DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Giovanna Cavalli per corriere.it -Estratti
«Papà aveva tre grandi passioni: musica, donne e motori».
In che ordine?
«A pari merito. Faceva collezione di auto, almeno 10, chiuse nel box riscaldato. Le sue preferite erano la Cadillac Biarritz celeste con due punte e la Eldorado bianca con interni di pelle rossa. Le tirava fuori nelle giornate di sole, schierate a semicerchio davanti al portico. Apriva gli sportelli per fargli prendere aria, le lucidava. Ogni domenica mi portava a fare un giro: “Dai, Cris, andiamo al mare”. Arrivati sul vialetto che conduceva al cancello della villa, mi faceva sedere tra le sue ginocchia e mi insegnava a guidare. Io tenevo il volante, lui i pedali. Avrò avuto 6 anni. E magari era una Ferrari».
(...)
Non c’era quasi mai.
«Se fosse stato più presente, sarebbe stato un grande padre. Buono, generoso, allegro. Gli piaceva circondarsi di personaggi assurdi, che giravano per casa. Come un piccoletto che sembrava Carlo Delle Piane, una specie di tuttofare. Papà gli affidava un orologio da riparare, una giacca da smacchiare. Lui non riportava mai niente, se li vendeva. O un omone alto e grosso, che andava chissà dove e tornava, che so, carico di scatole da scarpe. “Belle, ma sono 46 e io porto il 42”. “A Tony, e che per 20 mila lire volevi pure il numero giusto?”.
Lui si divertiva come un pazzo. A pranzo la domestica non sapeva mai per quanti apparecchiare. Dall’una alle tre la gente si presentava senza invito. Citofonava e basta, che papà ci fosse o no. Era una mensa sempre aperta. Ha aiutato tantissime persone, gli pagava i conti».
Però?
«Però con me purtroppo c’è stato poco. Sempre in giro di qua e di là, miliardi di concerti. Mamma in viaggio. Mi lasciavano con la nonna o la governante. Avevo tutto. Pure una piscina olimpionica in giardino. Ma avrei voluto un fratello o una sorella con cui giocare. Passavo mesi da sola. E questo mi ha causato tanti problemi. Per 12 anni ho sofferto di anoressia. Una malattia che mio padre non ha mai riconosciuto. “Ma che ci vuole? Basta che apri la bocca e mangi”. Ci ho messo tempo a capire che reagiva così per ignoranza. E in certi momenti sì, l’ho detestato».
Cantavate insieme.
«A volte non voleva portarmi sul palco, diceva che ero troppo magra. Mi arrabbiavo. “Almeno mettiti un bolerino che ti si vedono tutte le ossa”. Le gambe restavano più muscolose, ho fatto danza per tanti anni. Ma sopra ero uno scheletro. Non mi ha voluta nemmeno quel 9 marzo del 2013 a I migliori anni di Carlo Conti. La sua ultima apparizione in tv, allora non poteva saperlo. “Porto un’altra corista, così non ci vieni, la gente mi fa domande e io non so cosa rispondere”. Litigammo di brutto».
Lo ha perdonato?
«Sì. C’era un grande amore, tra me e mio padre. Per questo ci soffrivo tanto. Siamo nati lo stesso giorno, il 9 febbraio. Stesso carattere».
(…)
Con le sue conquiste però, lo ha raccontato lei, non era tenera: «Le ho massacrate».
«È che papà aveva certi gusti… tutte tettone e culone. A ognuna trovavo un difetto: questa è nasona, questa ha una risata brutta, questa parla burino. Una veniva da Teramo, aveva i capelli biondi corti, la chiamavo Nonna Papera. Si portava il cambio: dopo pranzo andava in bagno e tornava con un altro vestito».
Dispetti, alle poverette?
«Certo. Una sera, era la vigilia di Natale, che per me e papà era il giorno più importante dell’anno. Tavola apparecchiata con il servizio buono, quaranta posate, otto bicchieri, tutti i parenti. La festa della famiglia, insomma. Invece lui aveva portato quella lì. Carina, per carità, ma non il 24. Dopo cena, parlando con nonna, mia complice, dissi a voce alta: “Certo papà avrebbe proprio bisogno di avere accanto una brava donna di casa, una che pulisce e mette tutto a posto”. “Eh sì, come hai ragione”. Il mattino dopo trovammo la cucina splendente, stoviglie e pentole lavate e impilate. Era stata lei, avrà fatto le sei di mattina».
Una le stava simpatica.
«Giovanissima, del Nord. Gli si era appiccicata, non aveva capito che sarebbe stata una frequentazione breve, anche se papà era molto chiaro. Chiamava di continuo sul telefono fisso. Un giorno le risposi: “Lui non c’è, però ti do un consiglio: dimenticati questo numero. Mio padre non ti pensa proprio, sei una delle tante, tu lo vedi come il principe azzurro ma non è così, te lo dico perché ti voglio bene”. Non si è più sentita. Papà si chiedeva: “È sparita, chissà come mai”».
Ogni tanto la scambiavano per una sua fidanzata.
«Beh sì. Ma ne ha avute pure più piccole di me. “Non pretenderai che la chiami matrigna, eh?”».
A Sanremo 2023 Gino Paoli raccontò che sua madre lo avrebbe tradito in casa mentre lui era al Cantagiro.
«Falsità su due persone che non ci sono più, bassezze. Ho chiesto le sue scuse, mai ricevuto nemmeno una parola».
L’appuntamento (mancato) con Elvis Presley.
«Il suo mito. Per un periodo, da ragazzi, hanno avuto la stessa etichetta discografica. Era riuscito ad ottenere un incontro tramite il colonnello Parker. Ma all’ultimo momento non ci andò. Indovini perché: per uscire con una ragazza appena conosciuta. Rimase il suo grande rimpianto».
Ciuffo rigoglioso e nero.
«Era fissato con i capelli, usciva sempre ben pettinato, ordinato, vestito, mocassini o stivaletti col tacco. Usava flaconi di brillantina. Aveva un bagno gigante in cui teneva duemila prodotti, boccette, lozioni. Costringeva a tingersi pure i fratelli e Maurizio, detto “Il Cinese”, l’autista del pulmino della band, un conducente dell’Atac. “Levati quel grigio, altrimenti ci invecchi il gruppo”. Però lui, per risparmiare, se la faceva da solo: a volte veniva rossiccio, a volte scuro tipo lucido da scarpe».
(...)
Non voleva che i nipotini lo chiamassero nonno.
«Aveva il terrore di non piacere più al pubblico femminile, di sembrare vecchio. Quando gli ho annunciato di aspettare il primo figlio — ne ho cinque — l’ha presa malissimo: “Che tragedia”. Poi ha capito che l’immagine di nonno rock invece andava forte».
L’ultima cosa che le disse.
«Il giorno prima di morire: “Cris, mi raccomando, cerca di essere felice, perché lo vedi come passa in fretta la vita?”».
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