LA MAFIA FA TENDENZA - SU TIKTOK È SEMPRE PIÙ COMUNE VEDERE FILMATI IN CUI I CRIMINALI SI VANTANO DEL LORO "LAVORO" MOSTRANDO PISTOLE, MAZZI DI BANCONOTE, IMMAGINI DELLE CELLE E VIDEO DEI DETENUTI CHE TORNANO IN LIBERTÀ. IL TUTTO È ACCOMPAGNATO DA CANZONI NEOMELODICHE, COME QUELLE DI NIKO PANDETTA, NIPOTE DEL BOSS TURI CAPPELLO: "MARESCIALLO NON MI PRENDI, PISTOLE NELLA FENDI" - SU TIKTOK, I MAFIOSI CERCANO DI "NORMALIZZARE E SPETTACOLARIZZARE" LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA, AVVICINANDO I GIOVANI AFFASCINATI DA SOLDI FACILI E BELLA VITA...

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Estratto dell'articolo di Giuseppe Legato per "la Stampa"

 

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I primi a intuire la centralità di una narrazione digitale a fini criminali furono i messicani. Era il 2014 e José Rodrigo Aréchiga Gamboa, El Chino si mostrava sul suo profilo Instagram mentre faceva affari con il cartello di Sinaloa in Europa e Stati Uniti. Premiava i follower mettendo in palio cellulari, occhiali da sole, auto e altri regali costosi. Fu il primo narcoinfluencer.

 

Da allora – con un'inarrestabile progressione – anche le mafie italiane hanno imparato dai sudamericani a cannibalizzare i social, TikTok in particolare, trasformandolo in una vetrina h24. E allora «follow the flow» dice il professor Antonio Nicaso, docente di crimine organizzato in Nord America e saggista di livello internazionale. E "the flow" è il flusso dei social network «perché il dominio digitale è diventato un'estensione di quello fisico».

 

L'analisi è contenuta nello studio presentato pochi giorni fa a New York, al Palazzo di vetro, in un convegno promosso dalla Fondazione Magna Grecia in collaborazione con la Rappresentanza permanente d'Italia presso le Nazioni Unite a New York, alla quale ha partecipato anche il procuratore di Napoli Nicola Gratteri. Non poteva esserci tempismo più efficace perché arriva pochi giorni dopo il caso Palermo: Gaetano Maranzano, presunto autore dell'omicidio del ventunenne Paolo Taormina, compariva - pochi minuti dopo il delitto - sul profilo TikTok mentre sullo sfondo scorrevano le immagini sul boss stragista Salvatore Riina.

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È l'ultima puntata di un nuovo paradigma di semiotica mafiosa che si è imposto tra simboli e sfarzo. Lo studio curato dal docente dell'università di Salerno Marcello Ravveduto ha passato in rassegna 62 mila contenuti social divisi in due gruppi: quello endogeno, cioè coi profili legati direttamente a boss e clan, e quello esogeno popolato dai cosiddetti "mafia lovers". Ne è venuto fuori uno spaccato su come le mafie cercano su TikTok di «normalizzare e spettacolarizzare la criminalità organizzata», si legge nella relazione.

 

Un luogo «laboratorio culturale in cui sperimentano nuove forme di narrazione, avvalendosi di dinamiche tipiche dell'industria dell'intrattenimento digitale: musica, coreografie, hashtag, montaggi accattivanti». Utilizzano le canzoni dei neomelodici. Tra i preferiti c'è Niko Pandetta. Quello del brano trap «Maresciallo non mi prendi, pistole nella Fendi».

 

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Secondo solo ad Antonio Muscetti, Pandetta – nipote del boss mafioso Turi Cappello -, campeggia in diversi profili anche con hashtag) dei giovani boss della 'ndrangheta. È stato scarcerato pochi giorni fa dopo tre anni di detenzione in carcere. Nel frattempo, ha aumentato i suoi consensi.

 

[...] Ma ha anche collocato la riflessione sull'uso degli Emoji. Il più utilizzato? La catena (21,2%) «che richiama la detenzione, ma anche il vincolo indissolubile tra affiliati (i cosiddetti "legami di sangue"), la fedeltà verso un familiare che si trova in carcere». C'è ancora il "leone" (18%) che «si configura come emblema di forza e coraggio. L'utilizzo di questo emoticon - sostiene lo studio - vuole rafforzare l'autorappresentazione di soggetti che rivendicano il loro ruolo di potere, la loro posizione dominante nel contesto sociale di riferimento».

 

Infine la clessidra «che rimanda al tempo dell'attesa, alludendo frequentemente alla fine imminente di un periodo di detenzione o al momento della vendetta». Pistole, mazzi di banconote, immagini delle celle e video dei detenuti che tornano in libertà fanno il resto.

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