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L'ENDORSEMENT DI ''REPUBBLICA'' A CAIRO PADRONE DEL ''CORRIERE'' - ''PACATO, SOCIEVOLE, CAPACE DI ASCOLTARE, GRAN LAVORATORE, CAIRO SI È SMARCATO DALL'OMBRA DI BERLUSCONI E ORA PUNTA A VIA SOLFERINO''. UN RITRATTONE IN GLORIA DELL'EDITORE CHE STA SULLE PALLE AI SALOTTI MARCI

Giovanni Pons per “Affari & Finanza - la Repubblica”

 

urbano cairourbano cairo

Quando in giro si chiede un giudizio su Urbano Cairo la risposta più frequente che si raccoglie è quella di "Berluschino". Probabilmente perchè è cresciuto alla corte di Berlusconi, prima come suo assistente personale (è diventata leggenda la lettera scritta al patron della Fininvest per cercare un posto appena laureato), poi come responsabile della pubblicità, e poi perchè da imprenditore ha cercato di calcare le stesse orme dell' ex capo, prima come titolare della propria concessionaria di raccolta pubblicitaria, quindi come editore della carta stampata grazie all' acquisto della Giorgio Mondadori, poi nel mondo del calcio con l' acquisto del Torino, infine come editore televisivo de La7.

 

veronica lario berlusconiveronica lario berlusconi

Ma sebbene il curriculum di Urbano Cairo sia indubbiamente molto simile, sebbene in scala ridotta, a quello del maestro degli anni '80, è difficile sostenere che si possa ascrivere tra i berlusconiani duri e puri. Sebbene a volte la sua retorica affabulatoria, la ricerca delle frasi semplici che colpiscano la pancia della gente possano far ricordare il miglior Silvio Berlusconi, nel corso degli anni l' editore nato ad Alessandria 59 anni fa ha saputo costruirsi un suo autorevole spazio identitario ben distaccato dal mondo che gira intorno a Fininvest e Mediaset.

 

Pacato, socievole, capace di ascoltare gli altri (quando in una conversazione sente una cosa per lui interessante tira fuori dalla giacca un cartoncino bianco e si segna un appunto), disponibile con i giornalisti (ama parlarci direttamente), gran lavoratore, Cairo quando illustra i passi salienti del suo percorso professionale ricorda sempre il salto di qualità che gli ha permesso, da venditore di pubblicità, di diventare editore dei periodici Giorgio Mondadori di cui Airone era il fiore all' occhiello. «Quando l' ho acquistata fatturava 60 miliardi di lire ma ne perdeva 10, così mi sono messo a guardare i costi, ho venduto l' immobile di proprietà e ho riposizionato gran parte dei prodotti, dopo un anno il grosso del lavoro era fatto».

 

urbano cairo premiato da romana liuzzourbano cairo premiato da romana liuzzo

L' intraprendenza, dunque, a Cairo non manca. Pochi anni prima, era sul finire del 1995, comincia la sua sfida in proprio. Alla Rizzoli era appena arrivato Claudio Calabi chiamato a ristrutturare un' azienda che l' anno prima aveva perso 400 miliardi di lire e nel '95 si accingeva ad andare in rosso per 700.

 

La situazione era drammatica, si arrivava dallo scandalo del buco della Fabbri, rifilato alla Rizzoli dall' Ifi, la finanziaria della famiglia Agnelli che era anche l' azionista di riferimento di via Solferino. In questo contesto drammatico Alfredo Bernardini De Pace, titolare dell' omonima concessionaria di pubblicità, chiese a Calabi se poteva presentargli un giovane brillante che si era appena staccato dalla Mondadori (mi hanno licenziato, disse in seguito Cairo, riferendosi al suo rapporto di amore e odio con i colleghi di Segrate).

 

Calabi acconsentì e gli si presentò davanti il venditore di pubblicità che gli chiese di prendere in concessione la raccolta della Gazzetta dello Sport. Alla fine si accordarono per affidargli Oggi , la corazzata dell' entertainment, Io Donna e Tv Sette grazie al fatto che Cairo si impegnò moralmente a conseguire risultati strepitosi, che poi realmente ottenne, per la soddisfazione di Calabi che si prese il rischio di credere in lui.

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Inizia così la carriera da battitore libero di Cairo che di lì a qualche anno si rivelerà non solo ristrutturatore di case editrici ma anche finanziere con un buon fiuto per la Borsa.

Nell' autunno 1999 parte la bolla internet a Piazza Affari con la quotazione di Tiscali che arriva a capitalizzare più della Fiat. Si entra in una fase di ubriacatura collettiva, con i soldi che piovono su qualsiasi titolo che odori di "rete", la nuova panacea in grado di curare qualsiasi male aziendale. Ma i più avveduti sanno che queste fasi di euforia hanno una durata limitata e bisogna essere capaci di cavalcare l' onda. Lo sanno bene le vecchie volpi di Piazza Affari, come Francesco Micheli che porta in quotazione in men che non si dica una start up dal nome e.Biscom che vuole cablare Milano con la fibra ottica e solo per questo motivo raccoglie sul mercato più di 3mila miliardi di lire.

