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Gemma Gaetani per “Libero Quotidiano”
Risale al 7 maggio l’evento Facebook «Gattini su Salvini». Invitava a «scatenare pucciosi gattini sulla bacheca di Salvini in nome dell’amore!»: 26.000 i partecipanti. E chissà quanti altri, senza registrarsi, han spiaccicato mici in calce ai post della pagina del leghista. In contemporanea altri lo bombardavano su Twitter gonfiando l’hashtag #gattinisusalvini. A flashmob virtuale concluso, l’organizzatore Progetto Kitten si vantava dell’eco mediatica raccattata.
Chiosava d’aver scritto una «pagina di storia del social in Italia» e invitava a suggerire chi «gattinizzare» nel calderone qualunquista dopo Matte. Glissiamo sulla banalità stratosferica del flashmob come forma di protesta, telematico, poi... (provate a dire a un marine che c’è chi crede di «combattere» con indice e pollice su un mouse apponendo foto di felini su una bacheca Internet). Soffermiamoci solo sul fatto che Salvini è percepito dalla vox populi e dai dem nostrani come «portatore d’odio» e punto.
A prescindere dai contenuti espressi. Quel 7 maggio, Matteo aveva scritto tra l’altro: «Il disabile italiano, con genitori italiani, con nonni italiani, deve campare con 250 euro al mese. Per chi sbarca invece vitto e alloggio per oltre 1000 euro al mese». Non uno dei cretini graffitari di gattini - ottusamente convinti che Salvini sia razzista senza neanche analizzare ciò che dice - ha riflettuto sull’eventuale giustezza di quel paragone tra elemosine assistenziali che lo Stato stanzia per i suoi cittadini e le botti d’oro che dona ai clandestini.
Sul doppiopesismo perpetrato da uno Stato che abbandona a se stessi i suoi figli e iperprotegge quelli non suoi a discapito dei primi. Che magari sono anch’essi in condizioni esistenziali delicate, com’è per i disabili. Se questi ribelli da mouse, che si sentono anche idealisti, lo fossero davvero, si sarebbero fermati davanti a quello ed altri post con cui Salvini denunciava la sproporzione tra le due mani dell’attuale Stato sociale.
Del generico disabile citato da Salvini non frega a nessuno. E neanche di un disabile non certo ignoto come Andrea Bocelli. Su Facebook esistono pagine a lui dedicate con nomi come «Andrea Bocelli che vede cose»; «Andrea Bocelli che non vede l’ironia di certe immagini».
C’è perfino la pagina dell’evento «Chiedere scusa a Bocelli per i meme su di lui». Cosa contengono? Decine di fotomontaggi vergognosi. Davvero discriminatori, non supposti tali, come per Salvini quando parla di clandestini. Sono pagine e meme il cui unico scopo è farsi beffe del cantante e della sua cecità. Ce n’è uno in cui il tenore apostrofa «Ehi bellissime!» due signore molto brutte. In un altro, con una grattugia in mano - scambiata per un libro in Braille - domanda: «Chi ha scritto queste stronzate?».
Questa è stata addirittura postata da una donna, altra categoria sempre additata di essere oggetto di discriminazione... Alla faccia. In un altro ancora Andrea, fotomontato come il celebre ragazzo No Expo, dice: «Non ci vedevo più dalla rabbia, un bordello, non vedo perché non si debba partecipare».
Sotto, questi commenti: «Scusa Boccello ma come caaazzo li leggi gli spartiti eh??»; «Facciamogli vedere chi siamo». Vien da chiedere dove siano in questo caso i 26.000 e oltre giustizieri social dell’odio di Salvini. E i vertici di Facebook, che bloccarono l’account di Salvini per 24 ore poiché aveva usato la parola «zingari».
gruppi facebook che prendono in giro andrea bocelli
gruppi facebook che prendono in giro andrea bocelli
meme su andrea bocelli
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