LA SCUOLA FIFONA – ''IL FOGLIO'': “LE RIVOLTE PRETESTUOSE CONTRO I TEST INVALSI SONO LA FOTOGRAFIA DI UNA SOCIETÀ REFRATTARIA AL GIUDIZIO E ALLA VALUTAZIONE” – L’INSEGNANTE CONTRARIA: “LA SCUOLA È COME L’OSPEDALE, I RAGAZZI VANNO VALUTATI COME I PAZIENTI”

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1. NON SONO CROCETTE. I TEST INVALSI MISURANO LA SCUOLA, COSÌ QUALCUNO HA FIFA

Maurizio Crippa per “il Foglio

 

Mamme che tengono a casa i bambini perché ci sarà “una tracciabilità nel tempo delle prove dei nostri figli”. Cobas in sciopero contro “lo strumento base su cui cammina la riforma”, dimenticando però che si fanno dal 2007. Prof che fanno “sciopero di mansione”, tuttora vanamente in dubbio se rientrino nei loro compiti di lavoro o no (risposta: sì). E ragazzini del biennio che scrivono sul foglio #nonsiamocrocette.

 

La rivolta dei masanielli contro i test Invalsi è uno di quegli spettacoli che inducono inevitabilmente alla polemica, al corsivo. Ma poiché lo spazio è poco e i (mis)fatti si spiegano da sé, si dirà solo l’essenziale.

 

manifestazione contro la scuola di renzimanifestazione contro la scuola di renzi

Quelle pretestuose rivolte sono la fotografia di una società – che è la scuola, ma non solo – refrattaria al giudizio, alla valutazione. A concepirsi in termini di merito, di capacità di evoluzione e di miglioramento. Un sistema in cui gli elementi frenanti sono solidali l’uno con l’altro. E’ più utile provare a spiegare perché i test Invalsi, buoni o cattivi che siano (c’è chi sostiene siano cattivi, e con argomenti non trascurabili di metodo e di merito), non sono inutili e vanno fatti.

 

studenti in protesta al colosseostudenti in protesta al colosseo

Come pure vanno fatti i test Pisa (Programme for international student assessment) – quelli sì dedicati a misurare gli studenti – lanciati nel 2000 dall’Ocse per valutare l’apprendimento in matematica, scienze e capacità di lettura dei ragazzi di 15 anni in tutto il mondo. Anche quelli vengono spesso contestati, forse perché (ancora nel 2012) il punteggio degli studenti italiani è stato di 485, sotto la media Ocse (494).

 

Il tema centrale è questo (e bene ha fatto ieri Renzi, nel suo video sulla scuola, a sculacciare il partito del #nonsiamocrocette). La valutabilità, o meno, di un sistema nel suo complesso. Che si tratti dei risultati scolastici degli studenti (Pisa) o dell’efficacia didattica, come è lo scopo degli Invalsi.

 

SCUOLA RENZISCUOLA RENZI

Creare concorrenza tra le scuole (e tra gli studenti) per molti è ancora un tabù, ma nessuno più nega che una scuola “che funziona” sia meglio di una abbandonata al caso, o a se stessa. E per avvicinarsi a un modello che funzioni c’è bisogno (anche, è il minimo) di standard di misurazione da cui partire. L’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (un nome che uccide di burocrazia, e vorrà dire qualcosa) è da sempre criticato, con i suoi test, soprattutto perché i risultati non avrebbero efficacia comparativa: diverse le realtà sociali e geografiche, diversi i metodi di insegnamento.

 

Luca Ricolfi, anni fa, fu uno dei primi a denunciare anche “la tenacia con cui gli insegnanti colludono con gli studenti”, dipendente dall’idea “che una ‘classe che va male’ segnali un ‘insegnante che non sa insegnare’”. Idea parente del senso di colpa per cui “se un ragazzo non ce la fa la colpa è innanzitutto della scuola, che non l’ha motivato, non l’ha sostenuto, non l’ha aiutato, non l’ha recuperato”.

