DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Rita Vecchio per il Messaggero
Quarant' anni fa il debutto scaligero. Così la prima di Attila al Teatro alla Scala del prossimo 7 dicembre sarà per Riccardo Chailly - dal 2017 nella veste di direttore musicale - non solo la messa in scena dell' opera scritta da un Verdi appena trentenne, ma occasione per festeggiare quattro decadi dall' ingresso della sua bacchetta al Piermarini. Attila incuriosisce pubblico e critica: l' inserimento delle cinque battute di Rossini, la romanza del terzo atto mai eseguita prima in teatro se non ai tempi di Verdi, il riferimento sotteso a Bach e all' Aria sulla quarta corda. Il coro. L' orchestra. La scena. La regia. Il tutto in diretta su Rai1 e Radio3 e prima diffusa in giro per Milano.
Maestro, riti scaramantici della vigilia?
«Siamo pronti. Abbiamo provato tanto. Lo spirito è alto. Il cast formidabile. La regia di Davide Livermore, pure».
Ma è vero che con Livermore c' è stata qualche opinione divergente?
«Certo. È capitato. Che nuova produzione sarebbe, altrimenti? Bisogna confrontarsi prima di un' intesa finale»
Quarant' anni dalla sua prima scaligera e non sentirli
«Un periodo lungo e bello della vita, compreso quello della navigazione verdiana: era il 1978 quando sono entrato in Scala con I Masnadieri».
La sua direzione?
«In retrospettiva. Ho diretto varie versioni del Macbeth, primo capolavoro assoluto di Verdi e ultima opera della sua trilogia. Macbeth, che faremo tra qualche stagione, è legata fortemente alle prime due che di fatto ne rappresentano la genesi».
Che Attila sarà?
«Moderna, vicina a noi sia per racconto scenografico che registico con tre sonorità chiave: militare, ecclesiastica e soprannaturale».
È attuale?
«Livermore ha spostato la storia dal 400 alle due guerre mondiali rendendo più credibile la teatralità di Verdi»
Storia che conduce all' immigrazione oggi.
«Parliamo di musica. L' opera deve solo far sognare, emozionare, sorprendere».
Il personaggio Attila?
«Antitetico. Imprevedibile. Un condottiero barbaro che ha commesso invasioni spaventose. Grazie alla scrittura magistrale, all' approccio moderno, e al colore di orchestra e coro, emerge l' anima oscura. Insicura. Sa di sospetto. Timore. Paura. Incubo».
E Odabella?
«È il sottotitolo dell' opera: unica donna - in tutto il teatro verdiano - che uccide il protagonista. L' irruenza nel prologo, la violenza vocale, la rabbia felina fanno capire da subito che la sua unica ragione di vita è vendicare la morte del padre ucciso».
La romanza Oh dolore! Ed io vivea è praticamente sconosciuta.
«Una rarità. Questa sarà la prima esecuzione dopo quella del '46, scritta da Verdi esclusivamente per la Scala e per la vocalità del suo tenore di allora, Napoleone Moriani. Ad oggi esiste una sola incisione, quella di Pavarotti e Abbado del 1987. Noi faremo un dvd per la Decca».
A proposito, sono 40 anche gli anni che la legano alla casa discografica.
«Storia lunga anche questa. Ho appena festeggiato con la pubblicazione della Messa per Rossini. Sono contento coincida con i 150 anni dalla morte del pesarese. Festeggerò ancora ad aprile con le musiche di Nino Rota e con la Filarmonica della Scala».
Proprio di Rossini, in Attila ci saranno cinque battute mai eseguite.
«Sì. Precedono il trio del terzo atto, scritte da un anziano Rossini che prediligeva Attila. Sarà la prima esecuzione mondiale per la versione teatrale ed è la prima volta che l' edizione critica entra in Scala».
Questa sarà la prima prima di Mattarella.
«È importante la presenza del Presidente della Repubblica. Gratifica tutto il teatro».
Prossima opera?
«Manon Lescaut ad aprile».
Sì. Ma un' anticipazione di quella inaugurale dell' anno prossimo?
«Non me lo faccia dire. Comunque sarà nel nome di Puccini».
Si fa il nome di Tosca.
«Lasciamolo fare».
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