DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giuseppina Manin per il “Corriere della Sera”
Opera russa, cupa storia di sangue e potere, musica aspra e poco orecchiabile, pope barbuti, campane, croci, turiboli, monaci invasati, bambini insanguinati Il dubbio che tutto questo armamentario potesse risultare ostico a dei ragazzi, che magari entrano alla Scala per la prima volta, era più che legittimo. Invece, tutti pazzi per Boris. Il club della «Primina» si è ritrovato ieri per l'ormai collaudatissima serata dedicata agli Under 30 e ha decretato il trionfo del capolavoro di Musorgskij che dopodomani aprirà la stagione. Sul podio Riccardo Chailly, regia di Kasper Holten, protagonista il basso Ildar Adbrazakov.
A convincere una platea fresca e gioiosa le scene spettacolari e la maestosità dei cori, il popolo vestito di rosso all'apertura del sipario, e il momento tutto d'oro dell'incoronazione, quando il fiume della carta vergata con le cronache dell'epoca viene squarciato e compare un corridoio luccicante da cui esce un corteo degno dell'Aida: sacerdoti con labari dorati, boiari in pompa magna, una porta d'oro modello Cremlino da cui avanza il nuovo zar, ricoperto di damaschi e pellicce, in una mano lo scettro, nell'altra il globo del mondo, simboli di potere assoluto.
«Un momento da brivido, di una bellezza abbagliante - assicurano Simone e Giuseppe, 21 e 22 anni, il primo studente di ingegneria, il secondo di giurisprudenza -. È la nostra prima opera, eravamo un po' preoccupati per il fatto che fosse in russo, ma ci siamo preparati, e poi i sottotitoli rendono tutto chiaro».
Entusiasti e esordienti anche due diciottenni, Davide e Michele. «Questa vicenda di 500 anni fa ci ha fatto molto pensare all'oggi. Per qualcuno quest' opera era il modo peggiore di aprire la stagione, per noi invece è il migliore, perché invita a riflettere sul potere, come lo si raggiunge, come i crimini si debbano sempre scontare».
Arrivata da Bologna, dove studia al Dams per diventare organizzatrice teatrale, Jigzhi, 25 anni, giapponese, lungo abito di velluto rosso, racconta di essere rimasta colpita dal personaggio del piccolo zarevic assassinato che il regista vuole costantemente in scena, a fianco di Boris, memento della sua colpa. «È un'opera speciale, senza una donna, senza una storia d'amore .Quello che mostra è un mondo spietato, che purtroppo ci assomiglia. Per questo ci tocca così da vicino».
Abito di paillettes verde sirena che le scopre la schiena, Beatrice, 24 anni, si è fatta tatuare tra le scapole una chiave di violino. «La musica è il mio amore, studio da soprano al Conservatorio di Milano. A colpirmi è stato soprattutto il Coro, quello della Scala davvero pazzesco. Quand'ero piccola, ho fatto parte per un certo periodo delle Voci Bianche.
Quando vengo qui mi sento a casa».
I tanti mugugni che hanno preceduto questo Boris, le polemiche sull'arte russa da mettere al bando, qui non raccolgono consensi. «Non possiamo certo dimenticare la guerra in corso, ma l'arte, di qualsiasi nazione, è patrimonio di tutti» sostiene Alberto, 30 anni, ultima Primina per diritto, ma ormai scaligero incallito. «La musica in particolare, essendo linguaggio universale, è strumento per costruire ponti e distruggere muri» aggiunge Marco, anche lui trentenne che di primine ne ha viste tante e un po' gli spiace uscire dal club. Il tema appassiona anche Giacomo, anni 19, che sfoggia un elegante costume tirolese perfetto per il festival di Salisburgo.
«L'ho trovato in un negozio vintage, non ho resistito. All'inizio confesso di avere avuto qualche perplessità su un'opera in russo, ma poi ho ascoltato quello che ha detto Chailly nel presentare Boris e ho capito quanto questo atto d'accusa sia attuale e necessario». Infine un parere da «addette ai lavori» da Marta e Dominque, ventenni ma con alle spalle già una esperienza di maschere al Piermarini. «Che ci fa capire quanto lavoro ci sia dietro uno spettacolo come questo. Anche se abbiamo smesso la divisa con il medaglione al collo, l'anima della Scala ci è rimasta dentro».
boris godunov con Ildar Abdrazakov
LA SERATA DEDICATA AGLI UNDER 30
Ivan Rota per Dagospia
Dieci minuti di applausi. E' così che il pubblico degli under trenta ha accolto gli interpreti di 'Boris Godunov', spettacolo diretto dal maestro Riccardo Chailly, alla Primina della Scala, anteprima riservata ai giovani.
La Prima andrà in scena mercoledì 7 dicembre, giorno di Sant'Ambrogio e Milano, come ogni anno, é in fermento. Nonostante le polemiche nate dalla scelta di un’opera russa, questo Boris Godunov é un successo annunciato. E per il fatto che la scelta del titolo russo abbia scatenato le prese di posizione della comunità ucraina e del console Andrii Kartysh, tutti dicono: “La cultura è cultura".
SERGIO E LAURA MATTARELLA ALLA SCALA
E in ogni caso, chiunque conosca i meccanismi del Teatro alla Scala sa benissimo che l’opera per la Prima viene decisa con anni d’anticipo . Alle prove , tutti sono rimasti incantati dal basso Ildar Abdrazakov alla sua sesta prima al Teatro alla Scala: é uno tra i più grandi interpreti al mondo: dietro le quinte alle prove generali assistiamo alla sua entrata per la scena dell’incoronazione davanti il portale dorato del Cremlino mentre suonano le campane sino quasi a stordire per rappresentare il dramma al centro dell’opera.
Il dramma di un uomo cinico che resta vittima dei suoi fantasmi e delle sue ossessioni. “Cosa ci insegna il capolavoro di Musorgskij? Ci permette di capire quanto sia importante che il potere non si concentri nella mani di una sola persona. Abbiamo bisogno di democrazia e di libertà di parola” sottolinea il regista Kasper Holten a Sky Tg24. L’opera è del compositore russo Boris Musorgskij, che tanto ci ricorda le atmosfere fosche dell'Amleto di Shakespeare: niente minimalismo finalmente, tanti costumi, tanto oro, una scenografia trionfale per una durata di poco più di due ore. La versione del 1869 è quella scelta da Riccardo Chailly. Lo sconvolgente affresco di Musorgskij su brutalità e solitudine del potere, ispirato da Puškin, ha un forte legame con la Scala: qui avvenne la prima italiana nel 1909 e qui Claudio Abbado firmò una grande edizione con la regia di Jurij Ljubimov il 7 dicembre 1979. Assistente di Abbado era Riccardo Chailly.
Biglietti esauriti ormai da giorni. Oltre al doposcala ufficiale, tanti eventi complementari da Cracco, al Boeücc, al Grand Hotel et de Milan. Atteso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel palco reale (nel quale, come Dago-rivelato si rischia l’overbooking) con la Premier Giorgia Meloni e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Attesi anche il presidente del Senato Ignazio La Russa e quello della Camera Lorenzo Fontana, oltre ai ministri Gennaro Sangiuliano e Giuseppe Valditara. Non ancora sicura il ministro Daniela Santanchè, in forse anche il sottosegretario Vittorio Sgarbi. Chiudiamo con una frase, che merita di diventare storica, della stilista Raffaella Curiel:” La sobrietà lombarda resta un simbolo della coscienza civile della città”.
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