 

Da qui nascono tante posizioni banali, spesso dei sindacati, che chiedono di “non buttare soldi” con i test Invalsi e di spenderli per il recupero della dispersione scolastica, come se questo problema fosse un male di stagione, senza rapporto con quello che si fa o non si fa a scuola. Si potrebbe, piuttosto, obiettare che le valutazioni a test non sono sufficienti, e anzi sono fuorvianti.

renzi in una scuola di milanorenzi in una scuola di milano

 

Negli Usa c’è un forte dibattito sul Common Core, un sistema di test con lo scopo di offrire a livello federale un feedback sull’apprendimento, per poi orientare le performance verso uno standard unico. Un approccio secondo molti sbilanciato sul problem solving e su una eccessiva parcellizzazione del sapere, nonché limitativo della libertà di insegnare.

 

Purtroppo in Italia siamo lontani anni luce dal poterci dedicare a questi dilemmi. Da noi c’è solo un sistema che si pretende ingiudicabile se non da se stesso (“l’autovalutazione” è un mostro che sta rientrando nella “Buona scuola”). Che rifiuta di sottoporsi a verifica per la paura di (far) scoprire che la scuola A nella regione B è diversa dalla C nella regione D. Quando l’ex ministro Carrozza suggerì di estendere alle università il test Invalsi, fu accusata di voler “imporre un particolare modello di scuola escludente, incapace di valorizzare le differenti intelligenze”. Spiegare che non è così, direbbe Dante, “è duro calle”.

RENZI NELLA SCUOLA ELEMENTARE A SIRACUSA RENZI NELLA SCUOLA ELEMENTARE A SIRACUSA

 

 

 

2.ALESSANDRA ANGELUCCI: CARI COLLEGHI, QUESTI TEST CI AIUTANO, NON SONO MOSTRI

Tommaso Rodano per il “Fatto Quotidiano

 

La battaglia contro Invalsi? È irrazionale. Con tutte le minacce che ci sono nei confronti degli insegnanti... Bisognerebbe rimanere uniti per remare insieme verso una scuola realmente buona (non certo ‘la Buona scuola’ di Renzi!), invece ci dividiamo sui quiz”.

 

Alessandra Angelucci insegna matematica al liceo scientifico Kennedy di Roma. Ha lavorato in prima persona alla stesura dei test. “Le prove Invalsi non sono un mostro, ma uno strumento utile per i docenti. Un termometro: misurano i livelli di conoscenza e di competenza acquisiti dagli studenti”.

 

Come si prepara un test Invalsi?

Renzi nella scuola di TrevisoRenzi nella scuola di Treviso

Con un lavoro scrupoloso, portato avanti da un gruppo di docenti e professionisti. Ogni fascicolo chiede un impegno di due anni, a cui partecipano centinaia di persone. Soprattutto per passione, visto che i compensi sono molto contenuti.

 

In che modo dovrebbero migliorare il sistema scolastico?

Le scuole italiane sono eccezionali quando insegnano a ragionare per astrazione, ma bisogna anche imparare ad applicare quello che si studia in contesti pratici.

Invalsi permette agli insegnanti, e ai genitori, di rispondere a una domanda: cosa rimane al ragazzo di tutto quello che studia in classe? Una volta aggregate, le statistiche sui livelli di apprendimento dovrebbero essere utilizzate per diminuire il divario tra nord e sud, tra centro e periferia. In Svezia, ad esempio, i docenti migliori vengono indirizzati negli istituti che ne hanno più bisogno. Ripeto, Invalsi non è un mostro: è un termometro.

 

vendola alla manifestazione contro la riforma della scuolavendola alla manifestazione contro la riforma della scuola

Chi protesta contro i test, sostiene che servano a valutare solo l’accumulazione di nozioni. Uno slogan degli studenti è “Non siamo solo crocette”.

Metà delle domande sono a risposta multipla, “a crocette” appunto. Ma l’altra metà sono domande aperte, in cui si chiede anche di argomentare. Le crocette però non vanno disprezzate. Le risposte multiple non sono mai scelte a caso: servono a mettere in luce il ragionamento dello studente, forniscono degli elementi di valutazione utili. Certo, se Invalsi avesse più risorse probabilmente potrebbe aumentare il numero di domande aperte, ma non sono sicura che aumenterebbe l’efficacia dei test.

 

Come si spiega tante proteste?

