DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Bruno Ventavoli per "La Stampa"
Dicono che i film italiani sono bruttissimi. E meno male che ci sono gli americani con i loro blockbuster che tengono su quel che resta del cinema. Altrimenti le sale potrebbero pure chiudere. L'«unico traino del mercato» al momento è Thor Love and Thunder, 9 milioni di incasso.
Ossigeno per il botteghino in asfissia. Ma è tutto oro quel che luccica?
Dato che oltre ad essere boomer, sono sempre stato cinefilo, ho deciso di vederlo. So che è un prodotto della nuova Disney, pensato per i giovanissimi. Vado con mio figlio, per non destare sospetti con la mia solitudine vestita di camicia hawaiana. La sua opinione millennial è un prezioso contrappeso estetico. Sono curioso di capire come dovrà sopravvivere il cinema, smettendo di lamentarsi con le piattaforme che trasmettono film quasi in contemporanea con le sale a prezzi stracciatissimi (offrendo in più la comodità del divano domestico, senza i vicini di poltrona che bisticciano d'amore), benedicendo i grandi prodotti hollywoodiani.
Il protagonista di Thor, Love and Thunder è sempre Christopher Hemsworth, l'energumeno biondo che parla più con i bicipiti che con l'espressività facciale. Ai superpoteri ha aggiunto l'ironia, l'autocritica, la delicatezza. Perché gli eroi moderni non devono vergognarsi del loro lato fragilmente umano. Anzi, lo devono esaltare. E' andato in crisi per amore, gli è venuta la pancetta, ha conosciuto la depressione.
Vorrebbe trovare pace interiore, ma il percorso viene interrotto dalla furia di Gorr, uno che gode a macellare gli dei, per vendicarsi di tutte le sfighe che l'hanno colpito quando era un uomo pio. Non è Giobbe, e invece che nel vecchio Testamento siamo nell'universo Marvel. Quindi Thor deve riprendersi in fretta e combattere in giro per le galassie con il suo martello magico.
russel crowe thor love and thunder
La storia mescola di tutto (perché la nuova Disney riunisce vari marchi). Personaggi di guerre stellari, supereroi Marvel, mostri simili ad Alien, astronavi, amabili peluche, alieni gender fluid, etnie (terrestri) d'ogni colore, amori gay, fanciull* in sovrappeso, fidanzate in chemioterapia, scontri tra le stelle, cittadine sonnacchiose, arti marziali, battute babbee. Il rigore melenso del politicamente corretto e la disinvolta superficialità dei sentimenti che nell'era social riduce ogni trauma, ogni psicosi, ogni pensiero a una definizione in 80 caratteri da postare sul profilo.
Dopo mezz' ora di battaglie sono frastornato dalle esplosioni. Non capisco quasi niente di quello che succede. Troppi nomi. Troppe facce. Troppi universi. Troppi rimandi ai capitoli di saghe e sottosaghe precedenti. Mi perdo nei dettagli di una trama che non esiste. L'unico personaggio simpatico, con spessore psicologico, sarebbe Gorr, ma è assurdo che io tifi per il male. Per il crepuscolo degli dei. Per il superominismo nicciano. Per il piacere della ripicca. Gli altri sono noiosamente insulsi. Guardo mio figlio con una smorfia. Scuote anche lui la testa. E' d'accordo di andarcene. Usciamo a riveder le stelle vere.
natalie portman chris hemworth thor love and thunder
Thor, è il più brutto film della mia vita. Eh già, potrebbero obiettare i bastian contrari della tastiera. Tu sei boomer, sei vecchio, sei fermo ad Apocalypse now. Vero (il volo degli elicotteri con la Cavalcata delle valchirie e il napalm con la musica dei Doors mi mettono ancora i brividi). Però, aggiungo per discolparmi, mi piacciono pure i fumetti Marvel. Spider man di Raimi era bellissimo. I Batman di Nolan un capolavoro. E anche il primo Thor, di Branagh non era affatto male.
Questo di Taika Waititi, invece, è una boiata pazzesca (altro che la corazzata di Fantozzi!). Persino peggio dei film di Giulio Questi o di Ed Wood, che sono stati i peggiori registi della storia. I loro effetti speciali poverissimi sembravano trucchi di un prestigiatore ubriaco che non riesce a ingannare il pubblico. Ma come il kitsch estremo, finivano con l'essere geniali. Il candore dei dilettanti.
Le nozze con i fichi secchi, dei film senza budget. In Thor, invece, c'è la tracotanza della tecnologia milionaria. Ogni fotogramma è il prodotto impeccabile dei software. Perfetto e vuoto come lo sono i numeri e business plan. (La vecchia storia della bellezza senz' anima) Eppure Thor incassa milioni. E piace a folle oceaniche di giovani nerd. Potrei sentirmi inattuale, invece mi immalinconisco.
Se i film che salvano il cinema sono questi meglio darsi al Subbuteo. La Disney era Fantasia, La carica dei 101, il Re leone, o Toy Story e Monster & Co (Pixar), roba che piaceva ai piccoli ma anche ai grandi. Esemplari come i miti, come le favole, che sono capaci di raccontare le verità eterne con semplicità.
Il blockbuster Thor è invece un prodotto costruito a tavolino da ingegneri, maghi del marketing, forse psicologi, per riprodurre sul grande schermo le modalità cognitive e i gusti dei ragazzi del nuovo millennio. La trama squinternata e sincopata si basa su una raffica di scene autoconclusive che durano pochi minuti, come i video di tik tok o le storie degli influencer.
Le battaglie adrenaliniche sono le stesse dei videogiochi in cui si spara contro qualsiasi cosa si muova, senza neppure distinguere tra amici e nemici. Saltando da un pianeta a un'astronave (autrement, di palo in frasca) senza mai fermarsi, come in preda a un delirio joystick, perché, si sa, o per lo meno si suppone, che l'attenzione dei giovanissimi dura pochissimo. Poi si distraggono. E passano ad altro. Tutto scorre. Panta rei. Tik Thor.
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