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Marco Giusti per Dagospia
SAVIANO LA PARANZA DEI BAMBINI
Bang! Bang! Magari non tutto il cinema, ma certo quello violento, ambientato a Napoli e dintorni, con le pistole e tutto il resto, con i bravi ragazzi che diventano criminali, lo sappiamo fare meglio di tutti.
La paranza dei bambini, diretto dal Claudio Giovannesi di Fiore, Alì ha gli occhi azzurri e di due bellissime puntate di Gomorra, prodotto dalla Vision e dalla Palomar de Il commissario Montalbano, scritto da Maurizio Braucci, dallo stesso regista e da Roberto Saviano, che lo ha tratto dal suo omonimo romanzo, fotografato dal Daniele Cirpì di Cinico TV, è giustamente esploso ieri al Festival di Berlino svegliando i critici mezzo assonnati non solo perché è un gran bel film, girato come Dio comanda con la camera a mano per i quartieri di Napoli, ma perché ha anche una carica di umanità e di desiderio di raccontare delle storie esemplari di un’Italia assurda e capovolta che nessun documentario o reportage giornalistico riuscirebbero a fare. Giovannesi, Braucci, Saviano e Ciprì ci riescono grazie al cinema.
La piccola invenzione del giovanissimo boss del quartiere Sanità che questiona col fratellino minore perché gli ha nascosto le crostatine a colazione, dopo che lo abbiamo visto dare ordini e sparare per metà film, spiega bene il nodo centrale del film. Non tanto un Gomorra giovani, come Sanremo giovani, anche se il desiderio di farne una serie, vista la presenza della Palomar di Carlo Degli Esposti, mi sembra comprensibile, quanto il ritratto di un gruppo di ragazzini di 15-16 anni, che si ritrovano a essere boss e camorristi quasi naturalmente perché vogliono crescere, vogliono faticà.
E la fatica sembra che possa essere solo quella. Tutto è molto semplice nel quartiere. Dal desiderio di avere un paio di Nike da 180 euro, la felpa caruccia, la ragazza che va in discoteca, i mobili da guappo, alla giusta voglia alla Robin Hood di eliminare il pizzo camorristico dal negozio della mamma. Il giovane Nicola, interpretato da Francesco Di Napoli, e il suo gruppo di amici composto dal Tyson di Ar Tem, da Biscottino di Alfredo Turitto, da Lollipop di Ciro Pellecchia, scivolano facilmente verso la strada sbagliata perché non hanno altri modelli da seguire, a parte quello di subire le angherie che vedono tutti i giorni.
Una generazione di fottitori e fottuti, insomma, che non riesce a uscire dai modelli di violenza che chiudono in un ghetto l’intero quartiere. Come in Gomorra, ma anche nella Ostia volenta dei film di Claudio Caligari, non sembra esserci altra vita possibile per i nostri giovani eroi. Magari un sogno di fuga verso Gallipoli con la bella, la Letizia di Viviana Aprea.
Costruito benissimo sotto tutti i livelli, sostenuto da una fotografia che punta sempre al realismo e sa cogliere perfettamente il fascino dei quartieri, La paranze dei bambini ci riporta spesso anche ai personaggi senza futuro di Fiore, ai loro sogni impossibili. Il film funziona meglio nella prima ora, davvero spettacolare, con lo scontro tra la gang dei ragazzini e gli adulti, capitanati dai due boss Aniello Arena e Renato Carpinteri, che nella seconda, dove all’ascesa deve corrispondere una caduta.
Su tutto pesa, ovviamente, l’esempio di Gomorra, film e serie, sia positivamente che negativamente. Giovannesi cerca di uscirne puntando su un tipo di cinema più romantico e personale, ma non è sempre semplice. I ragazzi, tutti inediti, sono meravigliosi. In uscita oggi in 300 sale.
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