john landis

“GLI STUDIOS? ORMAI FANNO PARTE DI CORPORATION CHE CON IL CINEMA NON HANNO NULLA A CHE VEDERE" – L'AMAREZZA DI JOHN LANDIS, IL LEGGENDARIO REGISTA DI “THE BLUES BROTHERS”: "L'INTERESSE DI QUESTI GRUPPI - SPESSO IN MANO AI CINESI E QUESTO NON MI DA NESSUNA FIDUCIA - È PRODURRE SUPERCOSTOSI FILM DI SUPEREROI A USO DELLE PLATEE GIOVANILI: IL CHE LASCIA SCARSO SPAZIO DI FINANZIAMENTO PER FILM DI FASCIA ADULTA E DI BUDGET PIÙ RAGIONEVOLE. IL PROBLEMA NON SONO LE TECNOLOGIE, MA..."

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Alessandra Levantesi Kezich per “la Stampa”

 

john landis michael jackson

A 19 anni si intrufola sul set iugoslavo di I Guerrieri con mansioni di gopher, ovvero «go for», ragazzo tuttofare; a venti è in Spagna come improbabile stunt di spaghetti western; nel 1971 esordisce con Schlock, una parodia del cinema di serie zeta in cui impersona lo scimmione protagonista; fra il 1977 e il 1983 firma uno dei videoclip più famosi i della storia, Thriller di Michael Jackson, e una manciata di film che gli assicurano fama internazionale: uno si intitola The Blues Brothers con la lunare coppia John Belushi e Dan Aykroyd ed è un film di culto amato anche dalle nuove generazioni. 

john landis blues brothers

 

Pardo d'onore del festival ticinese, John Landis all'incontro stampa sprizza vitalità, entusiasmo e umorismo. Gettando l'occhio sulla manciata di cellulari poggiati sul suo tavolo per registrare l'intervista esclama «Guarda qua!» e se li infila in tasca. Poi, terminata la gag, si comincia. 

 

Com' è cambiato il mondo del cinema? Risente della situazione politica ed economica attuale? 

«Con mondo del cinema intendete Hollywood? Direi che è esploso al 50 per cento a causa del Covid, al 50 per cento perché gli studios ormai fanno parte di corporation che con il cinema non hanno nulla a che vedere. L'interesse precipuo di questi gruppi - spesso in mano ai cinesi e questo non mi da nessuna fiducia - è produrre supercostosi film di supereroi a uso delle platee giovanili: il che lascia scarso spazio di finanziamento per film di fascia adulta e di budget più ragionevole». 

 

C'è un motivo politico, in tutto questo? 

john landis

«Certo, la politica c'entra sempre. Pensiamo alla Brexit. Ho vissuto un sacco di tempo in Inghilterra e quando è passato il referendum sono rimasto di sasso e mi sono detto 'Oh Dio, vuoi vedere che adesso Trump diventa presidente?'. Viviamo un periodo davvero bizzarro, con gente che vota un pericoloso clown e crede in sciocchezze madornali come 'Fauci ha inventato il Covid', oppure 'Il covid non esiste'. E' così dappertutto, in Usa, in Giappone, in Germania, in Francia, ovunque è la stessa follia. Una follia che ha riflessi sulla società e ovviamente anche sul cinema». 

john landis

 

L'avvento delle nuove tecnologie ha peggiorato le cose? 

«Il problema non sono le tecnologie. Il problema è che con questi mezzi grandiosi si stanno realizzando gli stessi film che noi facevamo a low budget. Film intercambiabili dove, in un susseguirsi di scene di distruzione, i crolli di intere città non destano ormai alcun senso di meraviglia, semmai provocano lo sbadiglio. E adesso si è aggiunto il Covid: nessuno sa cosa succederà». 

 

Il Covid ucciderà il cinema? 

«Il cinema nasce come esperienza condivisa, le emozioni e le risate sono contagiose. Non voglio pensare che il pubblico perderà l'abitudine di andare in sala, eppure il pericolo esiste. La gente si dice: il biglietto costa venti dollari, bisogna tirare fuori la macchina, non vale la pena, tanto c'è lo streaming! Ma se penso a un film visto sul telefonino mi si spezza il cuore. Immaginate la reazione di David Lean se sapesse che uno guarda quello spettacolo straordinario che è il suo Lawrence d'Arabia su un fucking computer?» 

 

Quanto è importante la sceneggiatura? 

john landis blues brothers

«La sceneggiatura è importante, però ora come ora tutti parlano dell'idea, cercano l'idea. Invece l'idea in sé non conta nulla, a contare è l'esecuzione. Dalla stessa storia può venir fuori C'era una volta il West o un western da quattro soldi. Realizzare un film è come fare un soufflé, tutto dipende da come si amalgamano le energie in campo». 

 

In quanto autore di culto, cos' è secondo lei un cult movie? 

«Non lo so più. Direi che è un film che la gente vede e rivede perché è un gran bel film, come Casablanca per esempio. Un film che magari la prima settimana non incassa, poi sul passaparola resta in sala mesi. Ma adesso se il primo week end non funziona, i giochi sono chiusi E il mondo è pieno di brutti film di successo e di bei film che sono un flop. Vedi il mio caso, io ho infilato cinque titoli che sono andati benissimo, ma le uniche critiche positive mi sono arrivate con Tutto in una notte che è stato un disastro!» -

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