 

Cairo non ha alle spalle grandi esperienze di Borsa ma è sufficientemente ambizioso per proporre a investitori e risparmiatori la sua creatura, la Cairo Communication, nata pochi anni prima e con le spalle ancora poco formate. L' operazione riesce, la società raccoglie sul mercato più di 100 milioni di euro che potranno servire per crescere e rafforzarsi.

 

dipiu sandro mayer urbano cairo ernesto mauridipiu sandro mayer urbano cairo ernesto mauri

Ma ciò che succede negli anni successivi sorprende un po' tutti gli addetti ai lavori. Invece che spendere il tesoretto piovuto dal cielo, Cairo lo mette da parte, non lo spende, e lavora sulla crescita per linee interne. Comincia a lanciare nuovi giornali da zero, poichè considera che poche siano le testate che vale la pena di acquistare. E poichè è abituato a navigare nei giornali popolari, ad alta diffusione e basso prezzo in edicola, comincia a pubblicare settimanali e mensili che si vanno direttamente a scontrare con i periodici della Mondadori. Solo che i suoi costi e la sua struttura sono molto più agili e flessibili, strappa i direttori alla concorrenza e paga il minimo sindacale ai giornalisti che lavorano per lui.

 

Il sogno di Cairo è quello, prima o poi, di lanciare un quotidiano popolare, sul modello del Sun o del Daily Mirror, un genere che in Italia è battuto soltanto dai rotocalchi settimanali.

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Per mesi e mesi studia il progetto e dichiara che lo lancerà soltanto quando troverà il direttore giusto, ma poichè non lo troverà mai il progetto viene accantonato.

 

Ma non la voglia di crescere che questa volta passa per la tv e per quello che potrebbe diventare un terzo polo televisivo di cui si vaneggia da anni. Anche in questo caso Cairo sfodera doti di negoziatore che bada al sodo. Riesce a convincere Franco Bernabé, nel 2012 a capo di Telecom Italia, che lui è l' unico in grado di risollevare il bilancio di quell' oggetto che perde a bocca di barile da anni. E Bernabé si convince che Cairo è l' uomo giusto, toglie dal pacchetto in vendita i multiplex che trasmettono il segnale digitale ma gli aggiunge 100 milioni di liquidità per coprire due anni di perdite. Musica per le orecchie di Cairo che in un anno soltanto riesce a raggiungere il breakeven operativo de La7, un risultato mai visto prima, senza tagliare il personale.

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E conservando la liquidità. Come ha fatto? Tagliando i costi in maniera drastica, dalle sedi in eccedenza a qualsiasi fornitore. «Mi vedo presentare la ricevuta di un bonifico unico da 16 milioni che la società faceva alla fine di ogni mese per pagare i fornitori. "Avete comprato un' azienda senza dirmelo?" chiesi.No siamo abituati a fare così da anni. Bene, è una cattiva abitudine, portatemi tutte le fatture una per una».

 

Il metodo utilizzato a La7 ora Cairo vorrebbe applicarlo alla Rcs, società su cui ha lanciato una Ops cogliendo tutti di sorpresa. Ma questa volta la sfida è molto più grande, neanche Belusconi è mai riuscito a mettere le mani sul Corriere della Sera e l' idea che possa riuscirci uno che fattura un terzo di via Solferino fa inorridire più di un esponente del vecchio salotto buono. «Non è un furbastro, mantiene buone relazioni, il suo obbiettivo è far bene e far soldi, è un battitore libero che finora non ha creato problemi», è il commento sapido di un concorrente che lo conosce bene.

urbano cairo giovanni floris urbano cairo giovanni floris

 

La critica più calzante, oltre al fatto che il prezzo dell' offerta sarebbe basso, è che Cairo è abituato a far tutto da solo, non ha una squadra forte in grado di poter gestire una corazzata come la Rcs. Da almeno due anni, cioè da quando entrò nel capitale comprando i diritti inoptati a prezzi molto bassi, Cairo va ripetendo che non bisogna vendere i gioielli di famiglia solo per tamponare una gestione deficitaria che brucia cassa. Bisogna agire sul monte costi, per ridurlo anche senza toccare il personale, e poi al limite si può decidere di vendere ma da una situazione di forza.

 

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Chi ha più sofferto di più per il lancio dell' Ops è Alberto Nagel, il numero uno di Mediobanca, soprattutto perchè i rivali di Intesa Sanpaolo si sono messi a sostenere lo scalatore senza prima concordare alcunché.

 

Il più pragmatico, nonostante l' età, si è dimostrato Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa. Prima ha cercato un imprenditore in grado di sostituirsi alla Fiat, poi, non trovandolo, e temendo l' incursione di Francesco Gaetano Caltagirone, ha deciso che Cairo è il male minore. Ora bisognerà vedere se l' orgoglio di Nagel non riuscirà a mettere insieme uno o più soggetti per una contro Opa.

 

alberto nagel carlo messinaalberto nagel carlo messina

Colui che è rimasto in mezzo al guado è Diego Della Valle, anche lui sorpreso dalla tempestività di Cairo nello sfruttare la fragilità dell' azionariato e il vantaggio di prezzo. Una contro Opa su quello che era considerato l' ultimo baluardo dei salotti buoni sarebbe il segno che i tempi, anche nella finanza italiana, sono veramente cambiati.

giovanni bazoli giovanni bazoli