DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Marco Giusti per Dagospia
SERGIO CASTELLITTO PUPI AVATI - DANTE
Fermi tutti! Proprio mentre in Europa dilaga il disastro e la paura, e perfino Libération titola oggi il suo giornale “La casa brucia e noi guardiamo Netflix” riferendosi alle sale francesi vuote e i divani pieni di possibili spettatori che invece si bevono serie e film di Netflix, il “Dante” di Pupi Avati con Sergio Castellitto che fa Boccaccio ma con un nasone da Dante, è finalmente primo in classifica ieri, anche se con un incasso bassissimo, 56.479 euro, 10.136 spettatori in 281 sale, cioè 36 spettatori a sala, per un totale di 495 mila euro.
Clamoroso, se non ci fosse da piangere, come fa Libération, sulle sale vuote e Netflix piena di abbonati. Voglia di calduccio eterno, senza gas russo, dell’Inferno, si dirà, e voglia di vedere il cinema di Pupi Avati, tanto che anche Camillo Longone scrive su “il Foglio” di essersi mosso da casa per vedere “Dante” dopo tre anni di divano. Ohibò?! E io e Ciro Ippolito infami che lo abbiamo così snobbato? No, a vedere Pupi Avati non ci voglio andare… E tutti i festival, a cominciare da Venezia, che hanno fatto finta di niente rispetto al suo “Dante”? E’ cambiato il vento nell’Italia melonsalvinista.
Non solo “Dante” batte così “Dragon Ball Super Super Hero”, che si ferma al secondo posto con 56.979 euro, ma anche il campione dei radical chic di Prati e dintorni “Siccità” di Paolo Virzì, 51.315 euro e un totale di 732 mila euro, con tutti i Mastandrea e i Silvio Orlando possibili, e nemmeno un ruolino per Pino Insegno. Batte il potente “Avatar” di James Cameron, 37. 032 euro, l’horror moderno “Smile”, quinto con 35 mila euro. Non parliamo poi dei film di sinistra come “Il signore delle formiche” di Gianni Amelio, fermo a 7.355 euro, o di “Ti mangio il cuore” con Elodie paladina dell’antimelonismo (“non è di destra, è fascia”), 6.989 euro.
Ma la cosa che mi dispiace di più è il 16° posto, 4.424 euro, 648 spettatori in 88 sale, di un documentario bello e importante come “In viaggio” di Gianfranco Rosi, che ha raccolta i viaggi di Papa Francesco facendone uscire un commovente ritratto di un uomo che ha sempre usato il suo corpo e la sua parola e la sua forza per la pace, uscito ieri in una giornata infelice tra partite di coppa e qualsiasi evento.
Nell’articolo di Libération si legge che l’unica ricetta è inventarsi un modello di piattaforma competitiva con i colossi americani, “fare fiorire delle idee che non avrebbero potuto essere realizzate né a Bollywood né a New York”. E organizzare degli stati generali del cinema. Sì, vabbé.
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