DAGOREPORT – VINCENZO DE LUCA NON FA AMMUINA: IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA VA AVANTI NELLA SUA…
1. GIUSTI: PASOLINI UN REGISTA AMATORIALE? MUCCINO, CHE DICI?
Marco Giusti per Dagospia
Pasolini un regista amatoriale? Aiuto! Muccino che dici? E poi proprio in questi giorni che non c'e' intellettuale e intellettualino che non dica la sua su Pasolini, che non c'e' videomaker o filmaker che non abbia un filmato pronto per la messa in onda, uscirsene con la storia di Pasolini registello amatoriale e' un po' grossa. Anche se Angelo Guglielmi disse ben di peggio su Pasolini scrittore e, fin dagli anni 60 si e' sempre detto che tecnicamente Pasolini non esisteva.
Che puo' essere vero. Solo che Pasolini aveva dalla sua un direttore della fotografia come Tonino Delli Colli, che poteva realizzare con nulla le sue inquadrature, aveva un montatore come Nino Baragli, aveva un supervisore e consulente musicale come Ennio Morricone, scenografi come Danilo Donati. Ma, soprattutto, aveva dalla sua una cultura anche storica e visiva che la maggior parte dei registi, tecnicamente piu' bravi, si sognavano ai suoi tempi e si sono sognati ancor di piu' dopo nelle generazioni morettiane e postmorettiane.
Non scherziamo, anche se mi sta bene che qualcuno dica qualcosa di controcorrente in mezzo a tanta stampa tardoveltroniana che ci massacra con banalita' da Repubblica. Allora. E' vero che Pasolini non sapeva magari fare i campi-controcampo, in anni, legati alle Nouvelle Vague internazionali, che vedevano pero' proprio le regole tecniche del cinema come uno dei primi nemici da uccidere.
E' vero che Pasolini non faceva parte del mondo dei professionisti del cinema, e il suo cinema sembra ispirarsi al massimo a Rossellini e piu' tardi a Godard. Ma dentro un'inquadratura di Pasolini, esattamente come nei primi piani di Sergio Leone mediati da Massimo Dallamano e poi da Tonino Delli Colli, c'era l'arte italiana, c'erano Pontormo e Giotto.
C'erano gli occhi e la testa e il cuore di uno studioso e di un poeta. Curiosamente, proprio due personalita' cosi' diverse come Pasolini e Leone, iniziano a dirigere i loro film mentre i Fratelli Fabbri danno vita alla serie di pubblicazioni "I maestri dell'arte", dove per la prima volta si vedevano in Italia a colori i primi e primissimo piani di opere famose. Questo si trasportava nel cinema col desiderio di primi piani di volti piu' o meno realistici. E non sempre abbiamo di fronte alla macchina da presa veri attori. Ma e' quasi secondario.
foto di pasolini dal libro massacro di un poeta di simona zecchi 5
Perche' cosi' sia il primo piano di Clint Eastwood che quello di Mario Brega o Franco Citti ci riportano a una rielaborazione del primo piano come arte italiana che e' una caratteristica di molti registi colti del tempo. Penso anche a Glauber Rocha. Registi che si sono formati nel cinema coi formalisti russi e col neorealismo, ma anche registi che, nati a Roma e in Italia, hanno respirato l'aria del tempo e la cultura del tempo. Cosa conta allora essere un maestro della tecnica e del cinema? E, soprattutto, chi se ne frega? Pasolini mette nella sua inquadratura qualcosa che e' sia un saggio sull'arte italiana sia la sua messa in scena in formato cinematografico.
Si inventa una diversa visione della realta' italiana e della sua umanita'. Non ha bisogno di grande tecnica ne' di veri attori. Tutti i registi del tempo dicevano che Pasolini non sapeva dirigere un film, ma pochi di loro conoscevano quello che conosceva Pasolini e che metteva in scena naturalmente. Pasolini riporta nel cinema, piu' tardi, quello che Fabio Mauri stava elaborando nell'arte, pensiamo a Salo'.
