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A LONDRA STORCONO IL NASO PER LA VENDITA DEL “FINANCIAL TIMES” AI GIAPPONESI: LA “BIBBIA DELLA CITY” ERA UN SIMBOLO DELLA GRAN BRETAGNA - MA “NIKKEI” HA FATTO UN AFFARE: I PROFITTI DEL QUOTIDIANO SONO TRIPLICATI DAL 2014

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Enrico Franceschini per “la Repubblica”

 

Un tempo l’immagine del proverbiale banchiere della City era quella di un uomo con bombetta, ombrello e Financial Times che sbuca dalla tasca. Molte cose sono cambiate nella cittadella della finanza londinese: nessuno porta più la bombetta, l’ombrello è diventato un accessorio ingombrante (nonostante la pioggia non sia certo diminuita), per tacere delle innovazioni tecnologiche e del trasferimento fisico di gran parte di banche e broker a Canary Wharf, la nuova City in riva al Tamigi.

 

Ma una caratteristica rimaneva costante: la lettura del primo quotidiano finanziario d’Europa, un vangelo senza del quale non si può conoscere la rotta. Da ieri anche su questa icona di Londra, capace di allargare la sua ombra sul mondo intero, spira un’aria di novità e incertezza: il giornale color salmone è stato venduto ai giapponesi dell’impero mediatico Nikkei, per l’equivalente di oltre un miliardo di euro.

 

sito del financial times sito del financial times

E’ un po’ come se l’Inghilterra cedesse a uno straniero la Bbc, il Big Ben o Buckingham Palace. E’ vero che ha venduto ad aziende estere altri brand giudicati un simbolo di britannicità, a cominciare da gran parte della sua industria automobilistica. Ma una Mini o una Rolls-Royce rappresentano lo stile britannico anche con un proprietario tedesco. Nel caso di una testata identificata con il miglior esempio di imparzialità e autorevolezza anglosassone viene da chiedersi: resterà la stessa, sotto la gestione di Tokyo?

 

Proprietaria del Financial Times da quasi 60 anni, l’inglese Pearson, leader mondiale nel campo dell’editoria scolastica e scientifica, ha annunciato la vendita del primo quotidiano finanziario d’Europa e di uno dei migliori giornali del pianeta alla Nikkei, che controlla giornali, televisioni, riviste e siti di finanza e interesse generale, per 844 milioni di sterline (circa 1 miliardo e 200 milioni di euro).

GRUPPO NIKKEIGRUPPO NIKKEI

 

La conferma è arrivata a metà di una giornata convulsa, iniziata con un comunicato su una trattativa “in fase avanzata” per cedere il Ft (come qui lo chiamano tutti) con un gruppo non meglio identificato e una ridda di voci che indicavano fra i pretendenti la casa editrice tedesca Axel Springer (che, si è saputo poi, stava effettivamente negoziando), Bloomberg, l’agenzia Thomson Reuters, Rupert Murdoch o qualche gigante del web vergine di giornalismo, stile Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, recente acquisitore del Washington Post. Da tempo correvano voci che la Pearson volesse venderlo, per concentrarsi sull’editoria scolastica.

 

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Due anni fa l’allora amministratore delegato Marjorie Scardino disse: «Per cederlo dovrete passare sul mio corpo». Ma poi la Scardino è stata rimpiazzata da un nuovo ad, John Fallon, che ieri ha dichiarato: «Siamo orgogliosi del Financial Times. Ma il modo migliore per assicurarne il successo giornalistico e commerciale, in un settore segnato dalla crescita esplosiva di social network e piattaforme mobili, è che faccia parte di un’azienda di informazione globale e digitale».

 

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Parlando come un padre che consegna la figlia a uno sposo, ha aggiunto: «La Nikkei ha una lunga tradizione di qualità e imparzialità. Siamo fiduciosi che il Ft continuerà a fiorire sotto proprietà giapponese». Gli fa eco Tsuneo Kita, presidente e amministratore delegato della Nikkei: «Condividiamo gli stessi valori del Ft. Insieme, contribuiremo allo sviluppo dell’economia globale».

 

L’operazione non comprende il 50 per cento del settimanale Economist, che almeno per ora rimane alla Pearson. Il quotidiano della City ha una tiratura complessiva di 730 mila copie, di cui più di mezzo milione sono abbonamenti digitali (aumentati del 21 per cento nell’ultimo anno).

 

E’ uno dei giornali all’avanguardia nella transizione al web: i suoi risultati economici non vengono resi noti dalla Pearson, ma l’ad Fallon indica che i profitti sono triplicati dal 2014. «Si può comprare il Financial Times per guadagnarci, ma anche per acquisire enorme influenza» avverte Claudio Aspesi, analista della Sanford C. Bernstein, interpellato dal New York Times.

Axel SpringerAxel Springer

 

Per quanto non del tutto inattesa, la notizia della vendita alla Nikkei è stata accolta con sorpresa e qualche preoccupazione nella grande redazione del Ft affacciata al Tamigi, che fra l’altro potrebbe essere costretta a traslocare perché la Pearson ha mantenuto la proprietà dell’edificio. Lionel Barber, da dieci anni direttore del quotidiano della City, ha parlato alla redazione nel pomeriggio. «Occupo una delle posizioni più privilegiate nel giornalismo», aveva detto qualche mese fa in un’intervista, «e non ho piani di rinunciarvi tanto presto». Dovrà cominciare a dire sayonàra?