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Michele Anselmi per "il Secolo XIX"
Ma perché non resistono alla tentazione? Sono attori di vaglia, con gran seguito popolare, senza problemi di lavoro, eppure, prima o dopo, si fanno fagocitare dalla pubblicità . Soprattutto alla voce telefonia, ramo che tira sempre. Solo per dirne alcuni: Claudio Bisio, Aldo, Giovanni & Giacomo, Giorgio Panariello, Christian De Sica, Raoul Bova, Neri Marcoré, Gigi Proietti. Adesso perfino Luca Zingaretti.
Sì proprio lui, il tosto e umanissimo commissario Montalbano di 22 fortunati e molto replicati episodi tv, l'artista orgogliosamente impegnato a sinistra, il paladino del documentarismo sociale che rovista tra scandali e ingiustizie, l'inventore del festival senese "Hai visto mai?".
Bene: Zingaretti ha accettato di travestirsi da frate, parlando con fasullo accento marchigiano stile "Straziami ma di baci saziami", pura commedia all'italiana anni Sessanta, per reclamizzare le superofferte di una compagnia telefonica. «Cambiare è saggio, conviene» è il claim della scenetta, giocata - l'avrete vista in tv dal 1° gennaio - sul fraticello che accompagna uno scrittore in giro per il monastero, magnificandone l'aria sana, la vita tranquilla e la potenza del collegamento adsl.
D'accordo: gli spot si girano in due-tre giorni al massimo, sono soldi facili, magari pure dati in beneficenza per qualche buona causa. Magari. Ma resta la domanda: perché? Il cinquantenne Zingaretti non è l'ingordo De Sica che gira cine-panettoni e inflaziona la propria immagine.
Attore eclettico, capace di passare dal prete antimafia don Puglisi al divo fascista Osvaldo Valenti, da sempre si divide con cura maniacale tra cinema, teatro e tv, specie ora che ha avuto un figlio da Luisa Ranieri, attrice di successo, non proprio disoccupata (recitano entrambi in "Immaturi - Il viaggio"). Per iniziativa dell'ex presidente Ciampi è pure diventato Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica italiana.
Sicché vederlo aggirarsi conciato da fraticello nell'immaginaria abbazia di Monte Saggio immersa tra le colline, tra confratelli che convivono in armonia sia con la natura ridente sia con i più avanzati strumenti tecnologici, fa un po' tristezza. Nessun affondo moralista, da parte nostra. Ci mancherebbe. Giunti a un certo punto della carriera, sono tanti gli attori che si convertono alla pubblicità , inclusi gli engagé.
Diciamo, per usare una colorita immagine che fu cara al sarcastico Dino Risi, quelli con il cuore a sinistra e il portafoglio a destra. Ma si può resistere. Carlo Verdone, ad esempio, non s'è mai prestato nonostante le ripetute offerte. Così come Antonio Albanese e Silvio Orlando, per citarne altri due.
Un po' diverso il caso dei registi. Lo spot in questione, ad esempio, è firmato da Daniele Luchetti, che con Zingaretti ha girato "Mio fratello è figlio unico" e "La nostra vita". I registi, però, non ci mettono la faccia, arrotondano così tra un film e l'altro: vale per Alessandro D'Alatri e Paolo Virzì, un tempo per Gillo Pontecorvo, Sergio Leone, i fratelli Taviani, perfino Federico Fellini.
Per fortuna, almeno, Zingaretti non scomoda alibi sociali e teorie parafemministe alla maniera di Isabella Ferrari. Indimenticabile la sua apparizione post-sex, peraltro ritoccata al computer in zona ombelico, in uno spot di mutande e reggipetti diretto dal divissimo Paolo Sorrentino.
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