DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto del libro di Lilli Gruber “Non farti fottere” (Rizzoli) pubblicato dal “Corriere della Sera”
COPERTINA NON FARTI FOTTERE - LILLI GRUBER
Nell’estate del 2023, il porno entra con prepotenza nelle discussioni degli italiani. Che ne sono, peraltro, tra i maggiori consumatori al mondo: secondo i dati diffusi da Pornhub, uno dei principali siti di video hard, nel 2022 l’Italia è in sesta posizione tra i principali fruitori, nel 2023 in ottava. Sul podio Stati Uniti, Filippine e Francia.
La pornografia online non è una catastrofe naturale, è un fenomeno creato, sviluppato e gestito dagli uomini. Con i disastri climatici ha però in comune una caratteristica: sembra inarrestabile. Ha conosciuto una tale accelerazione negli ultimi anni che non è più possibile ignorare la sua influenza e il suo impatto.
Ormai domina il web, dove rappresenta il 30 per cento del traffico di immagini. Le grandi piattaforme hard, come XVideos, XNXX, xHamster e Pornhub, sono tra i siti più visitati in assoluto. Centinaia di milioni di uomini e, in misura minore, di donne li frequentano ogni giorno per rendere più piccante la loro vita sessuale, che sia reale o immaginaria.
E legioni di ragazzi e ragazze, armati di smartphone, cercano qui le risposte alle domande che tutti gli adolescenti si pongono. In una sola clip di dieci minuti, possono passare in rassegna un campionario di ginnastica sessuale che le generazioni precedenti impiegavano molto più tempo a scoprire. Le ricerche serie e attendibili sull’argomento sono rare.
Uno degli studi più recenti, condotto negli Stati Uniti nel 2022, rivela che più di tre quarti dei minorenni intervistati (maschi e femmine) sono consumatori di pornografia online, e che l’età media di accesso a questo mondo è di dodici anni. Ancora più recente e vicino a noi è Lo stato dell’adolescenza 2023, condotto da tre ricercatori del Cnr.
Il campione preso in esame conta più di quattromila liceali italiani, tra i quattordici e i diciassette anni. Quasi il 90 per cento dei maschi e il 40 per cento delle ragazze hanno frequentato più o meno assiduamente siti hard. Troppo porno, e troppo presto: un fenomeno globale che merita di essere esplorato.
Sulle abitudini degli adulti le statistiche diffuse da Pornhub rivelano un immaginario variegato. Circa dieci minuti è il tempo di durata media della visita. Le prime ricerche degli italiani: «italiano», «milf», «amatoriale», in pratica i nostri uomini cercano filmini delle loro madri che stirano nude.
Anche in America le «milf» si trovano sul podio, ma insieme a «hentai» (animazioni porno sullo stile dei manga giapponesi) e «lesbian». In questi video i codici sono chiari: erezione, penetrazione, eiaculazione costituiscono l’arco narrativo di un susseguirsi di scene di sesso.
Il corpo femminile, ridotto ai suoi orifizi, serve come ricettacolo dell’esplosione del piacere dell’uomo. Si richiede, spesso, che le dominate esprimano la loro soddisfazione nei confronti del dominatore con gli appropriati sospiri e gemiti. Spesso, ma non sempre: anche la sofferenza, la violenza, la vittima presa contro la sua volontà, umiliata e ferita sono opzioni diffuse. Siamo nel mondo dei corpi intercambiabili e senza valore, compresi quelli maschili.
Tra adulti consapevoli, non c’è da scandalizzarsi. Ma, come abbiamo visto, il porno non è più, se mai lo è stato, una faccenda per adulti consapevoli. La massiccia diffusione dei video gratuiti online è il vero game changer e il problema interpella tutti: i più vecchi e i più giovani, i genitori, gli educatori, la politica e anche l’economia.
Ormai è qui che i ragazzi apprendono le regole del gioco, finendo nelle maglie di un sistema che sfrutta la loro curiosità, li circuisce e si impossessa dei loro corpi, delle loro menti e non ultimo dei loro dati personali.
Dovremmo passare il tempo a ripeterglielo: «Non farti fottere! Qui non decidi tu». Invece, non diciamo niente: li lasciamo soli davanti agli schermi. Di porno nessuno parla davvero, al di là delle notizie del giorno, della singola emergenza che si vorrebbe «risolta» da un decreto, quando non da una passerella.
D’altra parte, è una zona grigia tra lecito e illecito. Esistono norme per proteggere i più piccoli: la pornografia non è reato, a meno che non abbia per oggetto dei minori, nel qual caso sono sanzionati anche solo il possesso o l’accesso ai materiali. Oltre questa basilare misura di civiltà, si stende un deserto normativo all’interno del quale si fatica a intervenire con efficacia.
E così la politica alterna imbarazzati silenzi e rumorosi pudori. A inizio ottobre del 2023, la discussione in Parlamento di una mozione sull’educazione sentimentale e sessuale dei minori, presentata dal Movimento 5 Stelle, ha prodotto alla Camera un’indegna bagarre. Un deputato leghista scandalizzato e offeso ha accusato le opposizioni di voler «obbligare i bambini alle loro porcherie».
Peccato che i bambini siano già vittime di porcherie assai peggiori e dannose. Le istituzioni devono aprire gli occhi. La sessualità è una chiave della sopravvivenza della specie, è un elemento fondamentale della nostra psiche, è una fonte di desiderio e piacere, ed è una dimensione umana che ha dato origine a infinite forme di creatività.
Ridurre la conoscenza e la cultura del sesso al porno online, nel silenzio e nell’ipocrisia, significa inquinare la nostra convivenza e ipotecare il futuro delle generazioni digitali. A loro — soprattutto ai giovani uomini — stiamo trasmettendo una falsa idea che nega la complessità di un’esperienza dalle mille sfumature. Non è un problema morale. È un problema sociale e civile. Va affrontato e la prima necessità è parlarne.
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