michieletto le baruffe

“LE BARUFFE” ALLA FENICE DI VENEZIA – MATTIOLI: "DAMIANO MICHIELETTO, STRAVOLGITORE OTTIMO, È RIUSCITO A RIDURRE GOLDONI FACENDO IL MINIMO NECESSARIO, MA FACENDOLO MOLTO BENE. LA MUSICA DI GIORGIO BATTISTELLI È, AL SOLITO, SCRITTA BENISSIMO. RESTA IL PROBLEMA DEL CANTO CHE NON DEFINISCE MAI I PERSONAGGI. TUTTI CANTANO, ANZI DECLAMANO, ALLO STESSO MODO. SI HA L’IMPRESSIONE CHE SE I PERSONAGGI SI SCAMBIASSERO LE PARTI, IL RISULTATO FINALE NON CAMBIEREBBE…" - VIDEO

 

 

Dal profilo Facebook di Alberto Mattioli

 

 

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Aggiornamento statistico. Ieri sera la mia recita d’opera numero 1.877: “Le baruffe” alla Fenice - Una delle frasi più stupide dei Melomani Medi, quindi delle più ripetute, è: se questi registi vogliono stravolgere le opere, allora se le scrivano loro! Beh, accontentati.

 

Perché alla Fenice, per i sessant’anni della Marsilio (con anteprima per la casa editrice che ha un po’ smosciato la teorica première assoluta di ieri), Damiano Michieletto, stravolgitore ottimo massimo e bestia nera dei MM, il libretto se lo è anche scritto, riuscendo a ridurre Goldoni senza miniaturizzarlo, insomma facendo il minimo necessario, ma facendolo molto bene.

 

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La musica di Giorgio Battistelli è, al solito, scritta benissimo. All’attivo, grande mobilità ritmica, notevoli invenzioni orchestrali (in buca percussioni e ottoni sovrastano gli archi), bellissimo sia il coro iniziale, una descrizione musicale del pettegolezzo, sia quello finale, la capacità di delineare atmosfere, la fisarmonica usata (troppo poco, però) per fare il popolare.

 

Resta, e anche qui viene da dire: al solito, perché era esattamente lo stesso per il “Giulio Cesare” romano, il problema del canto, che non definisce mai i personaggi. Tutti cantano, anzi declamano, allo stesso modo. Si ha l’impressione che se i personaggi si scambiassero le parti, il risultato finale non cambierebbe. E forse repentini cambi di registro espressionisti da Elektre in saor sono un po’ eccessivi se si disputa, anzi si ciacola, della zucca barucca. Tutto è, come dire?, un po’ troppo.

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L’esecuzione diretta da Enrico Calesso è parsa ottima, per quanto si possa giudicare al primo ascolto una partitura così complessa. I cantanti padroneggiano tutti molto bene non il veneziano, che già sarebbe difficile, ma il chioggiotto, che è difficilissimo (chi sono io per giudicare? Nessuno, infatti ho chiesto agli amici autoctoni). Per una volta, mi sembra, più bravi gli uomini delle donne. Quelli che mi hanno colpito di più sono Leonardo Cortelazzi-Toffolo, Marcello Nardis-Beppo, Alessandro Luongo-Padron Toni e Federico Longhi-Isidoro, ma in generale la compagnia funziona.

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Spettacolo meraviglioso con tutta la michieletteria al suo meglio: regia del medesimo, scene splendide di Paolo Fantin aka Fantineon, costumi idem di Carla Teti, luci idem idem di Alessandro Carletti e così via. Regia “semplice”, che rende intellegibile l’azione ma poi si coagula in immagini di bellezza struggente. Pubblico assai plaudente, MM compresi.

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