1. LESBOTRIONFO A CANNES. UNA FIGA DOMINANTE A FORMA DI PALMA D’ORO. ALLA FACCIA DEL CINEMA MISOGINO-CRIPTO-FROCIO-IMPOTENTE MASCHILE. IN BARBA AI CATTOLICI ANTI-NOZZE GAY. A DISPETTO DELLE “GRANDI BELLEZZE” DE’ NOANTRI 2. LA PALMA D'ORO VA QUINDI A "LA VIE D'ADELE", STORIA D'AMORE LESBIENNE DEL TUNISINO KECHICHE, PREMIO PIÙ CHE GIUSTO, CHE LO HA FESTEGGIATO CON LE SUE ATTRICI ADELE EXHARCOPOULOS E LEA SEYDOUX TOTALMENTE SCIOLTE TRA LE LACRIME 3. GRAND PRIX AL MERAVIGLIOSO "INSIDE LLEWYN DAVIS" DEI FRATELLI COEN, MIGLIORE REGIA VA AL VIOLENTISSIMO "HELI" DEL MESSICANO ESCALANTE, PREMIO DELLA GIURIA VA AL GIAPPONESE "LIKE FATHER, LIKE SON" DI KORE-EDA. MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA E' IL VECCHIO BRUCE DERN PER "NEBRASKA", E NON COME TUTTI AVEVANO PREVISTO ALLA COPPIA MICHALE DOUGLAS-MATT DAMON PER "BEHIND THE CANDELABRA". MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA E' BERENICE BEJO PER "LE PASSE’" DI ASGHAR FARHADI

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Marco Giusti per Dagospia

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Lesbotrionfo a Cannes. Alla faccia del cinema misogino maschile. Tutto come previsto a Cannes 66? Beh, non proprio, visto che erano circolati tutto il pomeriggio nomi completamente diversi. La Palma d'Oro va quindi a"La vie d'Adele", storia d'amore lesbienne di Abdellatif Kechiche, premio più che giusto, che lo ha festeggiato con le sue attrici Adele Exharpopoulos e Lea Seydoux totalmente sciolte tra le lacrime.

Grand Prix al meraviglioso "Inside Llewyn Davis" dei fratelli Coen, che non hanno potuto ritirare il premio, Migliore Regia va al violentissimo "Heli" del messicano Amat Escalante, che in effetti e' un film dalla messa in scena perfetta, premio della Giuria va al giapponese "Like Father, Like Son" di Hirokazu Kore-Eda. Miglior Attore Protagonista e' il vecchio Bruce Dern per "Nebraska" di Alexaner Payne, che non c'era alla premiazione, e non come tutti avevano detto alla previsto alla coppia Michale Douglas - Matt Damon per "Behind the Candelabra".

Bella soddisfazione per un caratterista che ha veramente girato con qualsiasi regista, perfino con Alfred Hitchcock. Miglior Attrice Protagonista e' Berenice Bejo per "Le passe" di Asghar Farhadi e non come si pensava a Emmanuelle Seigneur per "La Venus au fourrure" o, come sarebbe stato più giusto alle ragazze di Kechiche. Premio per la Migliore Sceneggiatura, lo ha consegnato Asia Argento, va a "A Touch of Sin" di Jia Zhangke.

Più che giusto. Migliore opera prima, il premio Camera d'or con giuria presieduta da Agnes Varda, va "Ilo Ilo" di Anthony Chen, passato alla Quinzaine, storia di una famiglia in quel di Singapore. Trionfo, insomma, della tematiche omosessuali in una Francia che solo la settimana scorsa a dichiarato possibili i matrimoni gay (da noi non se ne parla nemmeno a "Servizio pubblico"), non solo per il premio a Kechiche, ma per quello alla commedia gay alla Quinzaine e a "Salvo", primo film italiano diretto da una coppia gay.

E trionfo dei film dove la liberazione femminile esplode in maniere diverse dimostrando quanto sono vecchi e superati i maschi e le coppie etero (ci rimangono solo i vampiri demodee di Jim Jarmusch).

Le tre ore con scene di sesso esplicito delle ragazze di Kechiche e la vita di Liberace di Soderberg, anche il fatto di vedere delle star di prima grandezza o le giovani e bellissime attrici francesi in scene d'amore pesanti risveglia un bel po' il torpore da cinema di papa' di Cannes, che, se sviluppava tematiche ardite non poteva pero' contare su nulla o quasi di cinema più sperimentale.

Per quanto riguarda il non premio a "La grande bellezza" diciamo che sicuramente Jep Gambaredella l'avra' presa con filosofia. E' la vita e lui e' un uomo di mondo. Paolo Sorrentino magari un po' meno bene, visto che se l'aspettava proprio un premio. Ma tra i venti film in concorso c'erano opere davvero innovative e perfette, non era facile farsi strada senza una mano da un giurato o da un presidente italiano, come e' accaduto altre volte.

Nemmeno "Habemus Papam" di Nanni Moretti un anno fa ottenne nulla. Rimane, con Garrone, Vicari, Sollima uno degli autori giovani più forti della scena italiana e più potenti. Per il resto e' andata secondo le ultime previsioni. In una Cannes dove i film più moderni mettevano in scena personaggi femminili e sentimenti al femminile, la vittoria di "La vie d'Adele" di Abdellatif Kechiche premia.

Per quanto riguarda Un Certain Regard erano gia' noti i premi da ieri sera. Vince "L'image manquante" del cambogiano Rithy Pan, bellissimo documentario, raccontato con tecnica mista, materiali di repertorio e pupazzetti di creta colorati, sul disastro della rivoluzione di Pol Pot e sulla tragedia personale del regista, che ha visto la sua famiglia travolta dalla dittatura.

Premio della Giuria a "Omar" di Hany Abu-Assad, premio per la regia allo scatenatissimo giallo omo "L'inconnue du lac" di Alan Guiraudie. Premio Certain Talent al messicano "La jaula de oro" di Diego Quemada-Diez. Premio Avenir al non eccelso "Fruitvale Station" di Ryan Goosler, che batte pero' "Miele" della Golino come opera prima.

Non male il discorso ufficiale del Presidente della Giuria Thomas Vinterberg sui film visti: "Statuine di creta, estrema bellezza, violenza, pompini omosessuali, sistematica umiliazione del genere umano, le gambe di Lea Seydoux, grandi imitazioni di Brando sono sole alcune delle immagini uniche che ci seguiranno per un bel po'".

Tra gli altri premi, non proprio riconosciuti, quello alla miglior colonna sonora va a quella, meravigliosa, composta da Jozef Van Wissem e Squrl per "Only Lovers Left Alive" di Jim Jarmusch. Migliore interpetazione felina a Ulysses il gattone rosso del film di Coen (il mio preferito). Il gatto rosso di "Tore Tanzt" invece fa una brutta fine (annegato), e il cagnolino di "Heli" pure peggio (strangolato).

 

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