L’ELEFANTINO CARICA I SOLITI IPOCRITI RADICAL CHIC CHE LAMENTANO IL CALO DI ACQUISTI A NATALE, MA PASSANO L’ANNO A DANNARE I CONSUMISTI – “CI VORREBBE UN TOM WOLFE CHE VALORIZZI CON CINISMO LE BOTTE CHE SI DANNO A OXFORD STREET, E MAGARI PERFINO LE COLTELLATE, NEL CORSO DELLA DISCOUNT WAR, LA GUERRA DEI SALDI, CHE IN ITALIA COMINCERÀ A GENNAIO, MA SI È SEGRETAMENTE GIÀ INIZIATA NEL MERCATO NERO DEL DESIDERABILE, DEL NUOVO, DELLO SCINTILLANTE, DELL’INUTILE, DEL FIRMATO”…

Giuliano Ferrara per Il Foglio

Ci vorrebbe un Tom Wolfe dei nostri giorni che sia capace, come quello raccontato oggi dalla Marianna Rizzini nell'inserto karamella, di prendere per il collo delicatamente ogni odiatore snob del denaro, della mercificazione, del marketing, della pubblicità e del superfluo eppoi costringerlo a dare l'assalto ai saldi come i milanesi di Manzoni davano l'assalto ai forni.

Facciamo colossali esercizi di nevrosi depressiva e moraleggiante, quando invece si tratterebbe di santificare ogni giorno la passione, il furore e la fantasia di avere cose, di alimentare il famoso circuito denaro-merce-denaro (DMD nella versione marxiana).

Parliamo di Fase 2, mamma mia, e vogliamo frustare il cavallo imbolsito dell'economia per salvare un paese sapientemente indebitato negli anni, e ora alla mercé della speculazione contro una moneta indifesa e dell'austerità di origine tedesca (l'austerità degli altri), ma non arriva da nessuna parte il giusto riconoscimento, che trionfò negli anni Ottanta benedetti, ai fervori consumeristici, così scrivono i sociologi anglizzanti, di milioni di individui, per lo più giovani ragazzi e ragazze, che sono sempre stati l'obiettivo delle strategie di sviluppo del business in una società che deve difendersi dall'invecchiamento, specie mentale.

Ci vorrebbe qualcuno che valorizzi con cinismo le botte che si danno a Oxford street, e magari perfino le coltellate, nel corso della discount war, la guerra dei saldi, che in Italia comincerà a gennaio, ma si è segretamente già iniziata nel mercato nero del possibile, del desiderabile, del nuovo, dello scintillante, dell'inutile, del firmato, dell'elettronico audiovisivo, del tecnomiracolo sulla base del quale, e solo sulla base del quale, certe salvezze terrene risultano possibili nelle società aperte e libere.

Dieci, cento, mille Ikea è la parola d'ordine. Coltiviamo invece una mentalità fintamente agropastorale, idilliaca, a spese della realtà, che poi si vendica con gli strumenti tipici del capitalismo finanziario, da Lady Spread alle quotazioni di Borsa stagnanti o calanti, fino alla demenziale rincorsa della spirale del debito inestinguibile senza la produzione di nuova e crescente ricchezza, principalmente a mezzo del Dio o del Diavolo dei consumi.

E lacrimiamo come coccodrilli sui dati, peraltro controversi e forse falsi, che indicano la caduta dell'inclinazione al dono, la fine della merceologia delle coppie amanti, il declino fatale della persuasione occulta che fa lievitare i cartellini dei prezzi, esaurisce le scorte dei magazzini e stacca le cedole del futuro commerciale dell'umanità.

Ovvio che il futuro dell'umanità è legato alla sobria riflessione della coscienza su di sé come parte dell'Assoluto, non saremo noi a negare il posto dell'essere nell'universo moderno, così smagrito e impaurito di questi tempi. Ma se non ricominceremo a spatrimonializzarci come nell'Ottocento i personaggi di Flaubert e Balzac, a vendere le tenute per mantenere le favorite, e per scommettere al gioco, ce la sogn( i)amo, la crescita. Viva la spatrimoniale.

 

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