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Elisabetta Ambrosi per "Il Fatto Quotidiano"
C'è chi, come Roberto Saviano in Zero Zero Zero, ringrazia le polizie di mezzo mondo, tra cui l'Fbi, l'Interpol, la Guardia Civil, I Mossos d'Esquadra, Scotland Yard, la Gendarmerie Nationale, e poi la PolÃcia Civil brasiliana, la PolicÃa Federal messicana, la PolicÃa Nacional de Colombia e persino la Policija russa. E chi, come Costanza Miriano, autrice di Sposala e sii sottomessa, arriva a ringraziare "i santi Francesco, Agostino, Bernardo, Gianna Beretta Molla e tutte le schiere".
Ma se credete che i due siano un'eccezione vi sbagliate: perché oggi le pagine dei ringraziamenti, la "coda migliore", secondo Lella Costa autrice di Come una specie di sorriso, si sono tramutate in un'esilarante esibizione - tra parenti vicini e lontani, amici vivi e defunti, oggetti, animali, luoghi, simboli e ricordi - dello sterminato ego dell'autore. Diventando al tempo stesso la prova, vista la schiera di ringraziamenti a editor, correttori, suggeritori, sostenitori e incoraggiatori, che proprio lo scrittore è sempre più un ghost, un fragile autore a sua insaputa.
La specie più diffusa? Senz'altro il ringraziamento-catena-umana. Come quello di Paolo Sorrentino in Tony Pagoda - che dopo aver passato in rassegna familiari e amici, arriva a ringraziare tal Luciano Paciocco "che a scuola mi allungava mirabilanti composizioni comiche che mi hanno spinto anni dopo a emularlo" - o come quello di Alberto Testasecca di Volevo essere Moccia, che si spinge fino "ai passanti e a tutti gli abitanti del pianeta Terra, comparse inconsapevoli di ciò che scrivo".
Sottovarianti dello stesso tipo sono il ringraziamento-obituary, che tira in ballo gli scomparsi - "Grazie a nonna Michelina, che da qualche parte sta sorridendo mentre batto su questa tastiera" scrive Giuseppe Catozzella - e il ringraziamento-postale, quello che scambia l'ultima pagina per cartolina, "un saluto a tutto il gruppo Pappardella e a Vasco, Wanda e Sergio", scrive Giovanni Floris in Il confine di Bonetti.
Altra tipologia diffusissima è il ringraziamento-lecca-lecca, quello che tesse le lodi di editor e editori. "La strabiliante Inge" di Sorrentino, "energia sempiterna" secondo Saviano, per arrivare alla vetta di Candida Morvillo: "Grazie a Elisabetta Sgarbi anche solo perché esiste. A lei vanno una sfila di grazie: sommessi, cantati, urlati".
Più modaiolo che mai, poi, è il ringraziamento-lui-sa-perché: a metà tra minaccia e allusione a mondi nascosti e/o piaceri segreti, oggi è un vero must ("Ringrazio l'agente AdN. Lui sa perché", Saviano). Altra categoria imprescindibile è il ringraziamento-madeleine, quello che evoca odori e sapori ("A Guido e al profumo del pepe", Selvaggia Lucarelli). Oppure luoghi che hanno ispirato l'autore - "Il viale alberato dove ho scorto l'idea originaria" di Alessandro Mari - o resi epici dalla sua presenza, come "il loft dei coniugi Macrì a Mia-mi North Beach" di Morvillo o le "panchine messe a disposizione dal comune di Milano" di Michele Neri.
Va fortissimo, anche, il ringraziamento-dietrologico, quello che racconta non solo la genesi e le peripezie del libro - è il caso di Massimo Gramellini di Fai bei sogni, andato in Longanesi per un saggio sull'abulia e uscito sapendo "che era arrivato il momento di affrontare una storia cresciuta dentro per 40 anni"; ma soprattutto le impasse psicologiche e i blocchi autoriali, con relativa schiera di amici che mettono "la giusta pressione quando ce n'era bisogno" (Benedetta Tobagi), accompagnando l'autore "nella traversata, nella bonaccia come nella bufera" (Gaia Servadio).
Ma forse il più cool del momento è soprattutto lui, il ringraziamento-nonsense: Al "dodici, il mio numero perfetto" (Gramellini), "Alle ore sedici e dieci del quattordici settembre duemiladodici " (Irene Cao), "al destino" (Valeria Parrella). Che non vogliono dire nulla, ma fanno tanto estro creativo. Quando non rivelano, come in un lampo, l'abisso, come nel caso di Elisa Fuksas: "Grazie alle cose che capitano. Nel bene e nel male sono state fondamentali per costruire questo racconto".
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