Cioe', non puo' essere visto come un regista. Perche' e' qualcosa di diverso. Ma un'inquadratura di Pasolini, come una di Glauber Rocha o di Godard la riconosci sempre. Detto questo non ha avuto ne' figli ne' nipoti. Non esiste un vero pasolinismo successivo. Forse un po' Claudio Caligari, oltre, ovviamente a Sergio Citti e a Vincenzo Cerami, che erano pero' parte del cuore pasoliniano. Nemmeno Bernardo Bertolucci e' pasoliniano. Lo e' la sua Commare secca, ma non i suoi film successivi, che riprenderanno prima da Godard, ma anche dal cinema classico americano per poi costruirsi uno stile proprio.
E non lo e' assolutamente il cinema di Nanni Moretti, che all'inizio e' un misto di Taviani e Buster Keaton e sogna dopo di entrare nel mondo del cinema d'autore internazionale. Ma e' troppo borghese per essere pasoliniano. Muccino sbaglia sul pasolinismo successivo. Non lo abbiamo avuto perche' la nostra classe borghese, che ha prodotto i nostri cineasti, da Bertolucci a Bellocchio fino allo stesso Muccino, si e' andata via via impoverendo culturalmente.
Al punto che una inquadratura di un regista medio italiano non ci produce per nulla quello che ci produceva un'inquadratura di Pasolini. Dove vedevi un mondo e la riflessione su questo mondo.
PASOLINI E ANNA MAGNANI A VENEZIA NEL
Solo per guastare un po' la festa, ma le feste nazionali vanno guastate, ricordo pero' come Carmelo Bene considerasse capolavori di Pasolini solo i primissimi film e lo vedesse come attorcigliato su se stesso perfino ai tempi di Edipo Re. Non e' come Glauber Rocha, mi diceva. Non ha la stessa potenza.
Probabilmente Bene vedeva nei primi film di Pasolini la profanazione di una realta' mediata da uno sguardo poetico ancora vergine. Il cinema, forse, era un'altra cosa. Godard e Rocha riuscivano a andare avanti, mentre Pasolini era forse interessato da troppe cose per potere dare tutto al cinema. In questo, allora, forse, era amatoriale.
vangelo-secondo-matteo Pasolini
2. FULVIO ABBATE: PPP SOGNAVA L'ABOLIZIONE DELLA TV, IL SUO AMICO E BIOGRAFO ENZO SICILIANO DIVENNE PRESIDENTE RAI. MEGLIO NON MORIRE MAI, PER NON VEDERE COSA FARÀ CHI PARLERÀ PER NOI
Caro Roberto,
q pasolini toto uccellacci lap
ti chiedo in tutta amicizia di ospitare queste mie piccole parole su Pier Paolo Pasolini e la sua cometa, ossia la scia di discorsi e considerazioni venuti su di lui, intorno a lui dopo la sua morte, così fino ad avant'ieri. Mi piace soltanto ricordare che PPP auspicava la "abolizione" della televisione, al contrario il suo compagno di strada, nonché biografo, Enzo Siciliano, già figura eminente del ceto intellettuale di sinistra cui dobbiamo i peggiori sogni della nostra vita, anni addietro è andato a ricoprire l'incarico di presidente della Rai, perfino con un certo orgoglio.
Walter Veltroni in Piazza di Spagna negli anni Settanta con Pasolini e Adornato
Questo per dire che sarebbe meglio non morire mai, così da non assistere ai successi di coloro che ci sopravvivono e parleranno per noi e i nostri bisogni. Ritengo che queste mie modestissime parole riassumano al meglio lo stato odierno delle cose: c'era una volta la rivolta, c'era una volta lo splendore - "... ed ecco che essi ti insegnano a non splendere. E tu splendi, invece." - poi sono arrivati i Veltroni e i suoi palafrenieri con la loro "vocazione maggioritaria".
un abbraccio dal marchese
Fulvio Abbate
P.S.
Dimenticavo: ho scritto alcuni libri su Pasolini, ma ho anche avuto strada facendo, guardandomi intorno, l'elegante idea di "abiurarli" (cit.) tutti, felice come sono d'essere finalmente uno scrittore incivile, ossia contro il senso comune, cioè ogni forma di consenso.
fulvio abbate con il suo libro
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