L’ostilità degli studenti credo sia principalmente eterodiretta, è influenzata dal giudizio degli insegnanti.

 

Perché allora i suoi colleghi ce l’hanno tanto con Invalsi?

SCIOPERO SCUOLASCIOPERO SCUOLA

Probabilmente perché li vivono come una minaccia alla libertà d’insegnamento. È un riflesso quasi pavloviano: siamo talmente abituati a prendere “bastonate” che ogni intervento esterno ci sembra una fregatura. E poi c’è la tendenza di molti docenti italiani a rifiutare qualsiasi forma di valutazione dei loro metodi. Anche questa è una leggenda: le prove Invalsi servono a valutare il livello di apprendimento degli studenti, è tecnicamente impossibile che diano un giudizio sull’insegnante. Per farlo, per esempio, servirebbe che ogni professore lavorasse per almeno cinque anni con la stessa classe, e di questi tempi è rarissimo per singoli casi, figurarsi per l’intero corpo docente! In ogni caso, in molti docenti italiani c’è una resistenza eccessiva: la libertà d’insegnamento è sacrosanta, la libertà di cattivo insegnamento no.

 

 

3. MARGHERITA FRANZESE: SONO UNA CORSA AD OSTACOLI

Elisabetta Reguitti per il “Fatto Quotidiano

 

Come la mettiamo con i test Invalsi per i “bisogni educativi speciali” e i “disturbi specifici dell’apprendimento”? La domanda sorge spontanea parlando con Margherita Franzese, insegnante di sostegno in uno dei maggiori istituti comprensivi di Roma.

 

Come si concilia il famigerato “quiz alla tedesca”, con tanto di cronometro, con studenti con situazioni così delicate?

SCIOPERO SCUOLA SCIOPERO SCUOLA

Non si concilia. Nelle classi sempre più spesso troviamo ragazzi con problemi particolari, che per l’appunto vengono identificati con acronimi come “bes” oppure “dsa”, senza contare la presenza di studenti di origine straniera. Una valutazione del genere, come se fosse una gara a ostacoli, ritengo sia la cosa meno utile che si possa introdurre in una realtà scolastica che per antonomasia dovrebbe rappresentare il luogo dell’apprendimento a seconda delle caratteristiche dell’individuo.

 

Come si è comportata in questi giorni?

Per la verità quest’anno, insegnando nelle seconde medie, non dovrò somministrare i test, ma fin dalla loro introduzione mi sono opposta a questo sistema.

 

Oltre alla specificità dei casi particolari che abbiamo citato, quali sono le ragioni che non la convincono?

Semplice: la scuola è un po’ come un ospedale. I ragazzi vanno valutati come dovrebbero fare i medici davanti ai pazienti. Sono persone con le loro peculiarità, capacità di apprendimento, con diversi tempi di reazione. Con questo sistema di valutazione l’insegnante entra in classe, consegna il foglio e fa partire il conto alla rovescia dando così il via ad una gara di crocette da inserire nella casella giusta. In questo modo è molto facile che qualche alunno si confonda, preoccupandosi più della clessidra che della risposta corretta. Quindi l’attendibilità dei test può essere legata a fattori contingenti.

 

Una difficoltà in più per chi, come lei, è insegnante di sostegno.

SCIOPERO SCUOLASCIOPERO SCUOLA

Non tanto per me ma per i ragazzi stessi. Consideri che noi predisponiamo test specifici che però non verranno considerati nella valutazione finale dell’istituto. Infatti pur essendo inseriti nel plico complessivo, vengono poi bollati con un’apposita etichetta e quindi esclusi. Personalmente ritengo questo metodo discriminatorio.

 

Cosa proporrebbe di alternativo per valutare la qualità dell’insegnamento nella scuola italiana?

Non siamo contrari ad essere valutati, ma allo stesso tempo ci aspettiamo che vengano attuate modalità più efficaci e magari anche meno dispendiose da un punto di vista finanziario.

 

Ad esempio?

Prima di tutto gli stessi esami di terza media sono parametri di valutazione. Inoltre, qualcosa di altrettanto utile, stimolante e divertente per i ragazzi sono le varie gare di logica, matematica, lettura e scienze. Insomma le alternative non mancano. Basterebbe valorizzarle.