COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Giuseppe Gaetano per www.corriere.it
«Se c’è un caso Fazio in Rai? Certo». Luigi Di Maio torna ad auspicare «che il prima possibile si possa ricostruire un po’ di buonsenso rispetto alle retribuzioni, ma ovviamente - aggiunge - non sta a me affrontare questa questione, riguarda l’ad Salini ed il direttore di rete». «C’è un piano della precedente governance valido fino a marzo, ma è un tema che va affrontato - spiega il vicepremier, parlando in commissione di Vigilanza Rai - e fa parte delle sensibilità che abbiamo trasmesso al management». «Il nostro obiettivo - conclude - è che le retribuzioni vengano assegnate e pagate senza un’ingegneria legata a società di produzione esterne».
Non proprio un “editto bulgaro”, ma la posizione del capo politico 5 Stelle è condivisa dai suoi: «Anziché seguire lo share o programmi di tv commerciali, serve investire bene - afferma il senatore pentastellato, Alberto Airola -. Vogliamo vedere i compensi e i soldi che vengono dati, soprattutto alle grandi produzioni. Penso al caso di Fazio, ma non solo: attualmente non c’è trasparenza in merito».
Una lunga querelle
Non è certo la prima volta che si parla di tetto agli stipendi di chi lavora nel servizio pubblico, in particolare di quello del conduttore di Che tempo che fa, che non è mai stato troppo in sintonia con il M5S e soprattutto la Lega (era tra i volti della campagna “Io non ci sarò” sponsorizzata da Salvini per la manifestazione dell’8 dicembre a Roma). Secondo la maggioranza, e buona parte dei suoi elettori, Fazio rappresenta l’emblema dei cosidetti «radical chic» col rolex al polso.
L’ultimo commento del presentatore sul suo compenso a settembre: durante l’iniziativa del Corriere della sera «Il Tempo delle Donne», aveva rivelato che la sua ultima dichiarazione dei redditi era di 2 milioni di euro «di cui, come è giusto che sia, pago la metà in tasse». «C’è una cosa però che trovo inaccettabile - aggiunse -, che il denaro diventi l’unica scala di valori per poter avere un’idea o un’altra: non può essere una condanna per rinnegare tutti i valori con cui sono cresciuto».
Il programma della discordia
I numeri del suo programma su Rai1, sostiene Fazio, parlano chiaro: «Ha guadagnato un punto e mezzo in più rispetto all’anno scorso, costa un terzo rispetto a una fiction, è pagato interamente dalla pubblicità, ha vinto 27 serate su 32». Anche l’anno scorso, quando fu approvato il tetto di 240mila euro per dirigenti e artisti di viale Mazzini, aveva tenuto banco la stessa identica diatriba; e del suo contratto s’interessò addirittura il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone.
Alla presentazione dei palinsesti Rai 2017, Fazio ripetè che lo stipendio glielo pagano interamente gli sponsor: «Il programma ha 16 minuti netti di pubblicità, 15 secondi di spot valgono 40mila euro di media». E intervistato ancora dal Corriere, svelò che il suo salario è pari a quasi 9 milioni in 4 anni (facendo anche uno sconto). «E’ vero, guadagno tanto, ma con me la Rai risparmia - riferì ad Aldo Cazzullo -. Il programma costa, tutto compreso, 450 mila euro a puntata: la metà di qualunque varietà». Lo confermò anche l’allora direttore generale della Mario Orfeo: «La scelta di Fazio su Rai Uno la rifarei. Costa un terzo di una fiction normale con una media del 16,3 percento share, cioè 4,351 milioni di spettatori. Ogni tanto cambiare fa bene».
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