RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Luca Beatrice per “Libero Quotidiano”
Memorabili davvero quei cinque anni, dal 1983 al 1988, quando la domenica andò in onda su Italia 1 in prima serata la più strampalata, assurda e innovativa trasmissione di varietà. Insieme ai programmi di Renzo Arbore, il Drive In di Antonio Ricci segnò il cambiamento del linguaggio televisivo: ritmo acceleratissimo, battute a raffica, risate registrate, pubblicità mimetizzata nello show o viceversa.
Ebbe anche il merito di inserire termini, intercalari, espressioni nell'incedere quotidiano dell'italiano medio, che si trovò così a usare le stesse frasi di Vito Catozzo, del Criticatrutto, di Beruscao.
Di quella meravigliosa pattuglia Gianfranco D'Angelo è stato il più geniale attore di un vero e proprio meta/spettacolo, fermamente convinto fosse la stessa televisione, insieme all'attualità e alla politica, il miglior serbatoio di idee e di spunti.
Non un imitatore classico alla Noschese, il cui stile trasformistico del "diventare altro" arriva fino a Maurizio Crozza e Virginia Raffaele, ma un inventore di personaggi strampalati e parodistici resi con uno stile eccessivo fondato sulla ripetizione di pochi elementi, sempre gli stessi.
TIC E TORMENTONI
Usava il travestimento non mimetico ma parodistico, lavorando sul tic come tormentone. E noi li imparammo a memoria, usandoli per anni nel nostro frasario. A fronte di una carriera cinematografica di ruoli secondari da caratterista in non memorabili filmetti erotici degli anni '70, con Ricci e Drive In D'Angelo letteralmente "spaccò".
Chi ha più di cinquant'anni ricorderà il Tenerone, ovvero l'animale più buono del mondo, un pupazzo rosa figlio dell'arboriano-boncompagnano Scarpantibus, che sapeva dire solo "emozione".
La gag più attesa, guai se saltava una domenica, era quella del signor Armando, che voleva convincere il pubblico della bravura del suo cane, un cocker immobile e indifferente. La parola magica "has fidanken" venne usata dalla nostra generazione come un mantra.
E poi le imitazioni. Indimenticabile la contessa Marina Dante delle Povere, ampio palmares di conquiste, che diceva della sua ultima conquista: «Un omaccione, con due baffetti da sparviero».
Faceva talmente ridere da contagiare nelle sghignazzate anche se stesso. Continuando con il duetto Pippo e Katia, all'epoca al centro dei gossip, protagonisti involontari della telenovela brasiliana "Anche i Baudi piangono". E ancora Sandra Milo, Raffaella Carrà, Piero Angela. Di ciascuno prendeva un gesto-tirare i capelli indietro, accavallare le gambe lo estremizzava e lo ripeteva all'esasperazione.
I POLITICI
gianfranco d'angelo ezio greggio
Né avrebbe potuto risparmiare i politici, i migliori, quelli della Prima Repubblica capaci di fornire spunti esilaranti: la pronuncia avellinese di De Mita, Goria come Sandokan, De Michelis e la sua mania di fare festa.
D'Angelo ha sfruttato la coda lunga dei fasti del Drive In senza riuscire a ripetere lo straordinario successo di quel lustro. Poi, come spesso accade, la sua carriera successiva è vissuta di altre trasmissioni, comparse, ospitate ma senza l'incisiva scrittura di Ricci anche il suo talento ne ha sofferto.
edwige fenech gianfranco dangelo
Insieme a Giorgio Faletti, Ezio Greggio, Enrico Beruschi, Zuzzurro & Gaspare, Francesco Salvi, accanto a donnine poco vestite e molto procaci come Lori Del Santo, Tinì Cansino, Carmen Russo, D'Angelo ha contribuito a rendere la televisione un media contemporaneo.
Ciascuno ha gli eroi e i giganti buoni che vuole, e nel salutare questo incredibile funambolo non trovo citazione migliore di quella di Francesco Specchia, così come la scrisse su queste colonne dieci anni fa: «Tutti allora, a sinistra con analisi molto colte, accostarono Ricci a Gramsci, ai situazionisti di Debord. Nessuno dichiarò guerra agli eccessi di pelle esposta e alla carnalità straripante dei push-up. Si pensava a Drive In come al sogno felliniano che avrebbe narcotizzato Berlusconi. Che poi sia avvenuto il contrario...».
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