manetti hanno passato la notte magica dei David festeggiando e rispondendo ai mille messaggi che grandinavano sui social.
«Dopo la cerimonia siamo rimasti al freddo sul red carpet ad abbracciarci e scattare selfie», raccontano all'unisono. Ore di sonno totalizzate: tre. «Ma va bene così, siamo felicissimi, questi premi rappresentano un riconoscimento della nostra coerenza. Nel corso degli anni siamo rimasti noi stessi, liberi di fare il cinema che ci piace», dice Antonio.
manetti bros ammore e malavita
Aggiunge Marco: «La soddisfazione più grande è pensare che i David ci sono stati assegnati da quel sistema da cui ci siamo sempre tenuti fuori e verso il quale non siamo stati tenerissimi. Aveva tutto il diritto di non amarci, invece ci ha premiati».
L'incontro con Steven Spielberg, David alla carriera, rimarrà impresso nella loro memoria: «È stato proprio lui a darmi la voglia di diventare regista», rivela Marco, «senza i suoi film Incontri ravvicinati del terzo tipo, ET, I predatori dell'arca perduta e Lo squalo oggi non sarei qui».
Il trionfo di Ammore e malavita, andato bene anche nelle sale, significa che gli italiani sono pronti ad apprezzare un cinema fuori dagli schemi? «Il pubblico è sempre maturo e curioso», rispondono i Manetti, «ma anche l'industria comincia ad accogliere i film originali».
Paolo Del Brocco, amministratore di RaiCinema (18 David in totale) s'inchina ai due registi «che hanno avuto il coraggio di osare». E che oggi raccontano la loro adolescenza «a pane e cinema» con papà pittore-restauratore e mamma insegnante che li portavano a vedere i film di Hitchock.
Marco e Antonio hanno studiato sceneggiatura per un po', «ma tutto quello che sappiamo fare l'abbiamo imparato sul campo», soprattutto macinando un videoclip dietro l'altro. Riferimenti? Ai classici del cinema americano (Coppola, Spielberg, Cameron), aggiungono oggi i maestri orientali come Wong Kar-wai, John Woo, Tsui Hark e, tra gli italiani, Paolo Virzì, «che non potrebbe essere più lontano dal nostro cinema», e Sydney Sibilia.
I PROGETTI
E adesso, dopo la sbornia dei David? «Ad aprile cominceremo le riprese della serie di RaiDue L'ispettore Coliandro, settima stagione», rispondono. «Gireremo a Bologna e per quattro mesi non avremo tempo di pensare ad altro. Progetti cinematografici ne abbiamo, ma sono ancora in altro mare: Ammore e malavita, che venne presentato in anteprima a Venezia, ha assorbito tutte le nostre energie».
Una curiosità: volete togliervi qualche sassolino nella scarpa, mandare un messaggio a chi nel passato vi ha considerati dei corpi estranei al cinema ufficiale? Risposta stentorea, a una voce: «Ma no, siamo stati sempre accolti con simpatia. Non abbiamo recriminazioni né proviamo un senso di rivincita. Siamo registi diversi e ringraziamo di cuore chi ci ha portati fino a qui, fino ai premi. Ci dispiace per chi cerca la polemica a tutti i costi: oggi c'è posto solo per la felicità».
serena rossi e uno dei manetti bros antonio manettiammore e malavitaammore e malavitala gerini in ammore e malavitaammore e malavitamarco manetti
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